Cambiamento climatico, il ghiacciaio del Monte Bianco ha perso 300 metri di spessore in 174 anni

Carovana dei Ghiacciai 2024, nella prima tappa al Mer de Glace sul Monte Bianco arriva un segnala di allarme per l'aumento delle temperature e dello zero termico

Foto di Matteo Paolini

Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Il Monte Bianco, maestosa vetta delle Alpi e punto più alto dell’Europa occidentale, sta subendo una trasformazione inquietante. Negli ultimi 174 anni, il ghiacciaio Mer de Glace, uno dei più vasti della regione, ha perso 300 metri di spessore. Questo colossale “mare di ghiaccio”, che un tempo dominava il paesaggio alpino, sta diventando sempre meno profondo, un fenomeno che ha visto un’accelerazione drammatica negli ultimi decenni. A partire dagli anni ’90, il ghiacciaio ha registrato una riduzione impressionante di ben 190 metri. E la situazione continua a peggiorare: solo negli ultimi due anni, dal 2022 al 2023, si è registrata una perdita ulteriore di 30 metri di spessore.

Questi dati allarmanti provengono dalla campagna “Carovana dei Ghiacciai 2024“, promossa da Legambiente in collaborazione con Cipra Italia e con il supporto scientifico del Comitato Glaciologico Italiano. La campagna, giunta alla sua quinta edizione, ha lo scopo di monitorare lo stato di salute dei ghiacciai alpini non solo in Italia, ma anche oltre i confini nazionali. Quest’anno, la prima tappa si è svolta in Francia, proprio ai piedi del Monte Bianco, il “tetto d’Europa”.

Sostenuta da partner come FRoSTA, Sammontana, Fpz, con il contributo tecnico di Ephoto e il supporto dei media partner La Nuova Ecologia e L’Altra Montagna, la “Carovana dei Ghiacciai” rappresenta un’iniziativa cruciale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla drammatica riduzione dei ghiacciai alpini. Il costante ritiro di Mer de Glace è un indicatore preoccupante degli effetti del cambiamento climatico sulle nostre montagne, un richiamo urgente all’azione per preservare questi preziosi ecosistemi per le future generazioni.

Il drammatico arretramento del Mer de Glace e l’instabilità crescente delle Alpi

Il monitoraggio dei ghiacciai alpini non poteva che iniziare simbolicamente dal Mer de Glace, un gigante di ghiaccio che ha subito un drammatico ritiro negli ultimi decenni. Dal 1850 ad oggi, il fronte del ghiacciaio si è ritirato di oltre 2,7 chilometri, una distanza che mette in luce l’entità del cambiamento climatico in atto. Oggi, la superficie del Mer de Glace si è ridotta a meno di 30 chilometri quadrati, pur rimanendo il doppio di quella del ghiacciaio dell’Adamello, il più grande d’Italia.

Il Mer de Glace è caratterizzato da un progressivo aumento di accumuli di frammenti rocciosi sulla sua superficie, un fenomeno causato dalla contrazione del ghiacciaio e dai crescenti crolli di roccia dalle pareti circostanti. Questa situazione ha portato a un’instabilità delle morene e delle pareti rocciose della valle, con ripetuti crolli. Solo tra il 2000 e il 2010 si sono registrati in media 12 crolli all’anno, un numero significativamente superiore rispetto ai cinque crolli annui del periodo 1940-1950.

Gli studi di Deline e Ravanel hanno evidenziato che, dal 1930 ad oggi, l’aumento di 1,7 °C della temperatura ha portato a un recente incremento dei crolli di pareti rocciose nel settore del Monte Bianco. In particolare, nella zona del Drus e delle Aiguilles de Chamonix, più dell’85 % dei crolli avvenuti dalla fine del 1850 sono stati registrati negli ultimi tre decenni, dal 1990 ad oggi. Questo dato sottolinea l’accelerazione del fenomeno negli ultimi anni, mettendo in evidenza l’urgenza di interventi per mitigare gli effetti del cambiamento climatico.

