Chi ha debiti fiscali o cartelle esattoriali in arretrato e non ha intenzione di saldarli, deve sapere che ci sono alcuni beni che possono essere pignorati dal Fisco. Tra questi lo stipendio: ogni creditore può chiedere il pignoramento dello stipendio per soddisfare i propri crediti.
Nuove regole
Le regole del pignoramento dello stipendio sono cambiate, ma solo per quanto riguarda i pignoramenti in banca, mentre quelli che avvengono presso il datore di lavoro restano identici (pignoramento fino a massimo un quinto). In pratica, adesso non si rischia più il pignoramento dell’intero deposito ma solo di una parte; in più i successivi versamenti delle mensilità possono essere pignorate fino a massimo un quinto.
Cosa prevede la normativa
La normativa consente al creditore di aggredire anche quei beni che pur appartenendo al debitore non sono ancora nelle sue disponibilità, quale appunto lo stipendio, ma anche la pensione o il TFR. Con il pignoramento presso terzi, infatti, il creditore – su disposizione del giudice incaricato – si rivolge direttamente al datore di lavoro del debitore, il quale avrà il dovere di corrispondergli una parte di retribuzione del dipendente ai fini del soddisfacimento del credito.
Non tutto lo stipendio può essere pignorato
Non tutto lo stipendio può essere pignorato, poiché al lavoratore va comunque garantito un minimo vitale, ovvero un importo economico che permette al debitore di affrontare le spese quotidiane.
Nel dettaglio, il pignoramento dello stipendio può riguardare solamente 1/5 dell’importo mensile netto.
Quindi tutti gli stipendi sono pignorabili, ma l’importo varia a seconda della retribuzione percepita. Ad esempio, per uno stipendio mensile di 2.000 euro netti il pignoramento è consentito nel limite di 400 euro, mentre per uno stipendio di 500 euro si scende a 100 euro.
E’ importante precisare che questa regola non vale sempre e che in alcuni casi si può arrivare a pignorare anche i 2/5. La legge distingue tre categorie di debiti:
- debiti alimentari, come l’assegno di mantenimento per i figli o per l’ex coniuge;
- debiti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate;
- altri tipi di debiti.
Se ci sono più creditori che hanno diritto a un debito inerente la medesima categoria, sarà possibile pignorare sempre e solo 1/5. Quindi, nel caso in cui vi sia già un creditore che ha richiesto il pignoramento, quello successivo deve attendere che l’importo venga completamente soddisfatto prima di poter ricevere a sua volta soddisfazione.
Se invece la richiesta di pignoramento riguarda diverse categorie di credito, il valore pignorabile dello stipendio può essere portato fino a un massimo di 2/5; le richieste di debito, inoltre, possono essere soddisfatte in contemporanea, restando sempre entro questi limiti.
Nel caso in cui fosse l’Agenzia delle Entrate a procedere con il pignoramento, tuttavia, valgono soglie differenti, ovvero:
- 1/10 per stipendi inferiori ai 2.500 euro;
- 1/7 per quelli tra i 2.500 e i 5.000 euro;
- 1/5 per importi superiori ai 5.000 euro.
Non esiste un valore minimo entro il quale non si può effettuare il pignoramento.
Discorso differente per il pignoramento dello stipendio già accreditato in banca. In questo caso, infatti, la procedura per il pignoramento è la stessa ma a cambiare sono i limiti. Dal momento che non è possibile calcolare nel dettaglio quali redditi presenti su conto corrente derivano dalla retribuzione percepita, il legislatore ha stabilito che sono pignorabili le somme depositate sul conto pari a tre volte l’assegno sociale. Quindi, considerando che questo ha un importo pari a 453 euro, il pignoramento può riguardare solamente gli importi che eccedono i 1359 euro. Sotto questa soglia, il patrimonio del debitore è al sicuro da qualsiasi aggressione.