Quante tasse pagano le squadre di Serie A?

La percentuale di trattenute applicate dallo Stato sugli stipendi dei calciatori cambia in ogni Paese d’Europa: quanto valgono le imposte in Italia e all’estero

Foto di Federico Casanova

Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

Mentre i tifosi e gli appassionati di calcio di tutta Italia hanno ricominciato a prendere in mano carta e penna per segnare in agenda tutte le partite in casa e in trasferta della prossima stagione (il nuovo calendario di Serie A è stato sorteggiato nel mezzogiorno di mercoledì 5 luglio), i club del nostro campionato si ritrovano a fronteggiare una delle sessioni estive di calciomercato più difficili da molto tempo a questa parte.

Il dato che certifica le gravi incertezze delle nostre squadre (anche le più blasonate) è quello relativo alla mole di acquisti e cessioni messi a segno in queste prime frenetiche settimane di trattative. Davvero pochissimi – e molto modesti – i colpi in entrata, senza alcun nome di spessore; molto più numerosi e prestigiosi, invece, quelli in uscita verso destinazioni estere.

Calcio e denaro, estate di fuoco: l’Arabia Saudita si prende la scena a suon di milioni

A farla da padrone, al momento, sono le squadre del Medio Oriente, in particolare quelle dell’Arabia Saudita, che a suon di  pagamenti effettuati con assoluta nonchalance e sottoscrizioni di contratti milionari stanno di fatto monopolizzando le compravendite del 2023. Solo per citare i casi più eclatanti delle ultime ore, hanno fatto le valigie verso Riad un paio di pezzi pregiati come Sergej Milinkovic Savic (da anni perno del centrocampo della Lazio) e Marcelo Brozovic (leader indiscusso dello spogliatoio dell’Inter).

Certo, le cose non sembrano andare molto meglio nei Paesi a noi più vicini, anche se ci sono alcune differenze non trascurabili che rendono bene l’idea sullo stato di depressione del nostro calcio. In Spagna, ad esempio, ha deciso di abbracciare i petrodollari sauditi un campione unico nel suo genere come Karim Benzema, centravanti di caratura mondiale, goleador del Real Madrid da oltre un decennio, nonché attuale detentore del Pallone d’Oro in carica.

Stiamo parlando di un autentico top player, un calciatore capace di vincere ogni sorta di trofeo con la camiseta blanca, trascinata in questi anni a suon di gol (ne ha messi a segno oltre 350). Anche per uno come lui, il richiamo dei soldi – guadagnerà circa 200 milioni di euro l’anno per almeno un biennio – è stato più forte di ogni altro stimolo. Ma, a differenza delle situazioni italiane, la sua decisione pare quanto mai sensata, visti i 36 anni di età e una prospettiva non più così longeva. Solo per fare un paragone, Milinkovic Savic di anni ne ha 28 ed è nel pieno della maturità.

Calciatori in fuga dall’Europa: quanto pesa la tassazione degli stipendi nei nostri campionati

Ma non c’è solo la variabile emiratina a condizionare lo status quo del mercato italiano ed europeo. Un fattore che incide in maniera importante è anche quello che riguarda la pressione fiscale esercitata dai singoli stati nazionali sui tesserati delle società sportive del Vecchio Continente. Un tema di cui si discute da anni, anche ai piani più alti della politica, se si pensa che nel 2013 la maxi-imposta al 75% voluta dall’allora presidente francese Francois Hollande per gli stipendi che superavano il milione di euro innescò lo sciopero di ben 13 club transalpini, con i giocatori che decisero di non scendere in campo per protestare (in prima fila, com’è ovvio, il Paris Saint Germain dello sceicco qatariota Nasser Al Khelaifi).

Rispetto ad allora – quando anche in Italia le cose erano in continua evoluzione a seguito della stretta generalizzata imposta dal governo di Mario Monti per fronteggiare la crisi economica globale – il sistema delle tasse applicate agli “operatori” del mondo del pallone si è sostanzialmente uniformato, almeno per quanto riguarda i 5 maggiori campionati d’Europa. Cosa che, invece, non vale ancora per le realtà mediorientali, dove sono i sovrani (molto spesso padroni delle stesse squadre di calcio) a decidere se e come prelevare denaro dalle remunerazioni dei calciatori.

In Italia le squadre di calcio pagano più tasse che all’estero? Quanto vale la pressione fiscale

Ma quanto pesano del dettaglio le trattenute attive ad oggi per gli ingaggi dei giocatori in rosa negli Stati europei? Se si parte dall’analisi delle normative vigenti italiane, si scopre come il nostro Paese sia quello leggermente meno duro su questo fronte. Infatti, l’aliquota percentuale attiva al momento per i calciatori presenti nelle liste di Serie A risulta pari al 43% del loro stipendio annuo lordo. Un numero che però non va preso per buono in maniera assoluta, visto che con l’entrata in vigore del decreto Crescita (varato dal primo governo di Giuseppe Conte nell’aprile del 2019) è stata aggiunta una deroga.

Il dato infatti si riferisce ai contratti che superano il valore di 50mila euro annui, ma la soglia scende al 25% per le prestazioni economiche che oltrepassano il milione di euro l’anno. Inoltre l’aliquota subisce un’ulteriore modifica (diversa caso per caso) se il lavoratore in oggetto non è stato residente in Italia nei due anni precedenti (in questo caso paga di più). Stessa variabile – questa volta al ribasso – vale anche se si dichiara l’intenzione di vivere nel nostro Paese nei due anni successivi all’arrivo.

Quanto vale la pressione fiscale all’estero per le squadre di calcio? Il confronto con la Serie A

Facciamo ora il confronto con le altre situazioni a noi più vicine. In Francia, dopo le polemiche già descritte, oggi il sistema di tassazione per i calciatori impone il pagamento del 43% di imposte, tranne che per i giocatori che ritornano in patria dopo un periodo all’estero: per loro la parte imponibile è solo il 70% dello stipendio, mentre per il restante 30% non viene applicata alcuna trattenuta da parte dello Stato. In Germania invece il 45% di tasse viene imposto solo a coloro che dichiarano oltre 555mila euro lordi l’anno, mentre per i contratti con cifre inferiori si scende al 42%.

Come spesso capita, il meccanismo è molto più semplificato in Inghilterra, dove il tipico pragmatismo british ha portato allo stanziamento del 45% di tassazione per tutti i calciatori tesserati dalle squadre di Premier League. Una legislazione del tutto opposta a quella prevista in Spagna, dove invece la discriminante sulla soglia delle ritenute viene decisa a livello locale dalle singole comunità regionali: in generale, facendo una media, si può fissare un valore di riferimento attorno al 50%, ma esistono differenze anche molto marcate ad esempio tra la Catalogna (che vanta una pressione fiscale meno pesante) e l’Aragona.