Quello della Manovra finanziaria è stato e continua a essere un autentico percorso a ostacoli. Dopo una seduta fiume (in piena) e l’approvazione di numerosi emendamenti, il testo ora deve tornare in commissione per via di un errore legato proprio a una proposta di modifica.
Dopo giorni di scontro politico e ritardi, il tempo per approvare la Legge di Bilancio è quasi scaduto. Il via libera dovrebbe arrivare entro il 24 mattina, col testo che poi passerà al Senato in gran fretta per evitare il rischio di esercizio provvisorio. Ma un emendamento da quasi mezzo miliardo di euro minaccia ulteriormente l’iter della Manovra.
L’emendamento “incriminato”: cosa è successo
Tra i tanti emendamenti passati nella notte, uno in particolare ha determinato il “ritorno indietro” del testo. Gli uffici hanno rilevato un buco di ben 450 milioni di euro, legato a un emendamento pensato per alleviare il peso economico sulle spalle dei Comuni italiani. Emendamento approvato “per errore”, come riferito dai presenti, perché dato per fattibile nonostante non esistano le necessarie coperture finanziarie.
L’intero “tesoretto” garantito per le modifiche parlamentari al testo della Manovra ammonta infatti in totale a circa 400 milioni. Facile capire, dunque, come l’emendamento 146.020 abbia “sforato” il budget. Addirittura i fondi sono stati poi dimezzati, al fine di consentire alcune modifiche giudicate necessarie dal Governo. Intanto però un emendamento del Pd ha previsto 450 milioni per la riduzione del disavanzo dei Comuni per il 2023. Una somma da ripartire tra gli enti locali che hanno usufruito di anticipazioni di liquidità. Gli oneri dell’emendamento sono coperti con una riduzione di 450 milioni di euro per il 2023 del Fondo per le esigenze indifferibili (svolta anche sulla sicurezza: nuovo fondo per le Forze dell’ordine).
Scoperta anche un’altra “svista”
L’emendamento senza risorse potrebbe però non essere l’unico errore da correggere col ritorno del provvedimento in commissione Bilancio della Camera. Un’altra “svista” riguarderebbe infatti anche un emendamento di Noi Moderati, che puntava a smantellare il Reddito di cittadinanza eliminando il requisito dell’offerta “congrua” (intanto il pagamento di dicembre arriva in anticipo: ne abbiamo parlato qui).
La norma non interviene su un altro articolo del decreto del 2019 sul Reddito di cittadinanza, e quindi il riferimento alla “congruità” delle proposte di lavoro rimane.
Il cammino accidentato della Manovra
L’iter della Legge di Bilancio ha poi subìto ulteriori rallentamenti, per consentire alla Ragioneria dello Stato di esaminare tutte le misure approvate. Una situazione di difficoltà che ha ammesso perfino la stessa Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “Mi pare che, tra mille difficoltà anche di rodaggio, con giorni complessi per la Manovra e nonostante tutto quello che si può e dovrà migliorare, si può dire che rispetto a chi auspicava e prefigurava la partenza della nostra maggioranza e governo come una catastrofe, tutto il racconto fatto contro di noi sta tornando indietro come un boomerang”.
Una volta risolti questi “problemini” di definizione, il testo finale dovrà poi tornare in Aula per la questione di fiducia. Come da regolamento, tra la richiesta e il voto dovranno passare 24 ore, rimandando l’ok finale alla mattina del 24 dicembre. Il provvedimento passerà poi al Senato, dove dovrebbe essere licenziato senza modifiche vista la mancanza di tempo per un esame approfondito in commissione. È dunque probabile che ci sarà una nuova fiducia, da porre però entro il 31 dicembre, termine ultimo per evitare l’esercizio provvisorio nel 2023.