Green Deal Europeo, a che punto è l’Italia?

Gli obiettivi per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 sono molto ambiziosi e l'Italia è ancora lontana dal raggiungere una crescita sostenibile

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

L’emergenza climatica è un tema che sta diventando sempre più urgente e pressante. I recenti eventi meteorologici estremi, come incendi boschivi, trombe d’aria, alluvioni e caldo insopportabile, hanno causato danni incalcolabili per città e paesaggi naturali, oltre alla tragica perdita di vite umane.

A fronte di questi eventi, l’Unione Europea (UE) ha intensificato i suoi sforzi per contrastare il cambiamento climatico. Nel 2021, il Parlamento europeo ha approvato la Legge europea sul clima, che innalza l’obiettivo di riduzione delle emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e rende giuridicamente vincolante la neutralità climatica entro il 2050.

Questi obiettivi ambiziosi hanno suscitato accesi dibattiti politici in tutto il continente. I temi della conservazione della natura e dell’abbattimento delle emissioni, cioè del Green Deal Europeo, stanno piano piano riuscendo a travalicare i contesti nazionali per dare vita a un dibattito davvero paneuropeo.

Il cruciale voto del Parlamento europeo per il ripristino della natura

Il 12 luglio è stata un’esemplificazione straordinaria di quanto detto sopra, grazie al voto del Parlamento europeo sulla fondamentale legge per il ripristino della natura – una delle pietre miliari del Green Deal europeo. La proposta avanzata dalla Commissione europea mirava a introdurre entro il 2030 misure di recupero degli ecosistemi che coinvolgessero almeno il 20% di tutte le aree terrestri e marine dell’Unione. Gli eurodeputati erano chiamati a ratificare la posizione dell’aula, che avrebbe guidato i negoziati con il Consiglio dell’UE, ovvero gli Stati membri, in vista dell’adozione definitiva della normativa.

L’esito di questa votazione ha oscillato fino all’ultimo istante a causa di una vigorosa campagna condotta dal Partito Popolare Europeo (PPE), guidato dal leader tedesco Manfred Weber, che si opponeva fermamente alla proposta. Questo sforzo mirava a mettere alla prova la solidità di una nuova alleanza tra il centrodestra e la destra, rappresentata dai Conservatori e Riformisti Europei (ECR, European Conservatives and Reformists party) – un gruppo che include anche Fratelli d’Italia – in vista delle elezioni europee dell’anno seguente.

Il conteggio dei voti, con 336 a favore, 300 contrari e 13 astensioni, ha rappresentato una sconfitta significativa per il PPE e in particolare per Weber. Quest’ultimo non ha mai completamente accettato il fatto che Ursula von der Leyen, sua connazionale, abbia assunto la presidenza della Commissione UE al suo posto, nonostante egli fosse il candidato ufficiale dei popolari.

Elezioni europee all’orizzonte: Il Green Deal al centro del palcoscenico politico

La decisione del Partito Popolare Europeo (PPE) di non appoggiare la legge per il ripristino della natura è stata determinata anche dall’obiettivo di guadagnare il sostegno degli agricoltori europei, che storicamente costituiscono una base elettorale per l’estrema destra e sono tra i più critici riguardo alle nuove normative ambientali dell’Unione Europea. Il Green Deal, senza dubbio, si prospetta come uno dei temi centrali della campagna elettorale per le prossime elezioni europee.

Tuttavia, sarà anche un argomento sotto la lente d’ingrandimento nel giudicare i cinque anni di mandato della Commissione von der Leyen. Quest’ultima ha ottenuto il sostegno del gruppo socialista con l’impegno di promuovere un piano climatico ambizioso per favorire la transizione ecologica ed energetica.

Un anno cruciale: Il Green Deal Europeo e il cammino da percorrere

A meno di un anno dalle elezioni europee, sorge spontanea una domanda: in che fase si trova l’attuazione del Green Deal? Presentare un resoconto dettagliato sarebbe un’impresa di notevole complessità e lunghezza. Il Green Deal è infatti costituito da numerosi provvedimenti, più o meno tecnici, che interessano praticamente tutti i settori dell’economia europea: dall’energia all’edilizia, dall’agricoltura all’industria.

Gli obiettivi chiave del Green Deal rimangono ambiziosi: rendere l’Europa il primo continente a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) e piantare 3 miliardi di nuovi alberi nell’Unione entro il 2030. Questi traguardi sono il cuore di un impegno complesso e vasto che coinvolge l’intera comunità europea.

Mentre il cammino da percorrere è ancora lungo e sfidante, l’attenzione rivolta al Green Deal continua a crescere, con il suo impatto che si riflette non solo nell’ambito ambientale, ma anche nella sfera politica ed economica.

