Flat tax, aliquote e cashback: come cambia la riforma fiscale

Il Ministero propone la sua ricetta per sbloccare lo stallo della delega fiscale. L'appuntamento è per il 19 aprile in Parlamento. Ecco i punti salienti

Pubblicato: 6 Aprile 2022 18:00

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Oltre che in campo umanitario ed energetico, il conflitto russo-ucraino ha prodotto i suoi effetti anche sull’economia italiana. Il Governo ha infatti ridimensionato le aspettative di crescita e i margini di manovra per gli aiuti a famiglie e imprese. Da qui la modifica del Def, il Documento di economia e finanza, e del testo della legge delega per la riforma del fisco, secondo quanto concordato col Parlamento.

Il pacchetto di modifiche proposte dal Ministero dell’Economia cerca di fare sintesi tra le diverse sensibilità emerse in questi mesi, recependo parte degli emendamenti presentati dai partiti di maggioranza. Si va dalla flat tax al cashback fiscale, da Irap e Iva a due nuove aliquote su redditi da investimenti e affitti. L’obiettivo è sbloccare lo stallo della delega fiscale e trovare una mediazione tra i partiti politici. Il provvedimento dovrebbe approdare in Parlamento il 19 aprile.

Crescita più lenta: di quanto cala il Pil

Per la guerra e la crisi energetica, il Def taglierà le stime del Pil 2022 portandole “un po’ sotto al 3%“, ha riferito la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra. Un netto calo rispetto al 4,7% previsto in precedenza dal Governo. Il ridimensionamento, dovuto alle tensioni geopolitiche e alle conseguenze sui mercati, non scalfisce però l’obiettivo di una diminuzione del debito pubblico. Anche quest’ultimo sarà però inferiore al previsto: non scenderà più al 149,4%, come stimato in precedenza, ma resterà ben al di sopra della soglia del 150%.

Stesso discorso anche per il deficit, che difficilmente potrà scendere sotto il 5,6%, come invece calcolato a settembre 2021. In merito al debito, Guerra ha tuttavia affermato che, visti buoni dati sulle entrate del 2021, l’Esecutivo “pensa di poter confermare il calo del debito e avere uno spazio per un intervento di tipo espansivo” (qui abbiamo spiegato perché l’inflazione torna a crescere in Italia).

La riforma del fisco: cosa prevede

Nella proposta di riformulazione degli emendamenti, avanzata dal Ministero dell’Economia, tra i punti più dibattuti si prevede uno scivolo di due anni con aliquota superiore al 15% per i lavoratori autonomi che superano i 65 mila euro di ricavi.

Via libera anche al cashback fiscale (qui abbiamo parlato del ritorno del cashback e di come funzionerà), con accredito diretto sui conti correnti di alcune spese detraibili. Per quanto riguarda le spese socio-sanitarie, invece, esse avranno precedenza sul cashback, che dispone un rimborso del 19% al momento dell’acquisto.

C’è però un punto che, più di altri, accende lo scontro politico. Si tratta della “riformulazione dell’articolo 2” che introduce, come soluzione momentanea, due aliquote sui redditi che derivano dall’impiego di capitale (mercato immobiliare compreso). Stando ai decreti attuativi della delega fiscale, queste due aliquote sarebbero del 15% e del 26%. Come riporta il Corriere della Sera, la seconda è uguale alla percentuale attualmente più elevata. I titoli di Stato, per esempio, sono però tassati al 12,5%, mentre la cedolare secca per i canoni concordati si ferma al 10%.

La sottosegretaria Guerra ha parlato in generale di nuove misure “nei prossimi giorni”, che si concentreranno “soprattutto sulle imprese più colpite dall’aumento dei prezzi e dalla carenza di materie prime, sia energetiche che in altri campi, come la ceramica”. Ma ci sarà anche “sostegno delle fasce più deboli della popolazione, per interventi valutati in circa 16 miliardi di euro”.

Irpef, Irap e Iva: come cambiano le tasse

Il voto degli emendamenti finali in Commissione Finanze è un passo importante che conduce all’approdo del testo a Montecitorio il 19 aprile. Dopo l’ok del Senato, l’Esecutivo avrà 18 mesi per attivare la riforma con i decreti legislativi. Di seguito vediamo cosa cambia rispetto al testo varato dal Cdm il 5 ottobre 2021.

E cominciamo da una novità (sulla carta) positiva: l’articolo 10 contiene infatti una norma di salvaguardia sulle tasse. La cosiddetta clausola di invarianza prevede che tutte le misure contenuti nei decreti di attuazione della delega non dovranno produrre in alcun modo un incremento della pressione fiscale.

Il testo prevede un’apertura anche sulla rateizzazione mensile degli acconti Irpef. Si conferma dunque la volontà di ridurre le aliquote medie effettive e marginali, portando gli scaglioni a tre. Le addizionali all’Irpef diventeranno sovraimposte, ma senza pregiudicare gli incassi assicurati agli enti locali.

Passi avanti anche sul progressivo superamento dell’Irap, a partire da studi associati e società di persone. L’imposta regionale sulle attività produttive sarà abolita in modo graduale, dopo essere stata già cancellata per i lavoratori autonomi, le ditte individuali e i liberi professionisti con partita Iva dalla Legge di Bilancio 2022. L’articolo 5 viene però emendato introducendo la “priorità per le società di persone gli studi associati e le società tra professionisti”. Poi si proseguirà anche con le società di capitali.

Infine Iva, accise e Ires saranno razionalizzate e semplificate, con l’obiettivo di contrastarne l’erosione e l’evasione. Per l’Iva, in particolare, si prevede di adeguare le aliquote agli obiettivi del Green Deal europeo, in modo tale “da tener conto dell’impatto ambientale dei diversi prodotti”.

Fisco digitale, catasto e sanzioni

La legge delega si impegna inoltre a potenziare il cosiddetto fisco digitale, estendendo la possibilità di “ottemperare agli adempimenti tributari in via telematica”. Secondo il testo, l’amministrazione finanziaria non potrà ad esempio richiedere al contribuente documenti già in possesso delle amministrazioni pubbliche.

Un altro punto cardine del provvedimento riguarda la razionalizzazione delle sanzioni amministrative, “garantendone la gradualità e la proporzionalità rispetto alla gravità delle violazioni commesse, con particolare attenzione alle violazioni formali”.

E arriviamo a uno dei temi più caldi: la riforma del catasto, prevista dall’articolo 6 della legge delega. Il terreno era particolarmente scivoloso vista l’esperienza pregressa del Governo, che sul catasto si è “salvato” per ben due volte grazie a un solo voto. Si è deciso di modificare il sistema di rilevazione catastale, per facilitare il lavoro dell’Agenzia delle Entrate e dei Comuni nell’individuazione e nel corretto classamento degli immobili. L’intento è quello di classificare correttamente immobili e terreni non regolari oppure invisibili al fisco.