Tensioni tra Stellantis e il governo, Tavares risponde a Meloni: “Incentivi in ritardo, grazie”

Meloni attacca Stellantis, Tavares replica e ringrazia sarcasticamente l'esecutivo per i ritardi: tensione alle stelle tra il governo e il Gruppo

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

È tensione massima tra Stellantis e il governo Meloni, con accuse e risposte da una parte e dall’altra dopo le parole della premier a “Quarta Repubblica”. Il primo affondo arrivato dalla presidente del Consiglio sulla fusione di Fca e Psa in Stellantis, infatti, non hanno fatto di certo piacere al Ceo Carlos Tavares, che ha risposto alla premier e ha accusato l’esecutivo di aver rallentato la produzione in Italia. Cosa che, invece per la presidente, sarebbe avvenuto perché il Gruppo avrebbe puntato maggiormente sulla Francia e non sull’Italia.

L’attacco di Meloni a Stellantis

Per capirci di più, però, bisogna partire dalle dichiarazioni di Giorgia Meloni. La premier, durante la trasmissione “Quarta Repubblica”, era stata invitata a commentare un articolo di La Repubblica dal titolo “L’Italia in vendita”, un pezzo fortemente critico sul piano delle privatizzazioni del governo. Un approfondimento che non era piaciuto alla leader FdI: “Bello tutto, ma che questa accusa arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi, che hanno trasferito all’estero sede fiscale e legale…”.

Un chiaro riferimento e attacco alla famiglia Agnelli, accusata da Meloni anche di aver “messo in vendita sui siti immobiliari le sedi delle nostre storiche aziende italiane”.

Una attacco, quello di Meloni, proseguito poi mercoledì 24 gennaio nel question time alla Camera in cui ha ribadito il proprio pensiero su Stellantis, puntando addirittura il dito su una fusione con Psa “che celava un’acquisizione francese dello storico gruppo italiano“. “Oggi nel cda di Stellantis siede un rappresentante del Governo francese e non è un caso se le scelte industriali del gruppo tengano in considerazione molto più le istanze francesi rispetto a quelle italiane”.

“Il risultato è che si produce più in Francia che in Italia” ha detto la premier che vuole “difendere l’interesse nazionale e la produzione dell’automotive in Italia”.

Tavares risponde alla premier

E il Ceo Stellantis Carlos Tavares, raggiunto dalle parole della premier mentre visitava lo stabilimento di Atessa in Abruzzo, non ha fatto attendere i cronisti per la risposta all’esecutivo. La guida del Gruppo, infatti, ha denunciato che il governo non ha ascoltato Stellantis, facendo arrivare in netto ritardo gli incentivi per le auto elettriche.

“Se dobbiamo assorbire il 40% dei costi non ci si può aspettare che lo faremo senza nessun cambiamento nella società” ha detto Tavares, specificando che tutte le scelte fatte su spostamenti di siti di produzione o tagli al personale sono state conseguenza logica. Ma non in Italia: “Abbiamo più di 40 mila dipendenti in Italia che lavorano molto duramente per adattare l’azienda alla nuova realtà che è stata decisa dai politici”.

E Tavares, quindi, non ci sta: “In questo momento stiamo investendo moltissimo nelle tre gigafactory europee, di cui una è in Italia a Termoli, dove stiamo trasformando lo stabilimento in una gigafactory. E cosa otteniamo? Critiche. Non credo che i dipendenti italiani lo meritino”.

L’affondo poi sugli incentivi auto arrivati in ritardo: “Chiediamo al governo da nove mesi di sostenerci nella produzione di veicoli elettrici. Se vogliamo raggiungere il traguardo di un milione di veicoli prodotti, dobbiamo avere sostegni alla produzione. Vorrei ringraziare il governo che lancerà a febbraio i nuovi incentivi, ma abbiamo perso nove mesi. A Mirafiori, dove si fanno solo auto elettriche, avremmo potuto produrre di più”.

E al ministro Urso, che insiste sulla necessità dell’arrivo di un secondo produttore di auto in Italia, Tavares replica: “Se il governo vuole portarlo, lo faccia. Siamo pronti a lottare, a competere, i nostri dipendenti sono pronti, ma bisogna pensare anche alle conseguenze. Noi vogliamo proteggere gli stabilimenti italiani. Vedremo poi le conseguenze, vedremo se sarà stata una scelta buona, una decisione positiva per l’Italia”.