La strada verso la sostenibilità è in salita, l’Italia in affanno

Come si posizione l'Italia nella classifica degli obiettivi di sviluppo sostenibile e quali sono le sfide socio-economiche che deve superare

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Alessandro Mariani

Giornalista green

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

L’Italia si trova al 23° posto tra i Paesi membri dell’Unione Europea per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite. La performance del Paese è deludente in ambito economico, occupando posizioni basse in categorie come l’occupazione e la crescita economica, l’industria e l’innovazione, e la parità di genere.

Nonostante ciò, l’Italia presenta alcune eccellenze, come il secondo posto in Europa per la sconfitta della fame, il terzo per la salute e il benessere, e il quarto per il consumo e la produzione responsabili. Questi dati emergono dalla classifica dell’Amundi Sustainable Future Indicator, inclusa nello studio condotto dall’Advisory Board Amundi Italia e da The European House – Ambrosetti sulle implementazioni e gli impatti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Next Generation EU.

La classifica dell’Amundi Sustainable Future Indicator

La classifica dell’Amundi Sustainable Future Indicator raggruppa i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile in tre macro-pilastri: ambiente, società ed economia. Al primo posto si conferma la Svezia, seguita dai Paesi Bassi e dalla Danimarca. Le variazioni rispetto all’anno precedente sono contenute, ma alcuni Paesi hanno registrato cambiamenti significativi, come il Lussemburgo, il Portogallo, l’Estonia e l’Irlanda.

La mappa dell’Europa riporta una situazione a più velocità, con i Paesi nordici in testa grazie al loro ben sviluppato welfare e alle ottime performance ambientali. L’Italia si posiziona nel gruppo inferiore, precedendo solo Malta, Grecia, Romania e Bulgaria.

Le disuguaglianze sociali in Italia

Uno dei principali problemi affrontati dall’Italia è l’aumento delle disuguaglianze sociali. Nel corso degli ultimi quarant’anni, il divario tra le fasce di reddito si è ampliato a un ritmo più accelerato rispetto ad altri paesi. La mobilità sociale nel paese si è bloccata, e la disuguaglianza è significativamente aumentata. Le famiglie con redditi più alti risparmiano di più e investono in attività con ritorni superiori, mentre le famiglie più povere ne risentono. Secondo gli analisti, il PNRR, rivisto negli ultimi mesi dal Governo, può contribuire a promuovere l’inclusione sociale e affrontare queste sfide.

L’analisi relativa all’Italia evidenzia diverse criticità. Nel 2022, circa una persona su quattro è a rischio povertà o esclusione sociale, corrispondenti a 14,7 milioni di individui. Le famiglie in povertà assoluta, con redditi mensili inferiori a determinate soglie, sono 1,9 milioni, coinvolgendo 5,6 milioni di persone.
Aggiungendo alle problematiche il basso tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro, con un divario di occupazione di genere pari al 19,7%, l’Italia affronta ulteriori sfide socioeconomiche. Il tasso di occupazione per gli uomini, inferiore alla media europea di 5,3 punti percentuali, e l’elevato tasso di disoccupazione a lungo termine, superato solo dalla Grecia e dalla Spagna, mettono in luce la complessità del mercato del lavoro italiano.

Il superbonus come punto di svolta positivo

Tuttavia, tra le sfide poste dal Next Generation EU, il superbonus, che presenta novità inserite negli ultimi mesi, rappresenta un punto di svolta positivo per l’Italia. Questo strumento di politica economica, che ha beneficiato di ingenti finanziamenti pubblici pari a circa 75 miliardi di euro, ha avuto un impatto significativo sulla ripresa del settore delle costruzioni, contribuendo alla crescita economica post-pandemica. Fin dalla sua introduzione nel luglio 2020, il superbonus ha generato investimenti per un valore di 68,5 miliardi di euro, con un effetto moltiplicatore di 2,4 nel settore delle costruzioni.

Secondo le stime di The European House – Ambrosetti, senza il superbonus, la crescita del PIL italiano nel 2022 sarebbe stata inferiore di 1,3 punti percentuali rispetto a quella effettivamente registrata. Inoltre, l’utilizzo del superbonus ha contribuito a migliorare l’efficienza energetica degli edifici, riducendo i consumi elettrici del paese e le emissioni di CO2. Secondo gli esperti, se i fondi del superbonus fossero stati destinati alle energie rinnovabili, la produzione di energia pulita in Italia sarebbe potuta quasi triplicare, portando al 65% la percentuale di elettricità prodotta da fonti rinnovabili.

Le difficoltà del sistema pubblico nella transizione verde

Tuttavia, il caso del superbonus evidenzia anche le difficoltà del sistema pubblico nel pianificare e attuare investimenti per la transizione verde. Nonostante il successo del superbonus, il sistema italiano ha mostrato lacune nella sua capacità di identificare e attuare progetti e politiche per la sostenibilità. Questa sfida richiede un impegno continuo da parte delle istituzioni per migliorare la pianificazione e l’esecuzione di investimenti sostenibili, al fine di affrontare le emergenze ambientali ed economiche.

l’Italia si trova a un punto di svolta nella sua corsa verso la sostenibilità. Nonostante le difficoltà socioeconomiche e le sfide ancora da affrontare, il paese ha dimostrato progressi con il raggiungimento di alcuni obiettivi di sviluppo sostenibile e l’implementazione di politiche come il superbonus. Tuttavia, è necessario un impegno continuo per migliorare la posizione del paese nella classifica europea e globale, affrontando le disuguaglianze sociali.