Tassazione fiscale cripto-attività: arriva la nuova disciplina

I chiarimenti del Fisco sulla tassazione delle cripto-attività introdotta dall’ultima legge di Bilancio: ecco qual è la disciplina di riferimento

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Con apposito comunicato, il 27 ottobre l’Agenzia delle Entrate ha reso noti i chiarimenti del Fisco sulla tassazione delle cripto-attività introdotta dall’ultima legge di Bilancio. La circolare arriva ora in veste definitiva, definendo quella che è la disciplina di riferimento.

Vediamo, nello specifico, di cosa si tratta e quali sono gli obblighi per i contribuenti.

Cosa prevede la nuova disciplina fiscale sulle cripto-attività

Come stabilito dalla circolare n. 30/E, la nuova disciplina prima di tutto stabilisce cosa sono le cripto-attività, definite come “tutte quelle rappresentazioni digitali di valore o di diritti che non rientrano tra gli strumenti finanziari”.

Per le persone fisiche le plusvalenze da cripto-attività sono imponibili con la stessa aliquota applicabile alle attività finanziarie (26%) a patto che il reddito non sia conseguito nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni o in qualità di lavoratore dipendente. Le stesse plusvalenze sono soggette a tassazione anche in capo agli enti non commerciali (se l’operazione non è effettuata nell’esercizio di impresa commerciale), alle società semplici ed equiparate e ai soggetti non residenti senza stabile organizzazione quando il reddito si considera prodotto nel territorio dello Stato.

La circolare ricorda che si considerano prodotti in Italia i “redditi diversi” (art. 67 Tuir) derivanti da “attività svolte” nel territorio dello Stato e da “beni” che si trovano nello stesso territorio. Rientrano dunque nella nuova disciplina anche i redditi realizzati da soggetti non residenti se relativi a cripto-attività detenute nel nostro Paese presso prestatori di servizi o intermediari residenti in Italia o presso la loro stabile organizzazione se non residenti. Nei casi in cui le cripto-attività (ovvero le chiavi che danno accesso alle stesse) siano detenute “direttamente” dal soggetto tramite supporti di archiviazione (come ad esempio chiavette Usb) senza l’intervento degli intermediari o prestatori di servizi citati, il reddito si considera prodotto in Italia se il supporto di archiviazione si trova nel territorio dello Stato. A tal fine, si presume che il reddito sia prodotto in Italia se il soggetto che detiene il supporto di archiviazione è ivi residente nel periodo di imposta di produzione del reddito. Resta ferma la facoltà per il contribuente di provare l’effettivo luogo di localizzazione del supporto di archiviazione.

Come funziona la tassazione delle cripto-attività

Il documento di prassi dell’Agenzia delle Entrate ripercorre il quadro normativo europeo e fissa il perimetro della norma (Legge n. 197/2022) che ha introdotto una nuova categoria di redditi diversi soggetti a tassazione con aliquota del 26%. Si tratta dei redditi riconducibili alla detenzione, al rimborso e al trasferimento di valori e diritti tramite tecnologia distribuita (Dlt).

Inoltre, è stata prevista la possibilità per i soggetti che già detenevano cripto-attività al 1° gennaio 2023 di rideterminare il costo o il valore di acquisto delle stesse a condizione che lo stesso valore sia assoggettato a un’imposta sostitutiva pari al 14%. Per beneficiare di questo regime agevolato è necessario che il contribuente versi l’imposta sostitutiva per intero, o la prima delle tre rate annuali di pari importo, entro il 15 novembre 2023. Il documento di prassi ricorda infine le regole per la regolarizzazione da parte dei contribuenti che hanno violato gli obblighi di monitoraggio fiscale per le cripto-valute detenute entro il 31 dicembre 2021 e/o non hanno indicato in dichiarazione i redditi derivanti dalle cripto-attività realizzati entro lo stesso termine.

Coerentemente all’inquadramento giurisprudenziale europeo richiamato, le Entrate hanno chiarito che, ai fini della tassazione diretta, la società deve assoggettare ad imposizione i componenti di reddito derivanti dalla attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di cripto-valute, al netto dei relativi costi inerenti a detta attività. Va aggiunto che la valutazione delle cd. “monete virtuali” detenute al termine di ciascun periodo d’imposta, si considera realizzata la differenza tra il valore fiscale iniziale e quello rilevato alla data di chiusura di ciascun periodo d’imposta, in applicazione di quanto disposto dall’articolo 110 del Tuir.

