Si può riconoscere una raccomandata inviata da un avvocato dal codice sull’avviso di giacenza? La risposta è: in parte sì, ma con riserva. Alcuni codici sono spesso usati per comunicazioni legali, ma nessuno di essi garantisce da solo che il mittente sia uno studio legale.
Indice
Quali codici identificano una raccomandata inviata da un avvocato?
Tra i codici più usati in raccomandate di natura legale c’è il codice 056, il 628, il 668 e il 200. In alcuni casi, queste raccomandate contengono lettere di diffida, inviti ad adempiere, messe in mora, o comunicazioni che interrompono la prescrizione. In altri casi, la corrispondenza potrebbe provenire da società di recupero crediti, enti pubblici o professionisti non necessariamente iscritti all’albo forense.
Codice |
Significato possibile |
Può essere usato da un avvocato? |
Contenuto tipico |
056 |
comunicazioni ordinarie |
✔️ molto frequente |
diffida, messa in mora |
628 |
comunicazioni civili/commerciali |
✔️ comune |
avvisi legali, inviti a pagare |
668 |
comunicazioni da studi o agenzie legali |
✔️ usato frequentemente |
lettere stragiudiziali |
200 |
comunicazioni riservate |
✔️ possibile |
interruzione prescrizione |
689 |
atti di recupero crediti |
✔️ talvolta |
sollecito o precontenzioso |
75x-79x |
atti giudiziari |
❌ salvo notifica in proprio ex l. n. 53/1994 |
citazioni, precetti |
Quindi, il codice 056 è uno di quelli più usati dagli avvocati per comunicazioni formali. Il codice 628, invece, è utilizzato anche da enti e società di recupero, ma è ricorrente tra gli invii legali. Invece, il 668 è un codice trasversale, spesso impiegato da agenzie di postalizzazione a cui si affidano anche studi legali. Il codice 200, pur essendo meno frequente, compare in raccomandate che contengono avvisi formali e comunicazioni riservate, specialmente in presenza di controversie o in fase di precontenzioso.
D’altra parte, i codici 75, 76, 77, 78 e 79, e i loro derivati (es. 753, 781, 783…), sono i più temuti perché identificano gli atti giudiziari veri e propri. Questi sono notificati tramite ufficiale giudiziario e provengono quasi sempre da uffici pubblici o autorità giudiziarie: citazioni, decreti ingiuntivi, precetti, ordinanze.
Cosa può contenere una raccomandata con questi codici?
Ricevere una raccomandata con codice 056, 628 o 668 non significa necessariamente essere destinatari di un atto giudiziario, ma in molti casi ci si trova davanti a una comunicazione redatta da un avvocato, finalizzata a risolvere un conflitto in via stragiudiziale.
Tra i contenuti più frequenti ci sono senza dubbio le lettere di diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.). In questi casi, l’avvocato agisce in nome e per conto del cliente per eccepire un inadempimento contrattuale e intimare l’esecuzione entro un termine preciso, con avvertenza che in caso contrario si procederà giudizialmente.
Un altro contenuto ricorrente è la messa in mora ai sensi dell’art. 1219 c.c., inviata per sollecitare un pagamento scaduto o la restituzione di un bene.
La raccomandata viene usata anche per interrompere i termini di prescrizione (art. 2943, co. 4, c.c.), evitando che un diritto si estingua per il solo decorso del tempo. In questo caso, la forma scritta e la prova della ricezione (o almeno del tentativo di consegna) sono elementi fondamentali. Ancora, non mancano i casi in cui la comunicazione serva a formalizzare un invito alla negoziazione assistita (D. l. n.132/2014 conv. in l. n. 162/2014).
In questo senso, la raccomandata dell’avvocato è uno strumento di tutela stragiudiziale, con il quale il legale può:
- sollecitare l’adempimento di obblighi contrattuali o extracontrattuali;
- interrompere i termini della prescrizione;
- notificare una contestazione in forma scritta, creando una prova documentale;
- porre le basi per una fase precontenziosa o per una transazione bonaria.
