La nota di credito è un documento che viene emesso per correggere eventuali errori di fatturazione o per concedere sconti e abbuoni ed è del tutto simile, dal punto di vista formale, a una fattura. Una nota credito, infatti, deve contenere tutti gli elementi richiesti per legge in fattura (generalità del cedente e del cessionario complete di partita IVA, numero e data del documento, descrizione dei beni/servizi oggetto della transazione, prezzi, importi, IVA e così via), trattandosi semplicemente di una nota di variazione riferita a un precedente documento già emesso.
Vediamo come viene disciplinata l’emissione delle note credito e delle note debito, quali sono gli obblighi e i termini da rispettare e come emetterle correttamente.
Indice
Note credito e note debito: quali sono le differenze
Le variazioni riferite a una fattura già emessa possono essere in aumento o in diminuzione. Quando la variazione è in aumento si parla di nota di debito, ossia di un documento che va a integrare la fattura addebitando al cessionario un maggiore importo. L’emissione della nota di debito, nel momento in cui sussiste la variazione, è obbligatoria, in quanto l’aumento va a interessare anche l’imposta da versare allo Stato. Per questo motivo, la nota debito deve essere registrata e imputata nella liquidazione IVA periodica di competenza. Non esistono limiti temporali all’emissione della nota di debito, ma un’eventuale rettifica oltre i termini previsti per la fatturazione può essere passibile di sanzioni.
Viceversa, l’emissione della nota credito non è obbligatoria e va effettuata solo in presenza di determinate condizioni, spesso senza alcun limite temporale. Occorre tuttavia analizzare le diverse fattispecie per meglio comprendere come muoversi correttamente per emettere e registrare la nota di variazione in diminuzione.
Note di credito con e senza limiti temporali
L’emissione della nota di credito può essere soggetta a limiti temporali se prevede il recupero dell’IVA. In questo caso, infatti, il documento va emesso entro un anno dall’effettuazione dell’operazione a cui si riferisce. Inoltre, la legge prevede che la variazione sia giustificata da un accordo sopravvenuto tra le parti, in virtù del quale si determina una minore base imponibile.
Diverso è il discorso in cui la riduzione della base imponibile derivi da un evento non imputabile a una delle parti. Quando ciò avviene, la legge permette di procedere al recupero dell’IVA con una nota di variazione come da art. 26 DPR 633 del 1972. È il caso, per esempio, di contratti nulli, rescissi o conclusi o di fatture insolute per via di procedure concorsuali o esecutive risultate infruttuose. È possibile emettere una nota credito oltre l’anno anche per sconti, abbuoni e resi, purché previsti nel contratto originario.
L’emissione entro un anno
In alcuni casi, è previsto l’obbligo di emettere la nota di variazione entro un anno dall’emissione della fattura a cui questa si riferisce. Tale limitazione si applica, per esempio, a sconti e abbuoni non disciplinati da un contratto tra le parti ma sopravvenuti successivamente. Stesso discorso quando si parla di nota di credito per errata fatturazione, ossia di una variazione necessaria per correggere un errore, per esempio di quantità o prezzo, nella fattura di riferimento.
La nota credito può infine essere emessa anche per stornare completamente una fattura: la nota di credito per annullamento fattura è dunque un documento del tutto identico alla fattura cui si riferisce, ma di segno opposto, che può essere emessa per esempio quando un servizio già fatturato non viene più erogato oppure per un reso totale della merce oggetto di fattura.
Oltre l’anno solo imponibile
Può capitare, per vari motivi, che la variazione si riferisca a una fattura di anni precedenti e, di conseguenza, che la nota credito debba essere emessa oltre il termine dell’anno previsto dall’art. 26 DPR 633 del 1972. In questo caso, la legge prevede che la nota di variazione sia fuori campo IVA e, dunque, il suo importo faccia riferimento al solo imponibile.
La dicitura “nota di credito non imponibile art. 26 comma 3” può essere espressamente riportata sul documento per chiarire la tipologia dello stesso e garantire la corretta emissione.
