La transizione energetica sta vivendo un paradosso affascinante. Da una parte, gli investimenti nelle energie rinnovabili continuano a crescere a livello globale, alimentati dalla consapevolezza dell’urgenza climatica e dalla spinta verso un futuro più sostenibile. Dall’altra, però, la domanda di combustibili fossili non mostra segni di rallentamento; anzi, in alcuni casi, continua addirittura a crescere.
La rivoluzione elettrica è in atto: un futuro a zero emissioni sempre più vicino
Analizzando più da vicino le previsioni della Iea per il 2030, emergono prospettive che delineano un cambiamento radicale nel panorama energetico globale. Si prevede infatti che entro il 2030, il numero di auto elettriche in circolazione sarà quasi decuplicato rispetto a oggi, segnalando un crescente abbandono dei veicoli a combustione interna. Negli Stati Uniti, in particolare, si stima che il 50% delle nuove immatricolazioni sarà costituito da veicoli elettrici già nel 2030, a dimostrazione del rapido avanzamento verso la mobilità sostenibile.
In parallelo, anche la produzione di energia da fonti rinnovabili vedrà un incremento notevole. Si prevede che il fotovoltaico sarà in grado di generare più elettricità di quanta ne venga prodotta attualmente in tutti gli Stati Uniti, indicando un boom senza precedenti di questa tecnologia.
Anche l’Europa si conferma in prima linea in questa transizione energetica. Già nei primi sei mesi di quest’anno, le energie rinnovabili hanno superato i combustibili fossili nella produzione di elettricità. In particolare, l’eolico e il solare hanno ottenuto una vittoria significativa su carbone, petrolio e gas. Il fotovoltaico, da solo, ha superato il carbone come fonte di energia, un traguardo raggiunto già a partire dal 2022, come recentemente rivelato da Eurostat.
Questi dati mostrano chiaramente che, sebbene la transizione energetica sia ancora in corso, i progressi fatti negli ultimi anni sono significativi e indicano una direzione irreversibile verso un futuro dominato dalle energie rinnovabili e dalla mobilità elettrica.
La Cina guida la rivoluzione verde, obiettivi ambiziosi raggiunti in anticipo
Guardando alla Cina, il Paese leader nelle energie verdi a livello globale, emerge un quadro impressionante di crescita e ambizione. Il presidente Xi Jinping aveva annunciato nel 2020 un obiettivo ambizioso: realizzare 1.300 gigawatt di nuova potenza installata tra eolico e solare entro il 2030. Tuttavia, questo traguardo potrebbe essere raggiunto già alla fine di quest’anno, anticipando di diversi anni le previsioni iniziali.
Se ciò dovesse accadere, già nel 2024 la capacità installata delle energie rinnovabili in Cina potrebbe superare quella delle centrali a carbone, segnando un punto di svolta storico nella transizione energetica del Paese. In termini di potenza, il fotovoltaico e l’eolico sono destinati a rappresentare il 40% della capacità installata in Cina nel corso di quest’anno. In particolare, si prevede che l’eolico raggiungerà una potenza di 530 GW, mentre il fotovoltaico si attesterà a 780 GW.
Parallelamente, il carbone, che pur continuerà a crescere, vedrà la sua quota di copertura del parco elettrico cinese scendere al 37%, in calo rispetto al 40% del 2023. Questo calo, seppur moderato, segnala una diminuzione graduale della dipendenza della Cina dalle fonti fossili, a favore di una rapida espansione delle energie rinnovabili.
Questi sviluppi non solo consolidano il ruolo della Cina come pioniere nella transizione energetica, ma dimostrano anche come il Paese stia accelerando verso un futuro in cui le energie pulite avranno un ruolo sempre più predominante nel soddisfare la domanda energetica.
L’Italia e la transizione energetica: fuori dalla top 10 dei paesi europei
L’Italia si trova al 15° posto e, pertanto, è fuori dalla top 10 dei paesi europei che producono e utilizzano energia rinnovabile. Questo posizionamento riflette una serie di difficoltà interne, tra cui una mancanza di semplificazione burocratica che penalizza lo sviluppo del settore.
Secondo una recente ricerca condotta da Aceper (Associazione dei Consumatori e Produttori di Energie Rinnovabili), l’Italia non riesce a inserirsi tra i 10 paesi europei che facilitano maggiormente l’investimento e la produzione di energia verde. Aceper rappresenta oltre 10.000 impianti di produzione di energia rinnovabile, con una potenza installata complessiva superiore ai 2 GWp. La classifica dei paesi è basata sulla loro normativa e facilità di investimento nel settore delle rinnovabili.