Ai fini IRAP, è stato ritenuto invece che le remunerazioni della società “miner” concorrono alla formazione del suo valore della produzione netta, rappresentando di per sé ricavi per prestazioni di servizi ascrivibili alla sua attività caratteristica con il conseguente transito in voci rilevanti ai fini IRAP. Le oscillazioni di valore, invece, non sarebbero incluse nella base imponibile del tributo regionale,solo nella misura in cui non transitano da voci rilevati ai fini IRAP ovvero in assenza dei presupposti per l’applicazione del principio di correlazione.

Al contrario, per quanto riguarda la tassazione ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della società, persone fisiche che detengono le cripto-valute al di fuori dell’attività d’impresa, infine, la citata risoluzione n. 72/E del 2016 – in virtù della assimilazione delle operazioni relative alle cripto-valute a quelle in valuta tradizionale operata in sede unionale – evidenzia che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa.

In generale,  è stato affermato il principio secondo cui alle operazioni aventi ad oggetto valute virtuali risultano applicabili le disposizioni fiscali vigenti in materia di valute estere aventi corso legale.

I valore dei Token

Nella circolare AE, che si è soffermata anche sul valore dei cd. token (gettoni virtuali che possono essere usati come moneta virtuale), l’erogazione di compensi sotto forma di token genererà reddito di lavoro dipendente o assimilato a quello di lavoro dipendente puché, nel periodo d’imposta, il “valore normale” da attribuire a tale forma di retribuzione risulterà, per ciascun amministratore/dipendente, superiore ad 258,23 euro.

Tale orientamento è confermato anche alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2023, in quanto, è possibile inquadrare il reddito del percettore, ancorché pagato in cripto-attività, in base alle categorie di reddito “tradizionali”. Nello specifico, i token sono assegnati ad amministratori e dipendenti a fronte della prestazione lavorativa dagli stessi resa e, pertanto, non posso rilevare “autonomamente” quale attività da cui deriva un reddito diverso.

Regime fiscale post legge di bilancio 2023

Con la legge di bilancio 2023, al fine di dare certezza ai contribuenti, il legislatore ha introdotto, ai soli fini fiscali, una disposizione a carattere residuale, per assoggettare i redditi derivanti dalla detenzione e cessione di attività o diritti aventi ad oggetto cripto-attività La nuova norma, in vigore dal 1° gennaio 2023, contiene una definizione fiscale di cripto-attività, analoga a quella contenuta nel regolamento MiCA, per cui , rientrano nella definizione di cripto-attività di cui alla citata lettera c-sexies) tutte quelle rappresentazioni digitali di valore o di diritti che non sono suscettibili di rientrare in una definizione civilistica di strumento finanziario.

In generale, per la qualificazione dei redditi di natura finanziaria esiste una netta distinzione fra “redditi di capitale” (articolo 44 del Tuir) e “redditi diversi” (articolo 67 del Tuir), la cui principale conseguenza è di non consentire all’investitore la compensazione tra guadagni e perdite conseguiti nelle citate diverse tipologie di redditi. Nella qualificazione dei redditi diversi derivanti dalle cripto-attività non viene, invece, fatta tale distinzione dalla legge di bilancio 2023 che riconduce tra i redditi diversi di cui alla lettera c-sexies) sia le plusvalenze realizzate mediante rimborso o cessione a titolo oneroso o permuta sia gli altri proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività, comunque denominate, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta. La disposizione prevede una soglia (franchigia) minima pari a euro 2.000, da calcolare complessivamente nel medesimo periodo d’imposta

Inoltre, dal 1° gennaio 2023 lo scambio tra cripto-attività aventi avente medesima funzionalità economica non sono fiscalmente rilevanti in quanto si considerano “aventi eguali caratteristiche e funzioni”. Nelle suddette ipotesi il valore di acquisto da attribuire alla cripto-attività acquisita per effetto dello scambio corrisponde al valore di carico in euro della cripto-attività ceduta in permuta.

