Il primo semestre del 2024 si è chiuso con un quadro complessivamente positivo per il vino italiano, che ha registrato una crescita del 2,4% in volume e del 3,2% in valore rispetto allo stesso periodo del 2023. A guidare questa crescita è stato il Prosecco, che ha registrato un +7% negli incassi e un +13% in volume, rafforzando ulteriormente la sua posizione dominante sui mercati internazionali.
Tuttavia, l’analisi dei dati pubblicati da Ismea a settembre fanno luce su una realtà più complessa e sfumata, con segnali di rallentamento che potrebbero condizionare le prospettive future del settore.
Il vino italiano più venduto al mondo è il Prosecco
Il comparto degli spumanti, e in particolare il Prosecco, è senza dubbio il protagonista principale dell’export italiano nel 2024. La domanda globale per il Prosecco infatti continua a crescere a ritmi sostenuti, grazie a una combinazione di fattori: qualità del prodotto, prezzo competitivo, e forte appeal sui mercati internazionali. Questo successo ha permesso al settore di compensare le difficoltà di altre categorie di vini, come i vini sfusi e i bag-in-box, che hanno registrato una contrazione rispettivamente del 6% e del 5% nelle esportazioni.
La segmentazione del mercato vinicolo offre ulteriori spunti di riflessione. I vini in bottiglia, supportati principalmente dalle Igt, hanno mantenuto una certa stabilità, contribuendo a sostenere l’export nonostante il calo di interesse registrato per altri tipi di prodotto. In particolare, i vini Dop fermi hanno registrato una crescita modesta dello 0,2% in volume e dello 0,7% in valore, un segnale di resilienza in un contesto complesso.
Crescita minima e sostenibilità a rischio
Se escludessimo il contributo degli spumanti, il quadro delle esportazioni di vino italiano risulterebbe pressoché stagnante, con una crescita minima dello 0,1% in volume. Questo dato evidenzia come il trend positivo del settore sia fortemente legato al successo del Prosecco, il che potrebbe rappresentare un rischio per la sostenibilità della crescita nel medio-lungo termine. Affidarsi a un unico prodotto come principale driver dell’export potrebbe esporre il settore a vulnerabilità in caso di variazioni della domanda o cambiamenti nelle preferenze dei consumatori.
Inoltre, anche i vini comuni hanno subito un calo del 2,9% in volume, pur registrando un aumento del 3,9% in valore. Questo dato riflette una tendenza interessante: la domanda di vini di fascia più bassa potrebbe essere in calo, ma il valore per litro esportato è aumentato, suggerendo un miglioramento della qualità percepita o un aumento dei prezzi. Ciò potrebbe indicare una maggiore focalizzazione su segmenti di mercato più redditizi, ma pone la questione della capacità di questi prodotti di competere in un ambiente internazionale sempre più competitivo.
Le incognite per il futuro del settore vinicolo
Una delle principali preoccupazioni per il settore vinicolo italiano riguarda il rallentamento delle esportazioni in alcuni dei mercati chiave. Mentre gli Stati Uniti (+2%) e il Regno Unito (+2,3%) hanno mantenuto una crescita moderata, altre nazioni hanno mostrato segnali preoccupanti. La Germania, storicamente uno dei principali partner commerciali per il vino italiano, ha visto una contrazione dell’1,2% in volume. Ancora più marcati sono i cali registrati in Svizzera (-3,8%), Canada (-1,4%) e soprattutto in Francia (-10,8%).
Questi dati evidenziano una crescente difficoltà a mantenere quote di mercato in alcune delle principali economie mondiali, complici fattori come la stagnazione economica, la crescente concorrenza da parte di altri Paesi produttori di vino e le politiche commerciali più restrittive. Per il futuro, il settore vinicolo italiano dovrà concentrarsi sulla diversificazione dei mercati di esportazione, cercando nuove opportunità in economie emergenti e rafforzando la sua presenza in aree meno esplorate.