Il ritiro del Mer de Glace e l’aumento dei crolli di roccia rappresentano un campanello d’allarme per la salute dei ghiacciai alpini e per l’ecosistema montano. È fondamentale continuare a monitorare questi fenomeni e promuovere azioni concrete per la conservazione e la protezione delle aree montane, al fine di preservare questi preziosi ambienti per le future generazioni.

Presentazione dei dati sul cambiamento climatico nelle Alpi

I dati relativi al ritiro del ghiacciaio Mer de Glace sono stati presentati il 19 agosto in una conferenza stampa tenutasi a Chamonix. L’evento ha visto la partecipazione di illustri esperti nel campo della glaciologia e della conservazione ambientale, che hanno condiviso le loro analisi e preoccupazioni riguardo allo stato attuale del ghiacciaio.

Tra i relatori, Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia, ha sottolineato l’importanza del monitoraggio continuo dei ghiacciai alpini per comprendere meglio gli effetti del cambiamento climatico. Bonardo ha evidenziato come il ritiro del Mer de Glace sia un chiaro segnale dell’urgenza di adottare misure concrete per la protezione dell’ambiente montano.

Marco Giardino, Vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano (Cgi) e professore all’Università di Torino, ha presentato dati dettagliati sul ritiro del ghiacciaio, mettendo in luce come il fenomeno sia accelerato negli ultimi decenni. Giardino ha spiegato che il Mer de Glace ha perso oltre 2,7 chilometri di lunghezza dalla fine del 1850 e che la sua superficie si è ridotta a meno di 30 chilometri quadrati, pur rimanendo il doppio di quella del ghiacciaio dell’Adamello, il più grande d’Italia.

La conferenza stampa ha messo in luce l’urgenza di continuare a monitorare questi fenomeni e di promuovere azioni concrete per la conservazione e la protezione delle aree montane. Gli esperti hanno concordato sulla necessità di sensibilizzare l’opinione pubblica e i decisori politici sull’importanza di affrontare il cambiamento climatico e di adottare misure per mitigare i suoi effetti devastanti sui ghiacciai alpini.

Il grido di allarme della Mer de Glace: un paesaggio alpino in trasformazione

“Il Mer de Glace è un testimone silenzioso ma potente della trasformazione che sta avvenendo nelle nostre alte montagne,” ha dichiarato Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia. “Questo grande ghiacciaio, con la sua complessità e la varietà di risposte ai cambiamenti climatici, ci racconta di un paesaggio di alta quota che sta mutando radicalmente. Un tempo, queste cime maestose richiamavano turisti da tutto il mondo, affascinati dalla bellezza incontaminata e dalla potenza della natura. Oggi, però, ci troviamo di fronte a una realtà molto diversa, che richiede un ripensamento profondo di come fruire di questi ambienti così delicati”.

Bonardo ha sottolinea che la Mer de Glace non è solo un simbolo della necessità urgente di adottare politiche di mitigazione più incisive per contrastare il riscaldamento globale, ma anche un richiamo all’importanza di sviluppare strategie di adattamento specifiche per le aree di alta quota. “Dobbiamo essere consapevoli,” prosegue Bonardo, “che il cambiamento climatico sta già alterando in modo significativo questi ecosistemi fragili. Di conseguenza, è fondamentale non solo implementare misure per ridurre le emissioni, ma anche elaborare nuove forme di turismo sostenibile, che rispettino e proteggano l’integrità dell’alta montagna”.

Il discorso di Bonardo richiama inoltre l’attenzione sulla necessità di una governance internazionale dedicata alla gestione delle alte quote. “La sfida che abbiamo di fronte non riguarda solo una nazione o una regione,” spiega. “Gli ecosistemi glaciali e le aree montane sono patrimoni comuni che trascendono i confini nazionali, e quindi richiedono una cooperazione globale. Dobbiamo lavorare insieme per sviluppare politiche che non solo tutelino questi ambienti, ma che favoriscano anche un turismo che sia compatibile con la conservazione della biodiversità e la stabilità ecologica delle alte montagne”.

