Con l’arrivo del caldo torrido aumenta la probabilità di grandinate improvvise nei prossimi giorni come preannunciato anche dalla Protezione Civile. Un’allerta grandine che ormai è diventata consuetudine nei mesi estivi e che negli ultimi anni ha provocato danni significativi alle autovetture in diverse regioni italiane e soprattutto al Nord. In particolare l’area della Pianura Padana è stata frequentemente colpita, causando danni importanti alla carrozzeria e ai vetri delle auto. Di fronte a queste situazioni, molti automobilisti si rivolgono alla propria compagnia assicurativa per ottenere il risarcimento previsto dalla polizza, spesso stipulata con coperture specifiche per eventi naturali. Non sempre il risarcimento arriva come atteso.
I casi di risarcimento negato
Un caso emblematico si è verificato a Torino, dove un automobilista ha ottenuto dal tribunale il riconoscimento del proprio diritto a essere risarcito, nonostante la compagnia assicurativa si fosse inizialmente rifiutata di pagare. L’uomo aveva scelto una carrozzeria non convenzionata per riparare il proprio veicolo danneggiato dalla grandine, sostenendo un costo di oltre 6.000 euro. Il tribunale ha condannato la compagnia al pagamento di 10.000 euro, compresi 4.000 euro per le spese legali.
Secondo la giudice Claudia Gemelli, “la clausola del contratto che prevede la decadenza dell’indennizzo in caso di riparazione presso altro centro di autoriparazione è nulla”, in quanto considerata vessatoria. Non sarebbe infatti stata oggetto di una trattativa individuale e risulterebbe redatta in modo non trasparente, violando così l’articolo 166 del Codice delle assicurazioni.
Le clausole da conoscere
Alla base del problema si trovano spesso clausole contrattuali poco chiare, che possono compromettere il diritto al risarcimento. Le cosiddette “clausole grandine” sono inserite in documenti complessi e poco trasparenti, senza che vengano illustrate adeguatamente al contraente. Alcune di queste clausole prevedono, ad esempio, che la copertura sia valida solo se la stessa polizza era attiva anche nell’anno precedente alla grandinata.
Secondo il Movimento Consumatori, queste pratiche sono scorrette e potrebbero configurare una vera e propria truffa, soprattutto se la clausola non viene mai esplicitamente spiegata o è inserita in documenti troppo articolati. Alcuni automobilisti hanno riferito che la clausola non era nemmeno presente nei documenti forniti, oppure risultava nascosta tra molte altre informazioni.
Un altro elemento critico è rappresentato dalla clausola “degrado” che prevede un indennizzo calcolato in base all’usura del veicolo. In pratica, se un pezzo danneggiato deve essere sostituito, l’assicurazione non rimborsa l’intero costo, ma lo adegua all’età e allo stato del mezzo.
Danni e costi in aumento
Secondo i dati diffusi da Federcarrozzieri, i danni da grandine possono variare tra 900 e 10.000 euro a veicolo, con punte fino a 15.000 euro per i monovolume. L’aumento della frequenza di eventi climatici estremi ha fatto salire anche il costo delle polizze assicurative contro eventi naturali, che è passato da 90 a 165 euro in tre anni, secondo l’Associazione italiana periti ed estimatori danni (Aiped).
Nel frattempo, le richieste di risarcimento si moltiplicano, soprattutto in regioni come Veneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, dove si registra il 70% delle richieste legate a danni atmosferici. L’aumento delle denunce ha però provocato anche un allungamento dei tempi di attesa per le riparazioni, spesso limitate a determinati centri convenzionati.
Le iniziative legali
Molti consumatori hanno scelto di intraprendere vie legali per ottenere il riconoscimento del risarcimento negato. Tra questi, anche la proprietaria di una Panda danneggiata dalla grandine, che ha dovuto affrontare un danno stimato in 6.880 euro. Alla richiesta di indennizzo, la compagnia ha risposto che era necessaria anche la polizza dell’anno precedente, mai menzionata al momento della sottoscrizione.
Secondo l’avvocata Sonia Monteleone, che assiste numerosi automobilisti per conto del Movimento Consumatori, “abbiamo fatto un esposto all’Autorità di vigilanza delle assicurazioni e all’Antitrust”. Se questi organi si esprimeranno riconoscendo la scorrettezza della clausola, ci sarà spazio per richieste collettive di risarcimento. In caso contrario, partiranno le cause civili individuali.