Per oltre un anno è stato ministro delle Politiche agricole nel primo governo guidato da Giuseppe Conte. Oggi Gian Marco Centinaio – volto storico della Lega, alla sua terza legislatura in Parlamento con il Carroccio – ricopre l’incarico di vicepresidente del Senato. A margine di una serie di incontri in Emilia Romagna, lo abbiamo intervistato per commentare le decine di proteste di imprenditori agricoli e coltivatori diretti che continuano ad interessare tutto il territorio nazionale.
Gian Marco Centinaio, gli agricoltori continuano a protestare in tutta Italia. Solo negli ultimi giorni ci sono state oltre venti manifestazioni da Nord a Sud. La più grande si è verificata a Modena, dove oltre 300 trattori hanno sfilato sulle strade della città con cartelli e striscioni. Nei prossimi giorni è previsto un raduno nazionale a Roma, dove confluiranno migliaia di imprenditori e agricoltori. Lei è stato ministro delle Politiche agricole per oltre un anno: come siamo arrivati a questo punto?
“La situazione che si è venuta a creare oggi è il risultato di anni di scelte sbagliate da parte dell’Unione europea. Mi riferisco in particolare a due provvedimenti specifici: il pacchetto di leggi che compone il cosiddetto Green Deal e la Politica agricola comune (conosciuta con l’acronimo di Pac, nda). Gli imprenditori agricoli e i coltivatori italiani vengono stritolati da queste politiche che non tengono conto delle condizioni in cui i cittadini lavorano ogni giorno. Viene chiesto loro di produrre merce di alta qualità ma con dei vincoli sempre più opprimenti da rispettare. Sono anni che la Lega denuncia questa stortura, mentre gli altri partiti italiani ed europei si accorgono solo ora di quanto sia grave questo problema”.
Nell’intervista rilasciata a QuiFinanza domenica scorsa, Stefano Cucchi (uno dei leader delle proteste in Emilia Romagna) ha chiesto che venga attuata una vera sovranità alimentare: nei negozi e nei supermercati devono arrivare prima i prodotti italiani, limitando le importazioni dai Paesi extra Ue. Le sembra uno scenario possibile?
“Il discorso è complesso. Valorizzare i prodotti della nostra terra dev’essere la priorità, su questo sono completamente d’accordo con i manifestanti. Ma non dobbiamo mai sottovalutare l’importanza delle relazioni internazionali. Faccio un esempio pratico: se decidessimo di alzare troppo i prezzi alle dogane sui prodotti che arrivano dagli altri continenti, gli Stati che vendono in Italia e in Europa potrebbero fare lo stesso con le nostre esportazioni. E questo porterebbe ad un brusco ridimensionamento del Made in Italy nel mondo. Invece di frenare le importazioni a prescindere, dobbiamo pretendere che le merci che arrivano sulle nostre tavole abbiano gli stessi standard di qualità che esigiamo dai nostri agricoltori”.
Uno degli striscioni più utilizzato dai protestanti recita “Europa, che delusione”. Nello specifico, cosa viene rimproverato alla Commissione europea?
“In questi anni abbiamo assistito ad un’accelerazione del tutto irrazionale sulle politiche di tutela ambientale. Nessuno di noi vuole negare gli effetti del cambiamento climatico, ma non è tollerabile che il fanatismo ecologico si ripercuota sui lavoratori. Pensiamo alla stretta sull’utilizzo dei prodotti fitosanitari, che non inquinano e garantiscono agli agricoltori di ottenere prodotti di qualità anche nei periodi più complicati. Ma questo è solo un esempio: dall’abolizione dei carburanti fossili alle direttive sul riscaldamento delle abitazioni, oggi la Commissione europea si rende conto degli effetti devastanti sull’economia dei Paesi membri. E così è partita la retromarcia”.
La responsabilità, dunque, è tutta di Ursula von der Leyen e dei commissari europei che hanno governato in questi anni?
