Smart working, lavorare da casa aiuta l’ambiente

Lo smart working aiuta l'ambiente: due giorni a settimana di lavoro da remoto evitano l'emissione di 480 chilogrammi di C02 all'anno

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Alessandro Mariani

Giornalista green

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

Nonostante le aspettative di una possibile riduzione post-pandemica, lo Smart Working continua ad affermarsi in Italia, evidenziando un rinnovato interesse nel 2023 che fa bene ancher all’ambiente. La cifra di professionisti che lavorano da remoto nel nostro Paese si attesta a 3,585 milioni, rappresentando una modesta crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022. Questo trend indica un incremento significativo del 541% rispetto al periodo pre-Covid. Proiezioni per il 2024 stimano un ulteriore aumento, raggiungendo un totale di 3,65 milioni di smart worker in Italia.

La crescita dello smart working che fa bene all’ambiente

Analizzando il 2023, emerge che la crescita dello Smart Working è più grande nelle grandi imprese, coinvolgendo oltre la metà dei lavoratori del settore, pari a 1,88 milioni di persone. Le PMI registrano un aumento più contenuto ma rilevante, coinvolgendo 570.000 lavoratori, corrispondenti al 10% della platea potenziale. Al contrario, si osserva una diminuzione nelle microimprese (620.000 lavoratori, il 9% del totale) e nelle Pubbliche Amministrazioni (515.000 addetti, il 16%).

Uno degli aspetti cruciali dello Smart Working è il suo contributo positivo all’ambiente. Con due giorni di lavoro da remoto a settimana, si evita l’emissione di 480 kg di CO2 all’anno per persona, grazie alla riduzione degli spostamenti e all’utilizzo minore degli uffici tradizionali. Questo cambiamento nel paradigma lavorativo ha anche conseguenze sul mercato immobiliare e sugli stili di vita residenziali. Il 14% dei professionisti smart ha cambiato casa o sta valutando di farlo, con una preferenza evidente per zone periferiche o piccole città. Questa tendenza non solo rappresenta una ricerca di uno stile di vita diverso ma ha anche un impatto positivo sulle aree meno centrali del paese, contribuendo al rilancio di diverse comunità.

Analisi sullo Smart Worker italiano

Tuttavia, non tutti coloro che lavorano da remoto possono essere considerati “veri” smart worker. Questa distinzione si applica a coloro che, oltre a svolgere il loro lavoro in modalità remota, godono di flessibilità di orari e operano per obiettivi specifici. Questi professionisti mostrano livelli di benessere ed engagement superiori rispetto ai colleghi che lavorano tradizionalmente in presenza. Curiosamente, i lavoratori che svolgono solo lavoro da remoto, senza autonomia e responsabilità, presentano livelli inferiori di benessere rispetto ai loro omologhi che operano in loco. Gli smart worker “veri”, tuttavia, affrontano sfide come il tecnostress e l’overworking in misura maggiore.

Il successo dello Smart Working è intrinsecamente legato al ruolo dei manager. La presenza di un capo “smart”, capace di assegnare obiettivi chiari, fornire feedback frequente e costruttivo, promuovere la crescita professionale e trasmettere gli indirizzi strategici, si traduce in livelli più elevati di benessere e prestazioni per i dipendenti. Un approccio di leadership “smart” può migliorare l’engagement, il benessere e le prestazioni complessive delle persone coinvolte. Questi risultati emergono da una ricerca approfondita condotta dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.

Grado di sviluppo dello smart working

Le aziende che hanno sviluppato “iniziative mature” di Smart Working, considerando i quattro pilastri fondamentali (policy organizzative, tecnologie, riorganizzazione degli spazi, comportamenti e stili di leadership), presentano migliori risultati nella capacità di attrarre talenti, inclusività, engagement e work-life balance. Le grandi imprese conducono la classifica con il 52% mature su tutte le dimensioni, seguite dalla PA (16%) e dalle PMI (15%).

  • Policy Organizzative

    La maggior parte delle grandi imprese offre autonomia e flessibilità nella scelta di luogo e orario, nel quadro di regole definite. Il 58% ha linee guida e forme di “galateo” nell’esecuzione delle attività. Nelle PMI, invece, le policy spesso informali riguardano il lavoro da remoto, ma non la flessibilità oraria o l’autonomia nella gestione delle attività.

  • Comportamenti e Stili di Leadership

    Il 59% delle grandi aziende private e il 20% delle PA ha attivato iniziative di formazione per capi e collaboratori sulla gestione dei team da remoto.

  • Tecnologie

    Le organizzazioni si trovano in generale a un buon livello, grazie a una generalizzata crescita di competenze dovuta all’accelerazione tecnologica data dalla pandemia.

  • Riorganizzazione degli Spazi

    Il livello di maturità è ancora limitato. Solo il 38% delle grandi imprese e il 13% delle PA ha attività su come utilizzare in modo corretto gli ambienti aziendali. Il 35% delle grandi imprese e il 18% delle PA ha però progetti di revisione degli spazi.

Prospettive future e nuove forme di smart working

Guardando al futuro, praticamente tutte le grandi imprese prevedono di mantenere lo Smart Working, con solo il 6% incerto su tale decisione. Nelle PA, c’è maggiore incertezza, con il 20% che non sa come evolverà l’iniziativa. Le PMI mostrano una titubanza simile, con il 19% incerto su come o se implementare lo Smart Working. Complessivamente, si prevede per il 2024 una crescita del numero dei lavoratori coinvolti, raggiungendo la cifra stimata di 3,65 milioni.

Oltre allo Smart Working, il recente anno ha visto l’avvio di sperimentazioni di nuove forme di flessibilità sul lavoro, tra cui quella della settimana corta. Meno del 10% delle grandi aziende ha sperimentato questa pratica con esperienze pilota, spesso limitate a brevi periodi. Un ulteriore 3% delle grandi aziende ha introdotto le ferie illimitate, il 41% ha eliminato le timbrature, e il 44% sta sperimentando il “Temporary Distant Working,” consentendo di lavorare completamente da remoto per alcune settimane o anche per più mesi, anche all’estero in alcuni casi.

Smart workin nella Pubblica amministrazione

Il Consiglio dei Ministri ha annunciato una significativa proroga per lo smart working in Italia, estendendo la possibilità fino alla fine dell’anno per i dipendenti pubblici fragili. Questa mossa, che ha ottenuto un finanziamento di 1,67 milioni di euro, rappresenta un passo importante nella promozione della parità tra il settore pubblico e privato. La proroga è stata proposta da Paolo Zangrillo, ministro della Funzione Pubblica, e ha ricevuto il sostegno del Mef, fornendo un ulteriore periodo di flessibilità lavorativa per coloro che sono maggiormente a rischio.

La decisione del Consiglio dei Ministri ha accolto le richieste sindacali, sottolineando l’impegno a mantenere la continuità delle misure di smart working. L’estensione dello smart working è un riconoscimento dell’importanza di questa modalità lavorativa nell’ambito della Pubblica Amministrazione, garantendo al contempo la sicurezza dei lavoratori fragili. La proroga non solo risponde alle esigenze dei dipendenti pubblici in condizioni di fragilità, ma introduce anche una novità significativa per i docenti in situazione di lavoro agile.