Quali atti un avvocato può notificare con raccomandata?
Quando un avvocato invia una raccomandata A/R “semplice”, lo fa per comunicare in modo formale ma non processuale. Si tratta di strumenti che, pur avendo efficacia giuridica, non producono effetti processuali diretti: ad esempio, non fanno decorrere il termine per costituirsi in giudizio, né danno avvio a un procedimento.
Invece, è ben diversa la notifica in proprio (l. n. 53 del 1994). Tale modalità consente agli avvocati, autorizzati dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di appartenenza, di notificare direttamente atti giudiziari senza passare dall’ufficiale giudiziario. In questi casi, l’atto assume piena validità processuale e può essere notificato tramite raccomandata A/R, oppure via PEC, nei limiti consentiti. La notifica deve essere corredata da relata di notifica redatta e sottoscritta dall’avvocato, che attesti le modalità e la data dell’invio, in conformità ai requisiti formali previsti dalla legge.
Gli atti che possono essere notificati in proprio includono:
- l’atto di citazione in giudizio,
- il ricorso (civile, lavoro, volontaria giurisdizione),
- i precetti e i decreti ingiuntivi,
- le comunicazioni di avvio di procedimento in ambito amministrativo,
- i provvedimenti del giudice (sentenze, ordinanze, verbali), purché già formati e depositati.
Tuttavia, la raccomandata semplice non è mai sufficiente per notificare atti che richiedono una formalità tipica del processo, come una citazione o un atto di precetto: in questi casi, o si ricorre all’ufficiale giudiziario, oppure si utilizza la notifica in proprio con tutte le garanzie previste dalla normativa.
Cosa succede se non la ritiri?
Ignorare una raccomandata inviata da un avvocato e lasciarla in giacenza presso l’ufficio postale può produrre effetti giuridici, anche in assenza di ritiro. Tuttavia, occorre distinguere tra raccomandate ordinarie e notifiche giudiziarie.
Quando il portalettere non reperisce il destinatario, viene lasciato un avviso di giacenza e la raccomandata è depositata presso l’ufficio postale competente. Per le raccomandate ordinarie può essere effettuato un secondo tentativo di consegna, anche se non è obbligatorio. La giacenza dura generalmente 10 giorni per le raccomandate semplici e 10 giorni effettivi per le notifiche giudiziarie ( l.n. 890/1982). Decorso tale termine, il plico viene restituito al mittente; nel caso delle notifiche giudiziarie, la notifica si considera perfezionata per compiuta giacenza, anche se il destinatario non ha ritirato l’atto.
La giurisprudenza ha chiarito che:
«Nel regime della notificazione a mezzo posta ex L. n. 890/1982, l’omesso ritiro del plico non impedisce il perfezionamento della notifica decorsi dieci giorni dalla giacenza» (Cass. civ., n. 13970/2015).
Per le raccomandate ordinarie, invece, la mancata ricezione non comporta in automatico la presunzione di conoscenza, salvo il caso di rifiuto esplicito da parte del destinatario.
Dal punto di vista pratico, gli effetti della mancata ricezione dipendono dal contenuto della comunicazione. Se la raccomandata conteneva una messa in mora o una diffida ad adempiere, anche in caso di mancato ritiro può ritenersi comunque idonea a far decorrere i termini per un’azione giudiziaria, se dimostrato che il destinatario ha avuto la possibilità concreta di conoscerla (es. tramite avviso di giacenza). In caso di interruzione della prescrizione, la giurisprudenza prevalente ritiene che la spedizione della raccomandata sia sufficiente, anche se non ritirata, purché si dimostri il corretto invio.
Infine, non ritirare la raccomandata può, in sede giudiziale, essere valutato come comportamento non collaborativo o contrario a buona fede, con possibili riflessi in tema di spese processuali o valutazione della condotta conciliativa.