L’Italia fa meglio della Francia. Se vogliamo vantarci di qualcosa in questo periodo storico, potremmo dire che la pressione fiscale in Italia è più bassa di quella che subiscono i contribuenti francesi. La percentuale non è molto più bassa, ma fa la differenza. Se nel 2023 in Italia eravamo al 41,2%, gli ultimi dati Istat del 2024 fotografano una pressione fiscale al 42,5%. Un dato in crescita, ma se vogliamo consolarci, possiamo dire che è più bassa della pressione fiscale in Francia.
La crisi politica, sociale ed economica si è abbattuta sui cugini francesi, che vedono il prelievo fiscale pari al 45,2% del Pil. Secondo l’Ufficio studi della CGIA, l’Italia non è più considerata il grande “malato d’Europa”.
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La pressione fiscale in Italia
Gli ultimi dati Istat segnalano come nel 2024 la pressione fiscale complessiva, cioè l’ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil, sia cresciuta al 42,5%. Secondo l’Istat, che ritocca leggermente al ribasso la stima di marzo scorso, la pressione fiscale è cresciuta di un punto percentuale per via di un aumento delle entrate fiscali e contributive pari al 5,8%, superiore rispetto a quello del Pil a prezzi correnti (+2,7%).
Nel report dell’Istat, quindi sulla base di nuovi dati, nel 2023 il Pil in volume è aumentato dell’1,0%, con una revisione positiva di 0,3 punti percentuali rispetto alla stima di marzo. Si tratta di numeri che confermano quanto già pubblicato lo scorso marzo, anche se leggermente ritoccati.
Gli investimenti fissi e l’indebitamento della PA
Altri dati utili per capire la condizione di salute dell’Italia sono gli investimenti fissi lordi. Questi sono aumentati dello 0,5% e i consumi finali nazionali sono cresciuti dello 0,6%, così come le esportazioni di beni e servizi che risultano stazionarie, ma non in calo.
Infine, altro dato utile è quello dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil. Nel 2024 è pari a -3,4%, in calo rispetto al -7,2% del 2023.
Il confronto con la Francia
Il confronto con i cugini francesi è sempre molto acceso su quasi tutti i temi. Non poteva mancare anche quello della pressione fiscale e della condizione di instabilità del Paese. La Francia sta attraversando un periodo di forte crisi politica, sociale ed economica. Queste difficoltà si riflettono anche sui termini di crescita del Pil pro capite, sui consumi e sugli investimenti. Su tutti questi aspetti, l’Italia ha superato la Francia nel corso del 2025.
Il prelievo fiscale in Francia è pari al 45,2% del Pil ed è come se lo scorso anno i contribuenti francesi avessero versato complessivamente 57 miliardi di euro di tasse e contributi in più rispetto agli italiani. In questo momento storico, la pressione fiscale francese è la più alta dell’Area euro.
In altre parole, nel confronto con Parigi a vincere siamo noi. L’Ufficio studi della CGIA ha analizzato alcuni dati utili a capire perché la Francia sta andando male. I nostri conti pubblici sono in miglioramento e lo spread è ai minimi storici, mentre la Francia vede aumentare deficit e debito pubblico. Una situazione che ha portato il terzo premier in poco più di un anno a lasciare l’incarico.
L’Italia cresce meglio di Francia e Germania
Se il confronto con la Francia ci dà vincenti, anche quello con la Germania ci vede in avvicinamento. Nel biennio 2021-2022 l’economia italiana è cresciuta grazie all’uscita dalla crisi pandemica. Tra il 2019 e il 2024 i Paesi europei sono cresciuti in maniera differente:
- Italia +5,8%;
- Francia +4,3%;
- Germania 0%.
Meglio dell’Italia solo la Spagna, che cresce del +6,8%, mentre la media dell’area euro è stata del +4,9%. Quindi, mentre molti altri Paesi sono in crisi, l’Italia si mantiene in crescita.
I problemi rimangono, ma grazie ad alcuni sistemi di supporto come il PNRR e la Zes Unica stiamo migliorando. C’è ancora molto da fare però per quanto riguarda il tasso di occupazione femminile, che al momento è tra i più bassi dell’Unione Europea, o la crescita delle retribuzioni medie, ancora una volta tra le più basse in Europa. Negli ultimi anni, inoltre, si sono accentuate le disuguaglianze sociali, figlie di questi due grandi problemi.
Inoltre, in una veloce carrellata, a condizionare negativamente la competitività del nostro sistema produttivo troviamo la burocrazia, il Fisco, i costi energetici e i deficit infrastrutturali come quelli dei trasporti.