Il Monte Bianco sotto assedio: il riscaldamento climatico moltiplica i crolli rocciosi

La crisi climatica sta avendo effetti devastanti sulle montagne del mondo, e il massiccio del Monte Bianco ne è un esempio allarmante. Secondo gli studi condotti da Philip Deline e Ludovic Ravanel, a partire dal 1930, un incremento di 1,7 °C della temperatura media ha portato a un aumento significativo dei crolli delle pareti rocciose nella regione del Monte Bianco, con conseguenze che stanno ridisegnando il paesaggio alpino.

Nel decennio tra il 2000 e il 2010, si sono registrati in media 12 crolli all’anno, un dato che mostra un incremento preoccupante rispetto ai cinque crolli annui osservati nel periodo 1940-1950. Questo drammatico aumento è particolarmente evidente nelle zone più iconiche del massiccio, come quella del Drus e delle Aiguilles de Chamonix. Qui, il fenomeno dei crolli ha subito un’accelerazione vertiginosa: dall’inizio del periodo post-Piccola Era Glaciale, intorno al 1850, oltre l’85 % dei crolli documentati si sono verificati a partire dagli anni ’90, concentrandosi in appena tre decenni.

Questi dati evidenziano una correlazione diretta tra il riscaldamento globale e l’instabilità delle pareti rocciose, suggerendo che l’aumento delle temperature sta indebolendo le strutture geologiche che da millenni caratterizzano queste montagne. Il disgelo del permafrost, che agisce come un “collante” naturale per le rocce, è uno dei fattori chiave di questo fenomeno. Con l’aumento delle temperature, il permafrost si scioglie, riducendo la coesione delle pareti e favorendo così i crolli.

La situazione nelle aree del Drus e delle Aiguilles de Chamonix è particolarmente preoccupante non solo per l’alta frequenza dei crolli, ma anche per le dimensioni e l’impatto di questi eventi. La perdita di queste formazioni rocciose non solo modifica drasticamente il paesaggio, ma pone anche rischi significativi per le comunità locali, le infrastrutture turistiche e le attività alpinistiche.

Gli studi di Deline e Ravanel rappresentano un monito sull’urgenza di affrontare la crisi climatica con strategie mirate, non solo per mitigare gli effetti del riscaldamento globale, ma anche per sviluppare piani di adattamento che tengano conto delle nuove realtà geologiche e ambientali. L’aumento dei crolli nelle Alpi non è un fenomeno isolato, ma parte di una tendenza globale che potrebbe avere ripercussioni profonde e durature su tutte le regioni montane del pianeta.

Prossime tappe della Carovana dei Ghiacciai 2024: un viaggio di monitoraggio e sensibilizzazione

Dopo la tappa sul Monte Bianco, la Carovana dei Ghiacciai 2024 si prepara a spostarsi in Valle D’Aosta dal 19 al 22 agosto per monitorare lo stato di salute dei ghiacciai della Valpelline. Questa sarà solo una delle numerose tappe di un viaggio che promette di essere ricco di scoperte e riflessioni.

Il programma della Carovana dei Ghiacciai 2024 è ambizioso e di respiro internazionale. Le tappe previste includono:

  • Francia (18-19 agosto): la Carovana inizierà con l’osservazione del ghiacciaio Mer de Glace, uno dei più iconici e studiati ghiacciai delle Alpi.
  • Valle D’Aosta (19-22 agosto): la Carovana si sposterà in Valle D’Aosta per monitorare i ghiacciai della Valpelline, un’area di grande importanza per la biodiversità alpina.
  • Piemonte (22-26 agosto): la tappa successiva sarà in Piemonte, dove l’attenzione si concentrerà sul ghiacciaio Flua, un altro esempio emblematico dei cambiamenti climatici in atto.
  • Lombardia (28-31 agosto): la Carovana si dirigerà poi in Lombardia per osservare il ghiacciaio di Fellarìa, un’area che ha subito significativi cambiamenti negli ultimi decenni.
  • Friuli/Slovenia (31 agosto-5 settembre): la tappa successiva sarà nelle Alpi Giulie, dove la Carovana monitorerà i ghiacciai di questa regione di confine, un esempio di collaborazione internazionale per la tutela dell’ambiente.
  • Veneto (5-9 settembre): l’ultima tappa sarà in Veneto, dove la Carovana osserverà il ghiacciaio della Marmolada, uno dei più grandi e importanti ghiacciai delle Alpi italiane.

