Caporalato a Verona e nelle Langhe, braccianti ridotti in schiavitù: scattano le denunce

Braccianti picchiati e in condizioni di schiavitù nelle campagne del Veronese e nelle Langhe: indagate cinque persone per lo sfruttamento di decine di lavoratori

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Costretti a lavorare da 10 fino anche a 16 ore al giorno, spesso senza giorni di riposo, senza la paga da 4 euro all’ora e in alcuni casi presi a colpi di mazze di ferro. È il quadro emerso in diverse indagini sul caporalato nelle campagne del Veronese e nelle Langhe piemontesi, che hanno portato alla scoperta di decine di braccianti ridotti in condizione di schiavitù. Il primo caso vede indagati per lo sfruttamento di 33 connazionali due cittadini indiani residenti a Cologna Veneta, mentre la seconda operazione della squadra mobile della questura di Cuneo ha riguardato circa una cinquantina di lavoratori, per la maggior parte africani.

L’operazione nelle Langhe

Prende il nome da un bastone di ferro utilizzato per picchiare un bracciante tra i filari, a Neive, nel Cuneese, l’operazione “Iron Rod”, condotta dalla squadra mobile locale e coordinata dalla Procura di Asti, che ha fatto scattare i domiciliari per un “caporale” di nazionalità marocchina e un altro indagato di origine macedone. Al centro dell’inchiesta il video che mostra il cittadino nordafricano mentre bastonava con una spranga di metallo uno dei lavoratori ridotti in schiavitù.

Gli agenti della questura di Cuneo hanno lavorato su tre indagini separate, avviate un anno fa dalla mobile in seguito alle segnalazioni di caporalato raccolte da sindacati e associazioni sullo sfruttamento di una cinquantina di lavoratori, in gran parte irregolari e provenienti perlopiù da diversi Paesi africani, dal Gambia all’Egitto, dal Marocco al Burkina Faso.

Diciannove di loro vivevano stipati e in condizioni igieniche precarie, in un fabbricato di proprietà dell’indagato di nazionalità macedone, a Mango, in provincia di Cuneo.

I braccianti erano costretti a lavorare nei vigneti delle Langhe, di pregiati e noti vini docg, dal Moscato al Barbera, dal Nebbiolo al Barolo, anche fin a 16 ore al giorno, con una paga di massimo 5 euro l’ora, a cui i caporali detraevano vitto e alloggio.

Tre gli indagati per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e per violazioni alla normativa relativa al soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale, incluso un cittadino albanese per il quale è scattato il divieto temporaneo di svolgere attività professionali.

Il caporalato nel Veronese

Altro caso di caporalato in provincia di Verona, dove 33 braccianti di nazionalità indiana lavoravano fino a 12 ore al giorno, 7 giorni su 7, e a 4 euro all’ora, per ripagare il debito da 17mila euro versati a due connazionali, per entrare in Italia con la promessa di un permesso di lavoro stagionale e di migliori condizioni di vita.

Due cittadini indiani sono adesso indagati per riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, in seguito alle perquisizioni della Guardia di Finanza di Legnago in tre alloggi di Cologna Veneta (Verona), utilizzati come luoghi di dimora dei connazionali, che erano costretti a vivere in condizioni degradanti.

Secondo quanto accertato dai militari delle Fiamme gialle, i due “caporali” sottraevano i passaporti ai braccianti non appena arrivati in Italia e imponevano loro l’assoluto divieto di uscire dalle abitazioni con la minaccia, più volte attuata, di ritorsioni fisiche in caso di rifiuto.