Perché con il Fit for 55 i porti italiani sono a rischio

La Commissione Europea ha presentato un'iniziativa di tassazione aggiuntiva per gli armatori, suscitando preoccupazioni riguardo agli impatti finanziari sui porti italiani, con particolare attenzione al porto di Gioia Tauro.

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Alessandro Mariani

Giornalista green

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

In seguito alle recenti proposte di modifica e alle evoluzioni legislative che coinvolgono le reti transeuropee dei trasporti, la Commissione Europea ha annunciato una nuova iniziativa che potrebbe avere un impatto significativo sull’Italia. Secondo i sindacati questa misura, se verrà approvata, potrebbe comportare conseguenze economiche per il Paese.

Il sistema di scambio di quote di emissioni e i porti italiani

La nuova misura è parte del pacchetto Fit for 55, che prevede una revisione del sistema europeo di scambio di quote di emissioni nel settore dei trasporti, noto come EU-ETS (Emission Trading System dell’Unione Europea). Questa proposta mira a introdurre una tassazione specifica per gli armatori delle navi con un dislocamento superiore alle 5 mila tonnellate, nell’ambito degli sforzi dell’Unione Europea per ridurre le emissioni di gas serra. Tuttavia, le unioni sindacali hanno espresso preoccupazione per l’effetto che questa misura potrebbe avere sui porti italiani, con particolare attenzione al porto di Gioia Tauro, uno dei principali hub del Mediterraneo. I sindacati hanno sottolineato che l’imposizione di ulteriori costi agli armatori potrebbe favorire la concorrenza di altri porti, come Tanger Med e Port Said.

I sindacati puntano a sollecitare l’intervento della Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (Etf) e della Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti (Itf) affinché si esprimano sulle implicazioni di questa proposta a livello istituzionale. L’obiettivo è impedire che il sistema portuale italiano subisca un colpo economico e proteggere i posti di lavoro nel settore, garantendo al contempo lo sfruttamento ottimale delle risorse e delle potenzialità del Paese.

Le preoccupazioni dei sindacati

Il porto di Gioia Tauro, una delle più importanti infrastrutture portuali europee nel cuore del Mediterraneo, si trova ad affrontare una sfida esistenziale a seguito dell’introduzione del pacchetto EU-ETS. Le autorità portuali, tra cui l’Autorità di Sistema Portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio, Medcenter Container Terminal ed Automar, hanno diffuso un manifesto. Le associazioni temono che la nuova tassazione ambientale possa spingere le compagnie di navigazione a trasferire le loro attività in porti al di fuori dell’Unione Europea, dove le restrizioni ambientali sarebbero meno rigide, mettendo così a repentaglio il futuro del porto e dell’intera comunità circostante.

Per attirare l’attenzione a livello nazionale ed europeo sulla situazione, è stato programmato un flash mob per il 16 ottobre nel porto di Gioia Tauro, a cui parteciperanno i lavoratori portuali, le istituzioni regionali, i sindaci calabresi, le sigle sindacali, le imprese portuali, le associazioni di categoria e l’intera comunità portuale, con uno striscione che reciterà “Il porto non si ferma”.

Le possibili criticità per il Porto di Gioia Tauro

Il porto di Gioia Tauro è molto di più di una semplice infrastruttura portuale. È un pilastro economico della Calabria e del Mezzogiorno, contribuendo al 50% del PIL privato calabrese. È anche la più grande piattaforma logistica dell’Italia e dell’Europa meridionale, nonché uno dei più grandi hub portuali del Mediterraneo. Un significativo declino avrebbe conseguenze importanti sull’occupazione, sull’economia locale e sull’intera regione. Questo porto rappresenta la speranza di una crescita economica e di una maggiore occupazione in una regione che soffre di alti tassi di disoccupazione e di una costante emigrazione dei giovani.

L’appello delle autorità portuali, dei sindacati e degli imprenditori è chiaro: è necessario un impegno congiunto da parte del governo nazionale, delle istituzioni regionali, dei sindacati, dei sindaci, delle organizzazioni di categoria e di tutta la comunità locale per difendere il futuro di Gioia Tauro. La Calabria e il Mezzogiorno d’Italia non possono permettersi di perdere questa infrastruttura strategica che svolge un ruolo vitale nella regione. È fondamentale trovare soluzioni che rispettino la transizione energetica, come l’armonizzazione delle regole per i porti mediterranei e meccanismi di tutela per i porti europei a vocazione transhipment, cioè di trasferimento di carico da una nave all’altra. Il porto di Gioia Tauro non può e non deve fermarsi, e la sua difesa deve essere una priorità per tutti coloro che si preoccupano per il futuro economico e occupazionale della regione e dell’intero paese.

EU ETS: una strategia per la lotta ai cambiamenti climatici

Cos’è il Sistema per lo Scambio delle Quote di Emissione dell’Unione Europea (EU ETS)? Questo strumento è un elemento fondamentale della politica dell’UE volto a ridurre le emissioni di gas a effetto serra in modo economicamente efficiente. L’EU ETS è in realtà il più grande sistema internazionale di scambio di quote di emissione al mondo ed è stato introdotto nel 2005. Questo sistema, attivo in 31 paesi, tra cui tutti i membri dell’UE, l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia, copre oltre 11.000 impianti ad alto consumo energetico e le compagnie aeree che operano nello spazio economico europeo. In sostanza, il 40% delle emissioni totali di gas a effetto serra dell’UE rientra sotto il controllo dell’EU ETS. Una caratteristica chiave è che è suddiviso in periodi di trading, noti come “fasi”. Attualmente, siamo nella terza fase, iniziata nel 2013 e che terminerà nel 2020. Tuttavia, c’è una quarta fase già in fase di pianificazione, che coprirà il periodo 2021-2030.

Come funziona esattamente l’EU ETS? Il sistema opera secondo il principio del “Cap and Trade”. Viene stabilito un limite massimo alle emissioni, e le imprese che rientrano nel sistema possono acquistare o vendere quote di emissione in base alle loro esigenze. Ogni quota rappresenta il diritto di emettere una tonnellata di CO2 o l’equivalente di altri gas serra. Ogni anno, le imprese devono restituire quote in proporzione alle loro emissioni. Le imprese che non ricevono abbastanza quote a titolo gratuito o che non possono coprire le loro emissioni devono acquistare quote all’asta o da altre imprese. Viceversa, chi ha quote in eccesso può venderle.

Questo sistema offre flessibilità alle imprese, che possono scegliere tra misure per ridurre le proprie emissioni, acquisto di quote necessarie o una combinazione delle due opzioni. Ciò garantisce che le emissioni vengano ridotte nel modo economicamente più conveniente. Per concludere, è utile specificare che l’EU ETS copre vari gas serra, tra cui l’anidride carbonica (CO2) prodotta da vari settori, l’ossido di azoto (N2O) e i perfluorocarburi (PFC) derivanti da specifiche produzioni industriali.