Redditi esteri, quali sono i termini di accertamento e come può muoversi il Fisco

Quando vengono maturati dei redditi all'estero l'Agenzia delle Entrate ha dei termini ben precisi per scovarli e per appurare che non siano frutto di evasione fiscale

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

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Come per quelli prodotti in Italia, anche per i redditi di fonte estera il contribuente li deve dichiarare correttamente. L’Agenzia delle Entrate ha cinque anni di tempo per verificare che la documentazione fornita sia corretta e che nessun dato sia stato escluso: in altre parole per controllare se sono state pagare le tasse correttamente.

I redditi esteri sono una voce molto delicata e spigolosa, non tanto perché potrebbero nascondere delle operazioni sospette o perché, in qualche modo, possono far pensare all’evasione fiscale. Spesso e volentieri il contribuente cade nell’errore di ritenere che non debbano essere dichiarati proprio perché sono detenuti oltre frontiera, ritenendo che l’Agenzia delle Entrate non ne venga mai a conoscenza. Niente di più falso.

Dichiarazione dei redditi, termini di accertamento

A definire quali siano i termini di accertamenti dei redditi esteri sono l’articolo 43 del Dpr n. 600/73 e l’articolo 57 del Dpr n. 633/72. Queste due norme, molto esplicitamente, prevedono che:

  • nel caso in cui la dichiarazione dei redditi o Iva sia stata presentata correttamente, l’accertamento deve avvenire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione;
  • quando la dichiarazione non è stata presentata o dovesse essere ritenuta nulla, il termine di accertamento è fissato al 31 dicembre del settimo anno successivo rispetto a quello nella quale sarebbe dovuta essere stata presentata.

Da un punto di vista strettamente pratico, questo significa che entro il prossimo 31 dicembre 2025, l’Agenzia delle Entrate deve obbligatoriamente notificare gli avvisi di accertamento relativi alle imposte sui redditi, Iva ed Irap (laddove sia dovuto) dell’annualità 2019. A fronte, invece, di un’omessa dichiarazione dei redditi, il controllo è di otto anni (quindi fino all’anno 2017).

L’articolo 67, comma 1, del decreto Legge n. 18/20 – anche conosciuto come Decreto Cura Italia – ha sospeso le attività di accertamento nel periodo compreso tra l’8 marzo ed il 31 maggio 2020 a causa del Covid 19: sono 85 giorni che hanno fatto slittare in avanti le tempistiche di accertamento per un periodo uguale a quello della sospensione. Da un punto di vista strettamente pratico, questo significa che per tutte le annualità fino al 2018, i termini per effettuare gli accertamenti slittano di 85 giorni: l’Agenzia delle entrate aveva tempo fino allo scorso 26 marzo 2025 per l’ultima annualità.

Redditi esteri, termini di accertamento

Le scadenze che abbiamo visto fino a questo momento si applicano anche per i redditi esteri percepiti in un qualsiasi periodo d’imposta. Come abbiamo visto in precedenza si può trattare di dichiarazione infedele – succede quando i redditi vengono indicati in modo parziale o non corretto – o omessa dichiarazione, quando il contribuente non ha presentato il Modello 730 o il Modello Redditi Pf. Per quanto riguarda la prescrizione degli accertamenti, in altre parole, per i redditi esteri si segue lo stesso ragionamento di quelli maturati in Italia.

Ovviamente valgono anche in questo caso le regole speciali applicate ad alcune categorie di contribuenti, i quali hanno la possibilità di beneficiare di una serie di riduzioni sui termini di accertamento: questo accade per i soggetti che dovessero essere congrui e coerenti con gli Isa, ossia gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale. Quanti, infatti, abbiano ottenuto un livello di affidabilità pari o superiore ad 8 per il periodo d’imposta, si vedono ridurre di un anno il termine di accertamento sui redditi d’impresa e di lavoro autonomo, sempre che il contribuente non abbia in capo delle violazioni penali tributarie. Questa riduzione si applica anche ai redditi esteri.

Paesi black list, a cosa è necessario stare attenti

Da un punto di vista strettamente fiscale è necessario prestare la massima attenzione agli investimenti effettuati nei Paesi black list: l’articolo 12 del Decreto Legge n. 78/2009 ha introdotto la cosiddetta presunzione legale relativa per gli investimenti detenuti nei paradisi fiscali, che il contribuente non ha dichiarato. La presunzione si applica nel caso in cui il soggetto non li abbia indicati all’interno del quadro RW della dichiarazione dei redditi. La presunzione legale diventa importante perché prevede che questi investimenti siano frutto di evasione fiscale.

Non dichiarare un conto corrente detenuto negli Emirati Arabi – solo per fare un esempio – ha una conseguenza immediata: l’importo depositato al suo interno viene ritenuto frutto di evasione fiscale. Questa situazione apre la porta a due conseguenze:

  • raddoppiano i termini di accertamento;
  • inversione dell’onere della prova.

Raddoppio dei termini di accertamento

Non dichiarare degli investimenti in un paese non collaborativo ha una conseguenza immediata: i termini di accertamento raddoppiano. Questo significa che per la rettifica dei redditi che derivano da investimenti esteri, l’Agenzia delle Entrate potrà procedere come segue:

  • nel caso in cui la dichiarazione dei redditi o Iva sia stata presentata correttamente, l’accertamento deve avvenire entro il 31 dicembre del decimo anno successivo a quello di presentazione;
  • quando la dichiarazione non è stata presentata o dovesse essere ritenuta nulla, il termine di accertamento è fissato al 31 dicembre del quattordicesimo anno successivo rispetto a quello nella quale sarebbe dovuta essere stata presentata.

Dalla violazione, inoltre, scaturisce una sanzione per l’omessa compilazione del quadro RW, per la quale vengono raddoppiati i termini di accertamento. In linea di principio i termini di accertamento per la contestazione delle sanzioni – stando a quanto prevede l’articolo 20 del Dlgs n. 472/97 – prevede che l’atto vada notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello nel quale è avvenuta la violazione.

Inversione dell’onere della prova

Sicuramente l’onere più gravoso che ricade sulle spalle del contribuente è l’inversione dell’onere della prova. Di prassi spetta all’Agenzia delle Entrate avviare un procedimento su prove precise e concordanti. Quando scatta l’inversione dell’onere della prova, spetta al contribuente dimostrare la propria buona fede. Per l’Agenzia delle Entrate è sufficiente far scattare il controllo: spetterà al diretto interessato portare delle prove e smontare la presunzione legale.

Nel caso in cui si avesse intenzione di effettuare degli investimenti in Paesi black list è necessario gestire tutte le pratiche con la dovuta attenzione.