Verso un futuro ecologico

Molti dei passi fondamentali per realizzare tali ambiziosi traguardi sono già stati confermati definitivamente. Ad esempio, la Legge sul Clima, che trasforma l’impegno di riduzione delle emissioni di gas serra in un obbligo vincolante per l’Unione Europea, è stata attiva dal 2021.

Il Fit for 55, il pacchetto normativo cruciale per raggiungere la significativa riduzione delle emissioni del 55%, è stato in gran parte approvato. A partire da aprile, sono state adottate diverse parti essenziali. La revisione del sistema di scambio di quote di emissione (ETS, Emissions Trading Scheme) ha ufficialmente esteso la sua portata ai trasporti marittimi, agli edifici e al trasporto su strada. Nello stesso mese, sono state stabilite le norme per istituire un fondo sociale per il clima, mirato a sostenere famiglie e microimprese che rischiano di sopportare costi eccessivi a causa della transizione ecologica. Sempre ad aprile è stato formalizzato il nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM, Carbon Border Adjustment Mechanism), che comporta una sorta di tassa per le imprese straniere più inquinanti che intendono esportare merci nel Mercato Unico Europeo.

Infine, il provvedimento che ha fatto maggiormente scalpore, anche in Italia, è stato adottato a marzo: il divieto di vendere furgoni e automobili nuove con motori a combustione interna a partire dal 2035. Questo passo rappresenta un passaggio significativo verso un futuro a basse emissioni e un’Europa maggiormente sostenibile.

L’Italia e le Sfide dell’Energia Pulita: Obiettivi ed Evoluzione

L’Italia ha registrato una riduzione del 32% delle emissioni di gas serra nel 2020 rispetto al 1990, e del 25% rispetto al 2019. Tuttavia, come si posiziona rispetto agli obiettivi prestabiliti? Le sfide sono numerose e coinvolgono il settore delle energie rinnovabili.

Per quanto concerne le energie rinnovabili, l’Italia ha l’obiettivo di raggiungere, entro il 2030, una quota del 45% di energie rinnovabili rispetto al totale dei consumi finali. Attualmente, questa quota è del 19%, secondo dati di Eurostat. Seppur superiore di 6 punti percentuali rispetto al 2010, è ancora leggermente al di sotto della media europea di quasi il 22%.

Inoltre, l’Italia si trova di fronte alle sfide di aumentare la potenza degli impianti solari ed eolici. Anche se l’obiettivo ufficiale non è stato esplicitamente formulato, si mira a raggiungere una potenza eolica di 476 GW e una potenza solare di 600 GW entro il 2030.

Nel 2021, l’Europa aveva raggiunto 186,3 GW di potenza eolica e 110,7 GW di potenza solare. L’Italia aveva contribuito rispettivamente con 11,3 GW eolici e 7,7 GW solari. Nel corso del periodo tra il 2010 e il 2021, la potenza eolica italiana è cresciuta di circa 3 GW, mentre la potenza solare è diminuita, passando da 16,8 GW nel 2010 a 7,7 GW nel 2021 (soprattutto rispetto al picco del 2020, quando aveva raggiunto i 21,7 GW). Le sfide per aumentare la capacità di produzione di energia pulita restano cruciali per l’Italia.

L’Italia proiettata verso un futuro a basse emissioni

Nel settore dei trasporti, tra i principali colpevoli dell’inquinamento atmosferico, l’obiettivo è ambizioso: dimezzare le emissioni rispetto ai livelli del 2021. Questo rappresenta l’ultimo traguardo stabilito dalla commissione nel 2022, con l’ulteriore proposito di azzerare completamente le emissioni entro il 2035. Una delle vie per conseguire questa drastica riduzione è la promozione dell’utilizzo dei mezzi pubblici e la diffusione di veicoli a basse emissioni.

Sebbene le auto a basse emissioni rappresentino un passo importante verso la sostenibilità, presentano sfide sia a livello ambientale (come la produzione e lo smaltimento delle batterie al litio) che infrastrutturale. La mancanza di una diffusa rete di colonnine di ricarica è uno dei problemi evidenziati in un recente approfondimento.

L’espansione dei veicoli a basse emissioni e l’eliminazione completa di quelli inquinanti sembrano inevitabili nella transizione ecologica. Tuttavia, l‘Italia ha ancora un lungo percorso da affrontare in questa direzione.

Secondo l’ultimo aggiornamento dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) riguardo agli ambienti urbani, la diffusione dei veicoli a basse emissioni è ancora minoritaria nei comuni capoluogo e nelle città metropolitane rispetto alle auto a maggiore impatto inquinante. Questa quota, tuttavia, è aumentata rispetto a cinque anni fa, quando era all’8,9%. Le disparità geografiche sono evidenti: nel nord-est d’Italia, la quota sfiora il 19%, mentre nelle isole non supera il 7%. L’Italia si trova dunque di fronte alla sfida di accelerare l’adozione di veicoli a basse emissioni, soprattutto nelle regioni con adesione ancora più limitata.