La Pubblica Amministrazione blocca i pagamenti ai professionisti non in regola

Dal 2026 la Pubblica Amministrazione potrà bloccare i pagamenti ai liberi professionisti non in regola con le tasse e i contributi

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

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La Pubblica Amministrazione bloccherà i pagamenti ai liberi professionisti non in regola con il versamento dei contributi e delle altre imposte. La novità contenuta all’interno della Legge di Bilancio 2026 coinvolgerà trasversalmente legali, periti, ingegneri e tutti quei lavoratori autonomi che hanno in essere delle collaborazioni con la PA attraverso gare, incarichi o contratti di consulenza.

Quanti non dovessero essere in regola con i pagamenti delle imposte e dei contributi si vedranno, quindi, sospendere i pagamenti.

Niente pagamenti per evitare l’evasione fiscale

Le nuove regole per gestire i rapporti tra i liberi professionisti hanno uno scopo ben preciso: rafforzare la lotta all’evasione fiscale. La decisione di bloccare i pagamenti a quanti non siano in regola con il pagamento delle imposte ha, comunque, sollevato non poche contrarietà da parte delle varie categorie professionali.

Il testo della Manovra prevede che il pagamento dei compensi relativi ai servizi resi alla Pubblica Amministrazione sia subordinato alla dimostrazione che il professionista sia in regola con i versamenti fiscali e previdenziali.

La propria regolarità potrà essere dimostrata allegando la documentazione necessaria per attestare che, al momento dell’emissione della fattura, ha effettuato tutti i versamenti fiscali e previdenziali. Nel caso in cui questa certificazione dovesse mancare, il professionista non riceverà il compenso.

A chi spetta il compito di rilasciare i certificati

A questo punto sorge il problema di chi si debba prendere l’onere di rilasciare questi certificati.

I liberi professionisti dovranno procurarsi due diversi documenti:

  • il primo attraverso il quale certificare la propria posizione previdenziale;
  • il secondo che attesti la regolarità nell’assolvimento dei propri oneri fiscali.

La certificazione relativa alla posizione previdenziale dei professionisti dovrà essere rilasciato dall’ente previdenziale di riferimento. L’attestazione relativa alla posizione fiscale deve essere richiesto direttamente all’Agenzia delle Entrate.

Viene introdotto, in altre parole, un sistema di verifica preventiva che obbligherà la Pubblica Amministrazione committente a verificare i certificati di conformità dei vari professionisti con cui ha dei rapporti di collaborazione.

Nel caso in cui dovessero essere presenti delle irregolarità o, addirittura, non dovessero essere state versate le imposte o i contributi, l’ente deve bloccare il pagamento del compenso, almeno fino a quando il professionista non sana la propria posizione.

Coinvolti anche i lavoratori autonomi

In questa vicenda sono coinvolti anche i lavoratori autonomi che sono iscritti agli enti previdenziali di categoria, che non sono tenuti a presentare il consueto Durc, ossia il Documento Unico di Regolarità Contributiva, ma un particolare attestato, che dovrà essere rilasciato dalla cassa professionale di appartenenza.

Quanti non dovessero essere iscritti a un ente previdenziale di categoria, a ogni modo, potrebbero avere problemi per riuscire a ottenere la certificazione richiesta, così come è stato messo in evidenza da più parti.

I pagamenti avverranno più lentamente

Uno dei rischi che questa situazione potrebbe provocare è il rallentamento dei pagamenti, perché le amministrazioni pubbliche potrebbero allungare i tempi per l’erogazione dei compensi rifacendosi a delle presunte irregolarità o a delle discrepanze nella documentazione che viene allegata alle fatture elettroniche emesse dai professionisti.

Gli ordini professionali hanno già sollevato alcuni timori in questo senso, ritenendo la misura un ulteriore aggravio burocratico, soprattutto per quei professionisti che hanno degli incarichi saltuari o delle collaborazioni di breve durata con la Pubblica Amministrazione.

Macchina burocratica lenta e ridondante

Vediamo ai fini pratici come va ad impattare sull’attività di un avvocato questa novità. Il legale emette una fattura nei confronti di un’amministrazione pubblica e per poter ricevere il pagamento deve presentare due differenti documenti:

  • il certificato di regolarità contributiva, che deve essere rilasciato dalla Cassa Nazionale Forense;
  • l’attestato di conformità fiscale, che viene rilasciato dall’Agenzia delle Entrate.

Siamo davanti ad una misura ridondante. La Pubblica Amministrazione è già in possesso delle informazioni necessarie per effettuare i vari controlli, grazie all’interconnessione delle varie banche dati, tra le quali ci sono quelle dell’Agenzia delle Entrate, dell’Inps, dell’Inail e delle casse professionali.

Le associazioni di categoria contro la legge

Questo è il motivo per il quale l’Unione nazionale delle Camere civili ha puntato il dito contro la disposizione, ritenendo che sia a tutti gli effetti un onere inutile da mettere in carico agli avvocati e, ovviamente, a tutti gli altri professionisti che devono operare con gli enti pubblici.

Secondo il Consiglio Nazionale Forense siamo davanti a:

Una norma vessatoria e discriminatoria nei confronti dei liberi professionisti, con effetti potenzialmente paralizzanti per lo svolgimento dell’attività professionale svolta anche favore delle classi meno abbienti.

Come funzionano i pagamenti ai professionisti

La gestione dei pagamenti ai professionisti da parte della Pubblica Amministrazione, già oggi, è un incrocio di procedure che, seppur non particolarmente complesse, richiedono molta attenzione per non commettere errori e fare in modo che tutto proceda correttamente.

Oggi vige l’obbligo della fatturazione elettronica. I liberi professionisti sono tenuti a emettere la fattura elettronica nello standard FatturaPA e devono inviarla al Sistema di Interscambio gestito dall’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima provvederà a recapitare il documento direttamente all’ente destinatario.

Quando vengono fatturate delle prestazioni professionali alla Pubblica Amministrazione è necessario applicare il meccanismo dello split payment (scissione dei pagamenti). L’operazione prevede che l’Iva indicata in fattura non venga incassata direttamente dal professionista, ma l’ente pubblico la versi direttamente all’Erario.

In altre parole il professionista riceve unicamente il pagamento dell’imponibile. Per un breve periodo lo split payment per i professionisti era stato abolito, ma in un secondo momento è stato ripristinato, salvo alcune eccezioni.

La normativa prevede che la Pubblica Amministrazione saldi le fatture entro 30 giorni dalla data di ricevimento o dalla conclusione della prestazione. Le parti possono prevedere accordi diversi, ma i termini di pagamento non possono superare i 60 giorni.