Trump blocca i soldi per il Ponte sullo Stretto: “Non può rientrare tra le spese Nato”

Gli Usa sono contrari al conteggio delle spese per il Ponte sullo Stretto di Messina per arrivare al 5% del Pil in investimenti militari richiesto agli alleati della Nato

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

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L’ambasciatore americano presso la Nato Matthew Whitaker avrebbe espresso parere negativo nei confronti dell’idea italiana di conteggiare le spese per il Ponte sullo Stretto di Messina tra quelle “correlate” agli investimenti nella Difesa. Questo avrebbe permesso all’Italia di utilizzare questi fondi per raggiungere il 5% del Pil di spesa militare chiesto dagli Usa.

Trump è nel frattempo tornato a parlare dei dazi, chiedendo alla Corte Suprema, a larga maggioranza conservatrice, di annullare la decisione di un giudice federale che ha bloccato buona parte dei dazi imposti fino a oggi.

Trump boccia il Ponte sullo Stretto

Secondo quanto riportato dalla testata americana Bloomberg, l’ambasciatore statunitense presso la Nato Matthew Whitaker ha intimato l’Italia a non conteggiare le spese per il Ponte sullo Stretto come militari. Il governo italiano aveva mostrato interesse nell’utilizzare i fondi per il Ponte per raggiungere il 5% del Pil richiesto dal nuovo accordo con l’alleanza atlantica.

Questo accordo richiede ai Paesi membri di spendere fondi pari almeno al 5% del proprio Pil annuo nella Difesa. Questa percentuale dovrebbe essere raggiunta attraverso due voci:

  • le spese per armi ed esercito, da portare al 3,5% del Pil;
  • le spese correlate, in infrastrutture, ricerca, tecnologia per la difesa, pari all’1,5% del Pil.

Whitaker ha dichiarato, durante l’intervista a Bloomberg:

Ho avuto conversazioni anche oggi con alcuni Paesi che stanno adottando una visione molto ampia della spesa per la difesa ed è molto importante che l’obiettivo del 5% si riferisca specificamente alla difesa e alle spese correlate e che l’impegno sia assunto con fermezza.

La strategia italiana per pagare il Ponte

Le stime più conservative sul Ponte sullo Stretto di Messina prevedono che l’opera costerà 13,5 miliardi di euro, e che sarà ultimato in sei anni. Il governo italiano avrebbe avuto intenzione di inserire questi fondi nell’1,5% del Pil per le spese correlate alla Difesa, ritenendo l’opera strategica per la logistica militare del Mediterraneo centrale. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Salvini aveva dichiarato lo scorso giugno:

Le infrastrutture come il Ponte sullo Stretto sono strategiche anche per la sicurezza da tanti punti di vista. Se investiamo di più in sicurezza, anche alcune infrastrutture strategiche fanno parte di questo piano per la sicurezza.

I 13,5 miliardi del Ponte sullo Stretto rappresentano circa lo 0,5% del Pil annuo italiano. Sui 6 anni di costruzione dell’opera, conterebbero quindi in media poco meno dello 0,1% del Pil, o un quindicesimo delle spese correlate Nato.

La questione dei dazi

Oltre alla questione delle spese militari, gli Stati Uniti stanno anche affrontando un problema giudiziario sui dazi imposti a diversi Paesi del mondo, Italia inclusa. Un giudice federale ha infatti bloccato le tariffe doganali di Trump, sostenendo che un presidente non possa imporre tasse (i dazi sono tasse pagate dalle aziende americane che importano beni dall’estero) per ordine esecutivo, quindi senza chiedere al Congresso.

Trump ha fatto subito ricorso alla Corte Suprema e ha sottolineato come una sentenza che non respingesse quella federale sarebbe un “disastro economico” per il Paese, oltre a una perdita di credibilità. La Corte Suprema, i cui giudici sono nominati a vita dal Presidente degli Usa, è insieme ultimo grado di giudizio e Corte Costituzionale. Sei dei suoi nove membri sono stati nominati da presidenti repubblicani.

La replica ufficiale del Mit

Non si è fatta attendere molto la risposta del Mit. In una nota, infatti, il governo ha controbattuto alle dichiarazioni di Donald Trump, definendo il Ponte sullo Stretto “interamente finanziato con risorse statali”. Non si prevedevano, dunque, fondi destinati alla Difesa.

Per quanto in maniera indiretta, senza apparire pubblicamente, Salvini risponde dunque al tema sollevato dall’ambasciatore statunitense alla Nato, Matthew Whitaker, sull’uso di fondi da parte di singoli Stati: “Al momento, l’eventuale utilizzo di risorse Nato non è all’ordine del giorno e, soprattutto, non è una necessità irrinunciabile. L’opera non è in discussione“.