In Puglia pannelli al posto degli ulivi, è il paradosso della transizione green

Il progetto fotovoltaico a Bitonto sostituisce 1600 ulivi e solleva dubbi sulla sostenibilità reale della transizione energetica se non pianificata con attenzione al territorio

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Pubblicato: 23 Maggio 2025 07:00

Nelle campagne di Bitonto, in provincia di Bari, sta sorgendo un nuovo parco fotovoltaico da 12.000 megawatt. Per far spazio all’impianto, promosso dal gruppo francese Gdr Solare, sono stati espiantati 1600 ulivi. La società assicura che gli alberi non erano monumentali e che verranno reimpiantati 2400 esemplari resistenti alla Xylella. La notizia ha comunque sollevato un’ondata di critiche da parte del mondo agricolo, delle istituzioni locali e della cittadinanza.

Perché una scelta apparentemente “green” genera così tanto dissenso? La risposta è nella tensione, sempre più evidente, tra la necessità di accelerare la transizione energetica e quella di tutelare il paesaggio, la biodiversità e le comunità locali. Un paradosso già emerso in altri casi, come il Tyrrhenian Link, che sebbene sia un progetto strategico per la decarbonizzazione, pone interrogativi sulla sua reale sostenibilità ambientale e sociale. Perché un’infrastruttura può essere green, ma non per questo “giusta” nel modo in cui viene realizzata.

Pannelli al posto degli ulivi: cosa sta succedendo

Il progetto, autorizzato nel giugno 2023, sarà collegato alla rete nazionale entro poche settimane. Gdr Solare difende la propria operazione definendola un “intervento di riqualificazione” su un terreno ex industriale e abbandonato. Secondo l’azienda, il processo autorizzativo ha coinvolto gli enti pubblici per oltre tre anni, nel pieno rispetto della normativa regionale.

Ma il nodo non è solo tecnico, è anche culturale e politico. Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha dichiarato di non essere mai stato messo nelle condizioni di valutare la scelta dal punto di vista politico. “Che senso ha sacrificare un patrimonio come gli ulivi per un campo di pannelli?”, ha chiesto pubblicamente, parlando di un progetto portato avanti con un blitz.

Anche il mondo agricolo si è mobilitato. La Cia Puglia ha parlato di “aggressione al territorio” e ha chiesto la revisione degli strumenti urbanistici, con un appello al Comune affinché vieti l’installazione di impianti in zone di pregio agricolo.

Land grabbing verde? Il nodo degli spazi

Il caso di Bitonto non è isolato. In diverse aree d’Italia, come Sicilia, Sardegna e Lazio, si moltiplicano i conflitti tra la logica industriale della produzione rinnovabile e la salvaguardia del paesaggio rurale. È il fenomeno del cosiddetto green grabbing: l’appropriazione di territori agricoli o naturali per scopi dichiaratamente “ecologici”, ma con effetti ambientali e sociali devastanti.

Come abbiamo già scritto nel caso del Tyrrhenian Link, un progetto può essere sostenibile sul piano energetico, ma non per questo compatibile con l’ambiente che lo ospita. L’innovazione, per essere vera transizione, non può cancellare paesaggi, memoria e agricoltura. Anche in Puglia, infatti, il prezzo dell’energia pulita rischia di essere pagato in biodiversità.

A esprimere con forza questa contraddizione è Gennaro Sicolo, vicepresidente nazionale e presidente regionale di Cia-Agricoltori Italiani di Puglia:

Nella terra dell’olio si fa scempio degli ulivi e, con l’autorizzazione della Regione Puglia e col placito assenso del Comune di Bitonto, gli oliveti secolari e ben 1950 alberi di olivo vengono espiantati, sradicati. […] Gli espianti sono iniziati e vi assicuro che non è uno spettacolo piacevole: olivi secolari vengono disastrati, sembra il luogo in cui è accaduto un disastro naturale, e invece questo disastro è tutta opera dell’uomo e della politica.

Rinnovabili sì, ma con regole chiare

Criticare questo modello non significa essere contrari alla transizione ecologica. Al contrario, significa chiedere che sia fatta bene. Oggi esistono soluzioni che permettono di produrre energia senza consumare territorio agricolo:

  • l’agrovoltaico intelligente, che integra produzione agricola e fotovoltaica senza escludere né l’una né l’altra;
  • l’uso prioritario di tetti, capannoni, zone industriali dismesse e aree marginali;
  • le comunità energetiche rurali, che generano energia in modo condiviso e locale, senza sacrifici paesaggistici;
  • strumenti urbanistici che mappano in modo chiaro le aree dove installare gli impianti, evitando progetti a sorpresa.

È urgente, insomma, una governance della transizione, che coinvolga cittadini, enti locali e agricoltori fin dalle fasi di progettazione. Perché la decarbonizzazione non può diventare una nuova forma di consumo del suolo.