Primark, ecco perché non apre lo shop online: non c’entrano i soldi ma l’ambiente

La popolare catena di abbigliamento invita i clienti a fare acquisti nei suoi negozi per motivi ecologici

“Non comprate i nostri abiti online, ma nei negozi”, con questo invito la popolare catena di abbigliamento Primark vuole sensibilizzare i propri clienti ad abitudini ecologicamente sostenibili, per questo motivo ha deciso di non aprire uno shop online.

Secondo il titolare della catena, George Weston, la rete mondiale di negozi Primark è meno inquinante dei furgoni che consegnano la merce acquistata online. “Siamo una soluzione, piuttosto che un problema”, ha dichiarato Weston alla stampa britannica.

Le persone che si recano a fare spesa nei negozi causerebbero meno danni all’ambiente dei furgoni che fanno avanti indietro per consegnare la merce a domicilio. Weston ha anche sottolineato che per trasportare i loro vestiti non usano l’aereo, che produce molte emissioni inquinanti.

Per Primark si tratta di migliorare la propria reputazione ecologica, a seguito dell’accusa da parte degli ambientalisti di promuovere una cultura dello spreco con i suoi prodotti di “fast fashion“, di moda usa e getta. Un’accusa respinta dal titolare dell’azienda, che afferma che i suoi clienti non comprano abiti per indossarli solo una volta.

Non è nemmeno il primo tentativo di Primark di diventare più ecologica. La catena di abbigliamento aveva già investito nel cotone sostenibile al posto delle fibre sintetiche per i suoi abiti. Dal 2002, inoltre, ha introdotto l’uso di sacchetti di carta al posto di quelli di plastica.

Se il trasporto della merce acquistata online è inquinante, tuttavia lo è anche recarsi ai negozi in auto. Tante macchine che percorrono diversi chilometri per raggiungere un negozio o un centro commerciale producono più emissioni di un singolo camion che raccoglie i prodotti ordinati online per le consegne. Lo sostengono i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology, ritenendo che in questo caso lo shopping online sia più ecologico di quello in negozio, come riporta la BBC.

Diverso il caso, sempre più diffuso negli ultimi anni, delle consegne ultra veloci, per le quali i camion non vengono sempre riempiti al massimo delle loro capacità. Con la conseguenza che circolano più furgoni e dunque si producono maggiori emissioni.

Un altro punto a sfavore dello shopping online è che gli acquirenti tendono più spesso a restituire la merce rispetto a quella comprata in negozio. I motivi sono semplici: nell’acquisto online è facile sbagliare taglia oppure ricevere un prodotto diverso dalle aspettative. Questo comporta ulteriori viaggi dei mezzi inquinanti per la ritiro e la riconsegna dei prodotti.

Inviare i pacchi nelle singole abitazioni dei clienti, poi, richiede un maggiore tragitto da percorrere rispetto alla consegna in magazzino. Dunque, sulla base di queste considerazioni, la professoressa Patsy Perry, docente di marketing della moda all’Università di Manchester, dà ragione al titolare di Primark.

Al contrario, secondo l’Energy Saving Trust, un’organizzazione che promuove l’efficienza energetica, le persone che devono percorrere lunghe distanze in auto per raggiungere un negozio producono inevitabilmente più emissioni rispetto all’acquisto online. Quindi per chi abita lontano è più ecologico comprare sul web e farsi consegnare la merce a casa.

La questione se comprare in negozio sia più ecologico dello shopping online rimane dunque aperta e molto dipende da quanta strada devono fare gli acquirenti per raggiungere un punto vendita e soprattutto quali mezzi di trasporto utilizzano. Spostarsi in bicicletta o con i mezzi pubblici è sicuramente preferibile per l’ambiente.

Infine, ci sono quelli che sostengono che sia le vendite in negozio che quelle online di abbigliamento siano comunque dannose per l’ambiente. Come il Centro per la moda sostenibile del London College of Fashion. Le vendite online hanno un elevato impatto ecologico dovuto al trasporto, all’eccesso di imballaggi e all’alto tasso di restituzione della merce, ma anche la costruzione di nuovi negozi è impattante e ha costi energetici elevati.

In sostanza tutta l’industria della moda è altamente inquinante, con la sua produzione di massa e il prezzo dei vestiti che non riflette il vero costo ambientale.