Note credito per sconti e abbuoni non in contratto
Come anticipato sopra, non esistono limiti temporali per l’emissione di note credito che abbiano ad oggetto sconti e abbuoni previsti da un contratto tra le parti. È interessante, però, osservare in maniera più dettagliata le motivazioni per cui, in mancanza di un contratto, la legge prevede una diversa disciplina di tale fattispecie.
Molto spesso si crede che l’applicazione di uno sconto oppure un rimborso per un reso parziale della merce possano essere gestiti semplicemente emettendo una nota di variazione per l’importo da accreditare al cliente. In realtà, a prescindere dall’entità dell’importo, la legge prevede che se tali abbuoni non sono previsti da un contratto tra le parti, il cedente del bene o il prestatore del servizio non ha diritto al recupero dell’IVA.
Come esplicitamente riportato nell’articolo 26 del DPR 633/1972 al comma 2: “Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili (…) o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”.
Numerazione delle note di credito
L’emissione delle note di credito e debito può seguire la numerazione e la cronologia delle fatture, così da favorire un più facile riscontro temporale tra i documenti. Non è sbagliato, però, istituire un registro a parte per questo tipo di documenti e assegnare loro una diversa numerazione.
Approfondimenti sull’art. 26 del DPR 633/1972
Il DPR 633/1972 è dunque il decreto che contiene tutte le norme relative all'”istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 11 novembre 1972, il decreto è stato oggetto di successivi aggiornamenti, come quello che riguarda proprio l’art. 26 – “Variazioni dell’imponibile o dell’imposta”, in vigore dal 01/01/2017 a seguito modifica legge del 11/12/2016 n. 232 art. 1.
L’art. 26 afferma che
Le disposizioni degli articoli 21 e seguenti devono essere osservate, in relazione al maggiore ammontare, tutte le volte che successivamente all’emissione della fattura o alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, l’ammontare imponibile di un’operazione o quello della relativa imposta viene ad aumentare per qualsiasi motivo, compresa la rettifica di inesattezze della fatturazione o della registrazione. Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25.
La disposizione di cui al comma 2 non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti e può essere applicata, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all’applicazione dell’articolo 21, comma 7.
Al comma 7 dell’art. 26 si specifica poi che “la correzione di errori materiali o di calcolo nelle registrazioni (…) deve essere fatta, mediante annotazione delle variazioni dell’imposta in aumento nel registro di cui all’articolo 23 e delle variazioni dell’imposta in diminuzione nel registro di cui all’articolo 25. Con le stesse modalità devono essere corretti, nel registro di cui all’articolo 24, gli errori materiali inerenti alla trascrizione di dati indicati nelle fatture o nei registri tenuti a norma di legge“.
Omessa fatturazione ed emissione di nota credito
Qualora la nota credito venga emessa in ritardo o non venga proprio emessa, si rischia di incorrere in sanzioni. In particolare, il DPR 633/1972 disciplina dall’art. 41 all’art. 50 (Titolo III – Sanzioni) i casi di violazioni dell’obbligo di fatturazione. L’articolo 41 esordisce sottolineando che “chi effettua operazioni imponibili senza emettere la fattura essendo obbligato ad emetterla, è punito con la pena pecuniaria da due a quattro volte l’imposta relativa all’operazione, calcolata secondo le disposizioni del titolo primo. Alla stessa sanzione è soggetto chi emette la fattura senza l’indicazione dell’imposta o indicando una imposta inferiore, nel quale ultimo caso la pena pecuniaria è commisurata all’imposta indicata in meno“.
Negli articoli successivi vengono disciplinate le singole fattispecie, con riferimento in particolare alle violazioni dell’obbligo di registrazione, dell’obbligo di dichiarazione, dell’obbligo di versamento, degli obblighi relativi alla contabilità e alla compilazione degli elenchi, degli obblighi relativi alle esportazioni e altro.