Da noi se ne parla ancora poco, pochissimo. Con il solito scarto temporale che ci fa inseguire gli altri, e che porta l’innovazione nel Belpaese con quei 5/6 anni di colpevole ritardo, finalmente anche in Italia iniziamo a ragionare di pensiero. A pensare a nuove forme di pensiero – ripetizione necessaria – dentro e fuori da chi fa business, provando a innescare cambiamenti sociali, rispondendo a bisogni e aspirazioni che arrivano dalle persone e dalle città. In una parola, si affacciano anche qui, seppur timidamente, le frontiere più interessanti e impattanti dell’Innovation Design.
Una bella definizione di Innovation Design dice che è “la generazione di idee che siano umanamente desiderabili, tecnologicamente fattibili e finanziariamente sostenibili“. L’obiettivo dell’Innovation Design come processo è sostenere e far evolvere la nostra vita in un sistema che per definizione è in continuo rinnovamento. I metodi e i processi specifici che supportano l’Innovation Design possono garantire cambiamenti determinanti, rivoluzionari, epocali anche, a sostegno della sopravvivenza e della prosperità del sistema nella sua complessità. È un’idea che si applica a tutti i campi e a tutte le persone di ogni provenienza. Per quanto semplice possa sembrare, in realtà non lo è affatto.
Domani e sabato, 17 e 18 novembre, una sessantina dei migliori talenti della creatività digitale italiana, vincitori del Premio Faber, si ritroveranno a Torino – terra da sempre molto sperimentale e attrattiva per chi fa innovazione – per il Fabermeeting: è la sesta volta in 15 anni. Davanti a loro, due giorni molto intensi di workshop, talk, tavole rotonde e momenti di networking per conoscersi, esplorare e progettare insieme, incontrarsi e avviare collaborazioni.
Il Fabermeeting è un delle più longeve ma preziose iniziative sull’innovazione e la creatività in Italia: ogni edizione ha visto protagonisti, in anteprima, linguaggi e temi che col tempo hanno iniziato a inondare il main stream, come il machine learning, il web 2.0, la smart mobility, la blockchain, il crowdfunding, la realtà virtuale, l’Intelligenza artificiale, il gaming, le human connections.
Perché il Fabermeeting è sempre un passo avanti? “Perché paradossalmente non insegue le mode” racconta a QuiFinanza Carlo Boccazzi Varotto, founder di Faber e ideatore del concorso/evento, nonché tra i più interessanti innovatori nel panorama italiano.
L’idea di Faber nasce nel 2005 da una esigenza semplice. “In un periodo in cui c’era un ritardo nel sistema formativo, le imprese volevano scovare i giovani talenti che si formavano da soli, o quasi. Scaricavano di notte i manuali di programmi come After effects o Director e si approcciavano al visual e al graphic design, o al web, principalmente per passione. C’era molta libertà espressiva. Lì moltissime imprese si sono accorte che il flyer per un evento o una fanzine universitaria rischiava di essere più interessante di un prodotto commerciale”.
E voi cosa avete fatto Boccazzi?
Volevamo accelerare questo incontro tra nuovi talenti e imprese. L’idea mia e di Mussi Bollini, attualmente vice direttrice di Rai Ragazzi, è stata lavorare su due fronti: da una parte snidare i talenti con un concorso e dall’altra chiamare a giudicare questi lavori proprio i professionisti. Infine, invitare vincitori e professionisti a Torino per conoscersi e lavorare insieme due giorni. I contenuti del Fabermeeting sono sempre stati co-progettati con le imprese partner per esplorare tutte le possibilità di collaborazione, e probabilmente è proprio questo approccio che ci permette di anticipare i nuovi bisogni sociali e culturali che questo particolare settore – quello dell’Innovation design e della comunicazione dei servizi avanzati – esprime.
Quali sono nello specifico questi bisogni espressi dalle imprese?
C’è qualcosa non di nuovo ma di emergente direi. Un filo rosso che lega molti eventi del Fabermeeting è proprio la volontà di ragionare su come la creatività digitale, il design, la comunicazione e così via possano dare risposte alle grandi sfide sociali, come l’invecchiamento della popolazione, la conciliazione tra business e effetti sociali, la D&I (diversità e inclusione), l’emergenza climatica. Fare innovazione tenendo insieme impatto sociale e opportunità economica. Un tema presente da anni al Fabermeeting, che in passato esprimeva un desiderio, una aspirazione, dei giovani partecipanti, tanto che nel 2018 con Laura Cosa, che curava con me quell’edizione, abbiamo dedicato a questo aspetto una tavola rotonda. Oggi è certamente una richiesta condivisa dalle imprese, tanto che abbiamo deciso di chiamare questa edizione “Creatività, Impresa e Impatto” e di invitare come partner alcune imprese del Terzo settore che fanno parte della importantissima rete di Torino Social Impact.