Ogni tappa della Carovana dei Ghiacciai 2024 sarà un’occasione per affrontare temi cruciali legati alla crisi climatica e alla tutela dell’ambiente montano. Tra i temi in primo piano ci saranno gli effetti della crisi climatica e degli eventi meteo estremi in montagna, la tutela della biodiversità, le politiche per l’adattamento ai cambiamenti climatici e le buone pratiche di sviluppo sostenibile.

Inoltre, la Carovana presenterà un documentario sull’agonia dei ghiacciai alpini, realizzato appositamente per sensibilizzare l’opinione pubblica sui drammatici cambiamenti che stanno interessando le montagne. Questo documentario sarà un potente strumento di comunicazione per mostrare le conseguenze del riscaldamento globale e l’urgenza di adottare misure concrete per la protezione dell’ambiente.

La Carovana dei Ghiacciai 2024 rappresenta un impegno significativo per la conservazione dei ghiacciai e per la promozione di uno sviluppo sostenibile. Attraverso il monitoraggio, la ricerca scientifica e la sensibilizzazione, la Carovana mira a coinvolgere la comunità internazionale e a promuovere azioni concrete per affrontare la crisi climatica.

In difesa dei giganti bianchi: una firma per i ghiacciai

Con la Carovana dei Ghiacciai 2024, Legambiente lancia un appello urgente a tutti i cittadini per firmare la petizione online “Una firma per i ghiacciai“. Questa iniziativa mira a sollecitare il Governo a intraprendere azioni concrete per la protezione dei ghiacciai e la salvaguardia del nostro ecosistema. La petizione, lanciata a settembre, chiede l’attuazione di sette interventi specifici indicati nel “Manifesto per una governance dei Ghiacciai”.

I ghiacciai sono sentinelle del clima e giocano un ruolo cruciale nell’ecosistema montano. La loro rapida scomparsa, dovuta al riscaldamento globale, rappresenta una minaccia non solo per la biodiversità, ma anche per la sicurezza idrica e la stabilità delle montagne. La Carovana dei Ghiacciai 2024, con le sue numerose tappe in Francia, Valle D’Aosta, Piemonte, Lombardia, Friuli/Slovenia e Veneto, ha lo scopo di monitorare lo stato di salute dei ghiacciai e di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della loro conservazione.

Il “Manifesto per una governance dei Ghiacciai” propone sette interventi chiave che, se attuati, potrebbero fare una differenza significativa nella lotta contro il cambiamento climatico e nella protezione dei ghiacciai. Questi interventi includono:

  1. Monitoraggio continuo: implementare sistemi di monitoraggio avanzati per tenere traccia dei cambiamenti nei ghiacciai e nelle aree montane
  2. Politiche di mitigazione: adottare politiche energetiche e ambientali che riducano le emissioni di gas serra e promuovano l’uso di energie rinnovabili
  3. Strategie di adattamento: sviluppare strategie di adattamento per affrontare gli effetti del cambiamento climatico, come la gestione delle risorse idriche e la protezione delle infrastrutture
  4. Tutela della biodiversità: promuovere la conservazione della biodiversità nelle aree montane, proteggendo gli habitat naturali e le specie a rischio
  5. Educazione e sensibilizzazione: implementare programmi educativi e di sensibilizzazione per informare il pubblico sull’importanza dei ghiacciai e sulle azioni che possono essere intraprese per proteggerli
  6. Collaborazione internazionale: Favorire la cooperazione internazionale per la protezione dei ghiacciai, condividendo conoscenze e risorse tra i paesi
  7. Innovazione tecnologica: investire in tecnologie innovative per il monitoraggio e la protezione dei ghiacciai, come i sistemi di rilevamento remoto e le tecniche di ingegneria glaciale

La petizione “Una firma per i ghiacciai” rappresenta un’opportunità per i cittadini di far sentire la propria voce e di chiedere al Governo di agire con urgenza. Ogni firma è un passo avanti verso la protezione dei nostri preziosi ghiacciai e la salvaguardia del nostro ecosistema. Per firmare la petizione, basta andare sul sito di Legambiente.