In testa alla classifica troviamo i paesi del Nord Europa, con la Norvegia che detiene il primato grazie alla sua intensa produzione di energia idroelettrica. Attualmente, il 98 % dell’energia necessaria al paese proviene da fonti rinnovabili. Seguono:
- Svizzera, al secondo posto con 62 % di energia rinnovabile
- Svezia, al terzo posto con 53,9 %, grazie a incentivi fiscali per l’energia solare e procedure accelerate per piccoli impianti
- Danimarca, quarta con 47 %, nota per il suo avanzato settore eolico
- Regno Unito, quinto con 43 %
Nella seconda metà della graduatoria, i paesi nordici continuano a dominare:
- Finlandia al quinto posto con 38,7 %
- Lettonia al sesto con 37,2 %
- Austria al settimo con 33 %, grazie ai numerosi impianti solari
- Francia, ottava con 24 %, sostenuta dalla produzione di energia nucleare e idroelettrica
- Lussemburgo, nono con 13 %, chiude la top 10
L’Italia non manca di potenziale per la produzione di energia rinnovabile. Come sottolineato da Veronica Pitea, Presidente di Aceper, il paese dispone di risorse naturali abbondanti: acqua, vento e sole. Tuttavia, la complessità burocratica è un ostacolo significativo. Pitea ha osservato che, mentre la Francia regolamenta l’energia rinnovabile con circa 7-8 mila leggi, l’Italia ne ha 100.000. Questo numero elevato di regolamenti rende complicati e onerosi i processi di semplificazione necessari per incentivare ulteriormente le energie rinnovabili.
In sintesi, l’Italia possiede tutti gli elementi necessari per eccellere nel settore delle energie rinnovabili, ma deve affrontare una burocrazia complessa che frena il suo potenziale di crescita e innovazione.
La sfida della transizione energetica: rinnovabili in crescita, frenano le fossili
Il nodo cruciale della transizione energetica è questo: mentre la crescita delle energie rinnovabili continua a ritmo sostenuto, i combustibili fossili stanno rallentando in modo ancora troppo lento. Questo problema è stato evidenziato in uno degli ultimi rapporti delle Nazioni Unite, redatto dall’UN Environment Programme.
Secondo questo rapporto, nei 150 Paesi che hanno assunto impegni per contenere il cambiamento climatico, la produzione di combustibili fossili entro il 2030 sarà:
- 110% superiore rispetto a quanto sarebbe compatibile con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5° C
- 69% superiore rispetto a quanto sarebbe compatibile con un aumento massimo della temperatura di 2°C
Questo scenario preoccupante si presenta nonostante i 151 governi che hanno promesso di raggiungere l’obiettivo di emissioni nette pari a zero. Le previsioni più recenti suggeriscono che la domanda globale di carbone, petrolio e gas raggiungerà il picco in questo decennio, anche senza l’adozione di nuove politiche. Tuttavia, l’organizzazione delle Nazioni Unite è più pessimista rispetto all’Agenzia Internazionale dell’Energia.
Secondo l’Onu, senza ulteriori interventi, i piani governativi attuali potrebbero portare a:
- Un aumento della produzione globale di carbone fino al 2030
- Un incremento della produzione di petrolio e gas almeno fino al 2050
Questi dati sottolineano una dissonanza preoccupante tra l’impegno globale per la sostenibilità e la realtà della continua dipendenza dai combustibili fossili. Mentre le rinnovabili avanzano, la sfida più grande rimane quella di accelerare la riduzione della produzione di energie fossili, per evitare che gli obiettivi climatici più critici vengano disattesi.
La sfida della transizione: superare le incertezze tecnologiche e accelerare il cambiamento
Il rapporto dell’UN Environment Programme solleva dubbi significativi riguardo l’affidabilità di alcune tecnologie emergenti, in particolare quelle legate alla cattura, stoccaggio e riutilizzo dell’anidride carbonica (CCUS). L’ente esprime un certo scetticismo su queste tecnologie, definendole ancora “incerte” e suggerisce che i governi dovrebbero adottare un approccio più deciso nella loro strategia di transizione energetica.
L’Unep propone ai governi, specialmente a quelli che hanno abbracciato la transizione verso un’economia verde, di concentrare i loro sforzi su obiettivi più ambiziosi e concreti:
- Eliminazione quasi totale del carbone entro il 2040, sia in termini di produzione che di utilizzo.
- Riduzione combinata della produzione e dell’uso di petrolio e gas di circa tre quarti entro il 2050, rispetto ai livelli del 2020.
Ma come dovrebbe avvenire questo cambiamento? Non vi è dubbio che le energie rinnovabili rappresentino il futuro dell’energia globale, e persino i Ceo delle grandi aziende petrolifere (Big Oil) lo riconoscono, almeno pubblicamente. Tuttavia, il problema principale da affrontare è un altro: la crescita delle rinnovabili non è ancora sufficientemente rapida per raggiungere gli ambiziosi obiettivi fissati dall’Europa, dagli Stati Uniti e dal mondo occidentale in generale, per il 2030 e il 2050. Questo ritardo è particolarmente preoccupante se consideriamo che Cina e India arriveranno a questi traguardi con un ritardo di circa dieci anni.
In sintesi, la sfida non è solo accelerare la crescita delle energie rinnovabili, ma farlo in modo sufficientemente rapido da evitare il fallimento degli obiettivi climatici globali, assicurando che il piano inclinato dell’energia si sposti decisamente e irrevocabilmente verso un futuro sostenibile.