Divorzio e separazione, cambia tutto: le novità dal 1° marzo

La riforma Cartabia entra in vigore e modifica le fasi processuali. Verrà dato sempre ascolto ai figli minori, se presenti, e il loro parere sarà dirimente

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Dal 1° marzo gli italiani dovranno fare i conti con il nuovo diritto di famiglia legato alla riforma Cartabia della Giustizia, inserita tra i target fissati dal PNRR. Cambiano dunque le regole per quanto riguarda divorzio e separazione (ne avevamo parlato anche qui).

L’obiettivo della riforma del processo civile è quello di snellire del 40% iter e tempistiche delle cause, nonché ridurre il numero dei casi arretrati. Il Governo Meloni ha deciso di anticipare il lancio delle novità, che propongono una diversa scansione delle fasi processuali e cambiano l’organizzazione dell’attività della difesa, che dovrà concentrarsi prima della prima udienza.

Qui abbiamo spiegato perché con la riforma Cartabia è più facile diventare magistrato.

Come cambia il divorzio con la riforma Cartabia

Il “divorzio all’italiana” cambia dunque volto, ma anche corpo e spirito. La prima grande novità riguarda il fatto che non serviranno più due riti distinti: dal 1° marzo 2023 si potranno ottenere la separazione e il divorzio con un unico procedimento, con tempi più brevi e sanzioni in caso di violazione degli accordi. Attraverso un Tribunale unificato, un solo giudice e un unico atto sarà concesso più ascolto ai figli minori e sarà approntato un “piano genitoriale” su scuola e attività ludico-ricreative per decidere su affidi o diritto di visita dei genitori. È previsto inoltre un magistrato con ampi poteri d’indagine, allo scopo di inoltrare meno ricorsi sulla potestà genitoriale o sulla condotta del genitore pregiudizievole ai figli.

Addio dunque alla prima comparizione davanti al Presidente (udienza presidenziale) e alla successiva udienza davanti al Giudice istruttore. Si potrà presentare in contemporanea, in un unico atto, domanda di separazione e domanda di divorzio. Il procedimento prenderà il via con il deposito fin da subito di atti introduttivi che contengono il racconto dei fatti e dei mezzi di prova. La procedibilità del divorzio dipenderà da due criteri:

  • una sentenza passata in giudicato sulla separazione;
  • la cessazione, senza interruzioni, della convivenza tra i due coniugi.

Atti e indagini: le novità

Nel dettaglio, e diversamente da quanto accadeva finora, al momento della presentazione l’atto dovrà già essere completo di ogni domanda, eccezione, prova e richiesta riconvenzionale fin da subito. Per ottenere il divorzio, la sentenza di separazione sullo status dovrà essere inoltre passata in giudicato. L’udienza del giudice dovrà tenersi entro 90 giorni.

Nei casi in cui siano stati stabiliti contributi periodici di denaro e assegni di mantenimento, il giudice potrà disporre indagini (anche di polizia tributaria) su redditi, patrimoni e sull’effettivo tenore di vita delle due parti. I procedimenti già pendenti al 28 febbraio continueranno invece a essere regolati dalle disposizioni attuali.

Tribunale unico per la famiglia

Un’altra novità vedrà l’effettiva entrata in vigore entro ottobre 2024 e riguarda il cosiddetto Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie. Si tratterà di strutture sia circondariali, nelle città più piccole, sia distrettuali. In tal modo si potrà porre un argine all’attuale frammentazione di competenze, disperse fra Tribunale ordinario, Tribunale per i minorenni (che resta tuttavia operativo, ma con funzioni più specifiche) e Giudice tutelare.

Restano escluse dall’accorpamento soltanto le adozioni e i procedimenti di competenza delle sezioni dell’Immigrazione.

La questione minori

Sulla base del piano genitoriale accennato in apertura, una sorta di agenda con gli impegni quotidiani dei figli e le loro attività, il giudice potrà sanzionare il genitore che rispetti la “tabella di marcia”. La riforma dedica ampio spazio e rilevanza all’ascolto del minore, anche con età inferiore ai 12 anni, che ha “diritto di esprimere il suo pensiero in tutte le questioni e le procedure finalizzate a incidere nella sua sfera individuale”. I figli della coppia, ove presenti, dovranno infatti essere sempre ascoltati dalla corte e il loro parere sarà dirimente per la decisione finale.

Il giudice dovrà tenere in considerazione “età e grado di maturità” del minore e l’ascolto potrà avvenire in forma diretta o con l’assistenza di esperti in psicologia o psichiatria infantile. Dal punto di vista pratico, la competenza territoriale dei giudici sulle cause di famiglia sarà legata al luogo di residenza abituale del minorenne.