È iniziata la progettazione ingegneristica della prima centrale dimostrativa a fusione, denominata DEMO (Demonstration Fusion Power Reactor), che si pone l’obiettivo di produrre, intorno alla metà del secolo e in modo sicuro e sostenibile, 300-500 MW di energia elettrica, in grado di soddisfare i consumi annuali di circa 1,5 milioni di famiglie. Lo ha annunciato a Bruxelles il Consorzio EUROfusion – di cui fanno parte 21 organizzazioni italiane coordinate da ENEA, tra cui l’Istituto per la scienza e tecnologia dei plasmi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istp) e il Consorzio RFX – in occasione della conferenza di lancio di Horizon EUROfusion, il nuovo programma europeo di ricerca sulla fusione cofinanziato dalla Commissione europea tramite Euratom.
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La fusione termonucleare
Nel Sole e nelle stelle, il processo di fusione dei nuclei di idrogeno produce elio e libera energia, il cui irraggiamento consente la vita sulla Terra. Scienziati di tutto il mondo stanno lavorando per replicare reazioni analoghe con isotopi di idrogeno, che fondendosi rilasciano un’enorme quantità di energia. Lo scopo della ricerca è realizzare impianti nucleari a fusione per la produzione di energia elettrica su larga scala, sicura, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente. In termini di resa, a parità di quantità, la fusione genererà circa 4 milioni di volte più energia rispetto a quella prodotta bruciando carbone, petrolio o gas.
Lo studio della fusione nucleare
I reattori a fusione nucleare mirano a riprodurre il processo che avviene nel sole fondendo gli atomi di idrogeno per creare elio, che rilascia energia sotto forma di calore. Questo processo ha il potenziale per produrre un’energia sicura, pulita e quasi inesauribile.
Un primo passo verso questa nuova fonte di energia è già stato fatto, infatti, alla fine del 2021, presso la struttura di ricerca Joint European Torus (JET) nell’Oxfordshire, nel Regno Unito, in una gigantesca macchina a forma di ciambella chiamata tokamak, è stato svolto il primo esperimento di fusione nucleare.
All’interno della macchina si generano gas surriscaldati, chiamati plasmi, in cui avvengono le reazioni di fusione, contenenti particelle cariche tenute in posizione da potenti campi magnetici. Questi plasmi possono raggiungere temperature di 150 milioni di gradi Celsius, ovvero circa 10 volte più calde del nucleo del Sole.
In un’esplosione prolungata di cinque secondi, i ricercatori del consorzio EUROfusion hanno rilasciato un’energia di fusione da record, pari a 59 megajoule (MJ). Si tratta di un risultato quasi tre volte superiore rispetto al precedente record di 21,7 MJ, stabilito nello stesso impianto nel 1997. Il risultato è stato definito come la più grande prova concreta del potenziale della fusione nucleare nel fornire energia sicura, sostenibile e a basse emissioni di CO2.
Un importante punto di partenza
I risultati ottenuti al JET rappresentano un’importante base da cui partire, ha sottolineato il professor Tony Donné, responsabile del programma del progetto EUROfusion, un importante consorzio di 4.800 esperti, studenti e strutture in tutta Europa.
Se l’energia generata al JET è durata solo pochi secondi, l’obiettivo è quello di prolungare la reazione in modo da produrre energia in modo continuativo.
I risultati sono stati il culmine di anni di preparazione e il Prof. Donné ha spiegato che uno degli sviluppi chiave dal 1997 ha riguardato la modifica della parete interna del contenitore JET.
In precedenza, la parete era fatta di carbonio, che però si è rivelato troppo reattivo con la miscela di combustibile composta da deuterio e trizio, due isotopi più pesanti dell’idrogeno utilizzati nella reazione di fusione.
Nella ricostruzione, che ha coinvolto 16.000 componenti e 4.000 tonnellate di metallo, il carbonio è stato sostituito con berillio e tungsteno per ridurre la ritenzione di trizio. Questo lavoro ha permesso di ottenere i risultati sopra citati.
La fase sperimentale
Attualmente, nel sud della Francia, a Cadarache, è in costruzione ITER, l’impianto sperimentale la cui realizzazione vede la collaborazione di 35 nazioni, comprese quelle dell’UE. L’impianto ha lo scopo di consolidare ulteriormente il concetto di fusione. Si tratta di una delle macchine più complicate che sono mai state create e dovrebbe iniziare a generare il primo plasma nel 2025, per poi entrare a pieno regime intorno al 2035.
Il progetto DEMO
Il reattore dimostrativo DEMO sarà il successore dell’impianto sperimentale ITER. Si tratta di un passo importante che traghetterà la ricerca sulla fusione da un ambito puramente sperimentale alla produzione vera e propria di energia elettrica. Per farlo DEMO dovrà adottare le più avanzate tecnologie per “controllare” il plasma e generare elettricità in modo sicuro e continuo operando con un ciclo del combustibile chiuso.
Per renderlo possibile, il Gruppo ENEA testerà nuove e diverse configurazioni e materiali per il divertore, il dispositivo che avrà il compito di smaltire il calore residuo all’interno dei reattori a fusione con flussi di potenza superiori a 10 milioni di Watt per metro quadrato, confrontabili a quelli della superficie del Sole.