“Credo che tutti riconoscano alla Lega di aver mantenuto una posizione sempre coerente su questi temi. Fin dall’inizio di questa legislatura europea, ci siamo opposti all’elezione di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione europea. Non è una questione personale, ovviamente, ma politica: la sua figura è il simbolo del patto tra Partito popolare europeo, Verdi e Socialisti che tanto male ha fatto alle economia dei singoli Stati”.
Dopo le elezioni europee del prossimo giugno riuscirete a trovare una maggioranza alternativa in Europa? Il vostro gruppo “Identità e Democrazia” e quello dei Conservatori (di cui fa parte Fratelli d’Italia ed è presieduto da Giorgia Meloni, nda) sembrano in ascesa: troverete un accordo con il Partito popolare europeo, di cui fa parte Forza Italia?
“Spero che i colleghi di Forza Italia abbiano capito che questo genere di ammucchiata genera solo danni. Ho sentito diversi esponenti azzurri dire che non governeranno mai con Marine Le Pen e altri nostri alleati europei: questa presa di posizione incomprensibile non è in linea con il nostro unico obiettivo, ossia cambiare l’Europa per portare maggior benessere ai nostri cittadini. La Lega non è più disposta ad accettare che a comandare siano politici miopi come quelli che abbiamo visto a Bruxelles negli ultimi cinque anni”.
A quale percentuale punta la Lega alle elezioni europee?
“Per me superare il 10% potrebbe essere un risultato soddisfacente”.
Le proteste degli agricoltori però riguardano anche il vostro governo: aver reintrodotto l’Irpef sui terreni agricoli e dominicali non sembra essere stata una mossa vincente sotto questo punto di vista.
“Volendo essere sincero al 100%, le posso dire che la Lega è stata l’unica forza politica all’interno della maggioranza a schierarsi contro la reintroduzione dell’Irpef. E questo fin dagli ultimi mesi dello scorso anno. Lo abbiamo ribadito diverse volte in Consiglio dei ministri e nelle riunioni dei capigruppo per scrivere la legge di Bilancio. Altri partiti non davano peso a questo tema, ritenendolo marginale: siamo contenti di avergli fatto cambiare idea, oggi siamo tutti convinti che le tasse per gli agricoltori debbano scendere, non aumentare”.
Solamente in questa intervista abbiamo citato ben due frizioni che si sono verificate nelle ultime settimane tra le forze politiche che compongono la maggioranza di centrodestra. Prima ancora c’è stata molta tensione per la scelta del candidato alle elezioni regionali in Sardegna. Il governo Meloni sta vivendo la sua prima vera crisi di compattezza?
“Se la pensassimo sempre tutti allo stesso modo, non faremmo parte di tre schieramenti diversi ma ci presenteremmo come un partito unico. Ogni settimana, su molte questioni c’è bisogno di discutere e trattare. Poi però arriviamo sempre ad una soluzione condivisa per il bene dei cittadini: lo abbiamo dimostrato sui temi che riguardano l’economia, sulla gestione dei migranti e su molti altri dossier che abbiamo affrontato in questi primi quindici mesi di governo. La maggioranza rimane compatta come il primo giorno”.
Questa compattezza sembra basarsi su un patto di interesse: Fratelli d’Italia vuole approvare la riforma costituzionale del premierato, la Lega spinge per l’autonomia differenziata e Forza Italia sta lavorando per portare a casa la riforma della giustizia. Quanto potrete andare avanti con questo schema? E chi rischia di più?
“Andremo avanti per tutti i cinque anni della legislatura, perché ognuna delle riforme che lei ha citato fa parte del programma con cui ci siamo presentati in campagna elettorale. Da esponente del Carroccio, la mia preoccupazione principale riguarda l’autonomia differenziata, che sarà lo strumento con cui le regioni del Sud potranno finalmente vivere il loro definitivo rilancio. Ma tutte le proposte su cui lavoriamo sono importanti e ogni partito ne è consapevole: da vicepresidente del Senato, le posso garantire che c’è massima sintonia tra tutti i nostri eletti durante i lavori in Parlamento”.