Cosa troveremo al Fabermeeting 2023?
Ci saranno diversi workshop, a numero chiuso, e due tavole rotonde aperte al pubblico: il 17 novembre “Designing for the Silver Wave: il potenziale della Silver Economy sull’UX del futuro”, che mette insieme i maggiori player nazionali, profit e non profit, sul tema dell’inclusive design, da realtà come Triple Sense ad Hackability. E il 18 novembre “Città in Transizione: l’empowerment delle creative communities e il loro impatto sociale” per raccontare come le esperienze legate alla creatività e al design riescano a raccogliere le nuove sfide sociali e culturali, oltre a quelle economiche.
Spesso è opinione diffusa che redditività e impatto sociale percorrano due binari paralleli…
Esatto, ed è proprio uno stereotipo che vogliamo smontare, con il nostro lavoro quotidiano che produce anche effetti visibili. Le faccio un esempio. Oggi in Italia gli uomini e le donne over 65 rappresentano il 24% della popolazione e saranno il 35% entro il 2050. Si fanno meno figli ma soprattutto si vive più a lungo. Ci sono una marea di beni e servizi da reimmaginare, oggi con le imprese e domani con la Pubblica amministrazione. Non possiamo più rimandare, perché è una grande necessità sociale, ma anche una ricca opportunità economica per chi ci lavorerà.
Dove avviene il punto di incontro?
Nel migliorare servizi e prodotti coinvolgendo le comunità – quello che Andrea Barbero di So Simple Group chiama “L’influencer marketing per l’audience engagement” – c’è, potenzialmente, anche un obiettivo anche sociale. Così come c’è anche un obiettivo economico nell’immaginare prodotti e servizi per una società multietnica o nella “Innovazione per lo Sviluppo nella cooperazione internazionale” raccontata nella nostra due giorni da Fulvio Bersanetti di Fondazione Compagnia di San Paolo. Tutti esempi di frugal innovation, da cui paradossalmente le imprese italiane possono imparare. E poi c’è proprio la comunicazione delle imprese sociali che sta diventando sempre più importante: le realtà Stackers Design, Libre, O.R.So. ed Esserci ci dedicano un tavolo di lavoro, così come Loris Fionda di Limo, per riflettere sulla differenza tra la promozione di un prodotto e di una proposta di valore.
Cosa vedremo quindi a questa sesta edizione del Fabermeeting?
A porte chiuse, proponiamo 16 workshop, 6 tavoli di lavoro e 6 talk. Realtà come Zandegù, Merakyn, e So Simple raccontano da vari punti di visita il marketing digitale innovativo e generativo; Top-IX racconta come possono essere usati i Big data, Bianco Tangerine si concentra su come possono essere raccontati e visualizzati; Domino, Francesco Bombardi, Fablab Torino propongono nuovi modi di progettare prodotti e servizi; Eggers, Valentino Megale e Francesco Ronchi di Synestesia raccontano le nuove applicazioni dell’Intelligenza artificiale.
Ma si parlerà anche di game thinking in una veste particolare…
Sì, Marco Mazzaglia di Tiny Bull Studios racconterà come usare il game thinking nella progettazione sociale. Maurizia Sereni e Giovanna Bo porteranno l’esperienza produttiva di una serie tv di successo come quella di Zerocalcare. Matteo Rostagno, che tra l’altro ha vinto il premio Faber nel 2008, arriva apposta da Londra per parlare di XR – Extended Realities.
Tutto questo in maniera rigorosamente gratuita.
Tutti si sono messi a disposizione a titolo gratuito, per fare crescere un sistemaa. Addirittura Carlo De Marchis, uno dei grandi guru, non solo italiani, della televisione interattiva verrà a mettere dischi durante il nostro aperitivo di networking. Tanto slancio e tanta disponibilità, anche nel mettere a disposizione, sotto forma di premio, stage e tirocini pagati. Lo trovo straordinario. Io stesso in accordo con Weco, l’impresa sociale che realizza l’iniziativa, ho deciso di devolvere tutta la mia ricompensa per la curatela, ad una non profit.
Tutti segni tangibili di un mondo della creatività digitale, del design, della comunicazione che ha voglia di spazi di confronto, anche intergenerazionali…
Fabermeeting è proprio questo, dentro a un mondo che non si fa sconti, e affronta temi spinosi quali la questione di genere, l’organizzazione del lavoro e anche le forme di precarizzazione. Insomma, siamo ben lontani da un messaggio patinato. Vogliamo emanciparci dall’immagine di una bohéme para-artistica: anzi, vogliamo essere il simbolo del nuovo “lavoro della conoscenza” e, come tale, in grado di produrre essa stessa bisogni nuovi di tipo sociale, cui proviamo a dare una risposta discutendo di innovazione sociale e impatto.