Stretta Ue contro il riciclaggio, 10 nuovi Paesi inseriti in black list

L'Unione europea ha aggiornato la black list dei Paesi ad alto rischio riciclaggio. Se ne aggiungono 10 e ne sono stati tolti 8: quali sono

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

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Dieci nuovi Paesi sono entrati per la prima volta nella black list della Commissione europea. Questo è, indubbiamente uno degli aggiornamenti più consistenti degli ultimi della lista dei Paesi terzi ad alto rischio antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo. Il Regolamento delegato Ue 2025/1184 ha fatto entrare nella lista nera 10 nuove giurisdizioni, mentre ne ha eliminate 8, tra cui Panama e gli Emirati Arabi Uniti.

Sono aumentati, quindi, i Paesi soggetti alle misure rafforzate di verifica da parte delle banche, degli intermediari finanziari, dei professionisti e delle imprese italiane.

Le novità hanno sostanzialmente ridisegnato la mappa del rischio mondiale, provocando un impatto immediato su ogni operatore economico: quando verranno effettuate delle transazioni con i Paesi elencati sarà necessario adottare misure di controllo leggermente più stringenti e le operazioni andranno a impattare sui tempi e sui costi operativi di tutte le aziende.

I 10 nuovi Paesi nella black list Ue

La decisione dell’Unione europea di introdurre nella black list 10 nuovi Paesi rispecchia il monitoraggio effettuato nel corso degli mesi dalla Fatf, ossia la Financial Action Task Force, che ha analizzato le carenze dei sistemi nazionali nelle procedure di contrasto al riciclaggio.

I Paesi che sono entrati nella black list sono:

  • Algeria;
  • Angola;
  • Costa d’Avorio;
  • Kenya;
  • Laos;
  • Libano;
  • Monaco;
  • Namibia;
  • Nepal;
  • Venezuela.

La decisione di includerli deriva dal fatto che il Fatf li ha identificati come Jurisdictions under Increased Monitoring oltre che dagli impegni politici che sono stati assunti attraverso una serie di piani di azione per rafforzare i presidi di controllo.

Perché Monaco è nell’elenco

A destare un po’ di polemiche è stata l’inclusione di Monaco nell’elenco. Da molto tempo, infatti, il Principato è un importante centro di gestione patrimoniale. È però carente per quanto riguarda le strategie adottate nei controlli antiriciclaggio.

Le lacune preoccupano data la vicinanza del Paese all’Unione europea e i rapporti economici che il piccolo principato ha con gli altri Paesi.

Da un punto di vista strettamente pragmatico questo significa, almeno per gli operatori italiani, la necessità di adottare una serie di misure rafforzate per la verifica delle operazioni con questo Paese (a prevederlo è l’articolo 18-bis della Direttiva Ue 2015/849).

I Paesi a rischio per gli italiani

Sotto la lente d’ingrandimento è finito anche il Libano, che ha alcune difficoltà economiche strutturali, a cui si vanno ad aggiungere, ora come ora, rapporti commerciali e bancari più difficili con l’Europa.

Due novità importanti sono rappresentate da Namibia e Kenya, dove operano molte imprese italiane, che, a questo punto, dovranno rivedere le procedure operative per le transazioni e le partnership commerciali.

C’è anche chi esce dalla black list

C’è chi entra e chi esce dalla black list. A esserne fuori, ora come ora, sono 8 nuove giurisdizioni, che nel corso degli ultimi anni sono riuscite a dimostrare di essere particolarmente attive nel rafforzare i sistemi antiriciclaggio e, per il momento, sono fuoriuscite dal monitoraggio rafforzato.

Stiamo parlando di:

  • Barbados;
  • Gibilterra;
  • Giamaica;
  • Panama;
  • Filippine;
  • Senegal;
  • Uganda;
  • Emirati Arabi Uniti.

Per lungo tempo Panama è stata considerata una giurisdizione problematica per la trasparenza finanziaria, mentre gli Emirati Arabi Uniti sono da sempre un hub finanziario del Medio Oriente. La loro uscita rende molto più semplici le operazioni per quanti lavorano con queste piazze.

Una buona notizia è l’uscita delle Filippine, che rappresentano un importante partner commerciale dell’Italia nel Sud Est asiatico: oltre a facilitare i flussi delle rimesse dei lavoratori filippini in Italia, vengono resi più agevoli gli investimenti.

Gibilterra (ricordiamo che è un territorio britannico) è un Paese strategico per il settore assicurativo e dei giochi online ed è tornato in una posizione di normalità operativa.

Queste giurisdizioni, stando alle valutazioni effettuate dalla Commissione europea, non presenterebbero più delle carenze strategiche tali da rendere necessari dei controlli rafforzati.

Quali sono gli altri Paesi nella black list

I Paesi con carenze strategiche nei sistemi di antiriciclaggio sono diversi e diffusi un po’ in tutto il globo. Questi Paesi sono presenti dal 23 settembre 2016, quando è entrato in vigore il regolamento originario dell’Unione europea.

L’Africa subsahariana è l’area geografica più rappresentata. Sono presenti:

  • Burkina Faso;
  • Camerun;
  • Repubblica Democratica del Congo;
  • Mali;
  • Mozambico;
  • Nigeria;
  • Sudafrica;
  • Sudan del Sud;
  • Tanzania.

L’Asia conta:

  • Corea del Nord;
  • Myanmar;
  • Laos;
  • Vietnam.

In Medio Oriente ci sono:

  • Afghanistan;
  • Iran;
  • Siria;
  • Yemen;
  • Libano.

Nelle Americhe ci sono:

  • Haiti;
  • Trinidad e Tobago;
  • Venezuela.

Nel Pacifico c’è Vanuatu.

Gli adempimenti antiriciclaggio

Avere sotto mano l’elenco preciso dei Paesi che rientrano nella black list è molto importante, perché viene delimitato quale debba essere il perimetro operativo delle società. Gli operatori destinatari della normativa antiriciclaggio sono tenuti ad adempiere a obblighi ben precisi per quanto riguarda il monitoraggio, oltre a fare valutazioni rafforzate.

Le aziende devono effettuare un’attenta profilatura del rischio, nel momento in cui interagiscono con delle controparti presenti in un Paese all’interno della black list. Nell’identificazione delle situazioni che possono creare dei problemi, le aziende devono prendere in considerazione i seguenti elementi:

  • se sono presenti tra i membri degli organi direttivi delle persone che siano residenti o originarie nei Paesi terzi ad alto rischi;
  • se il cliente è residente in un Paese che rientra nell’elenco della black list;
  • presenza tra i titolari effettivi di persone che siano residenti o che siano originarie di Paesi terzi ad alto rischio;
  • la provenienza o la destinazione dei fondi dai Paesi che possono essere ad alto rischio