Infine, nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione. Nel caso di acquisto per donazione si assume come costo il costo del donante. Le attuali disposizioni prevedono invece che, ai fini della tassazione, le plusvalenze e gli altri proventi derivanti dalle cripto-attività possono essere sommate algebricamente con le relative minusvalenze. Per espressa previsione, tenuto conto della franchigia di 2.000 euro e, in ogni caso, della compensazione di plusvalenze e minusvalenze, è utilizzabile in compensazione l’eventuale minusvalenza che eccede detta soglia nei quattro periodi d’imposta successivi. La soglia di 2.000 euro va verificata in relazione ai redditi realizzati in ciascun periodo d’imposta prima di eventuali compensazioni con minusvalenze su 51 cripto-attività riportate da periodi d’imposta precedenti.

Cripto-attività in dichiarazione dei redditi

Con la modifica recata del d.lgs. n. 461 del 1997, il legislatore ha disciplinato la tassazione in sede di dichiarazione dei redditi, relativa al periodo d’imposta di realizzo, dei redditi diversi realizzati.

Pertanto, le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, per la parte che eccede la soglia di 2.000 euro vengono assoggettate ad imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento. La base imponibile determinata comporta che i proventi e le plusvalenze derivanti dalle cripto-attività sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze. Se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze e agli altri proventi, per un importo superiore a 2.000 euro, l’eccedenza è riportata in deduzione integralmente dall’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che sia stata indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale le minusvalenze sono state realizzate.

In ogni caso, non è possibile compensare i redditi diversi derivanti dalle cripto-attività con i redditi diversi di natura finanziaria.

Nel regime dichiarativo il contribuente ha l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi annuale, identificandosi come titolare delle cripto-attività che hanno prodotto i redditi. L’imposta sostitutiva in questo caso è corrisposta mediante versamento con F24 nei termini previsti per il versamento delle imposte sui redditi dovute a saldo in base alla dichiarazione. Per gli intermediari, costituiscono oggetto degli obblighi di comunicazione le operazioni suscettibili di produrre redditi diversi quali:

  • rimborso o cessione a titolo oneroso;
  • permuta o detenzione di criptoattività, comunque denominate;
  • trasferimenti di cripto-attività verso rapporti intestati a soggetti diversi dall’intestatario del rapporto di provenienza e prelievi delle stesse.

Qualora nelle operazioni sopra menzionate siano intervenuti due o più dei soggetti tenuti all’obbligo di comunicazione, quest’ultima deve essere effettuata dal soggetto che è intervenuto per primo nell’operazione e comunque dall’intermediario che intrattiene il rapporto più diretto con il contribuente. Per ciascuna operazione, devono essere comunicati i seguenti dati:

  • le generalità e, se esistente, il codice fiscale del soggetto che ha effettuato l’operazione;
  • la natura, l’oggetto e la data dell’operazione;
  • le quantità e il valore delle cripto-attività oggetto dell’operazione.

Va ricordato, a tal proposito, che gli intermediari bancari e finanziari che intervengono nei trasferimenti da o verso l’estero, sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle entrate i dati acquisiti in occasione dell’adeguata verifica dell’identità della clientela in relazione alle predette operazioni, effettuate anche in valuta virtuale di importo pari o superiore a 5.000 euro, limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni equiparate.

La legge di bilancio 2023 apporta modifiche anche agli obblighi di monitoraggio fiscale previsti per i soggetti residenti in Italia (persone fisiche, enti non commerciali e società semplici ed equiparate ai sensi dell’articolo 5 Tuir), stabilendo che i predetti soggetti che “nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero, attività estere di natura finanziaria ovvero cripto-attività, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti indicati nel precedente periodo che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri, delle attività estere di natura finanziaria e delle cripto-attività, siano titolari effettivi dell’investimento”. Dunque, il legislatore ha espressamente previsto che devono essere indicate nel Quadro RW del modello Redditi le cripto-attività e che tale adempimento ricorre anche per i medesimi soggetti che, pur non essendo possessori diretti delle cripto-attività, sono titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dalla normativa antiriciclaggio.

Sanzioni

Con riferimento alle sanzioni applicabili in caso di mancata compilazione del Quadro RW del Modello Redditi, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che la violazione dell’obbligo di dichiarazione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati.

La violazione relativa alla detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato è invece punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Nel caso in cui la dichiarazione prevista sia presentata entro novanta giorni dal termine, si applica la sanzione di 258 euro.