Gas, l’Italia stringe un patto con un altro Paese

Dal Medio Oriente all'Europa passando per l'Italia: la nuova rotta del gas liquefatto prevede un maxi progetto con tanto di gasdotto lungo quasi 2mila chilometri

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

La crisi energetica provocata dalla guerra in Ucraina ha mosso parecchie tessere del domino della catena di approvvigionamenti dalla Russia all’Europa. Già da mesi ormai molti Paesi si sono mossi per concludere accordi per forniture da altre nazioni produttrici.

L’Italia è uno degli Stati più attivi sotto questo punto di vista. Dopo l’intesa con l’Algeria (di cui abbiamo parlato qui) e al maxi progetto che coinvolge la Libia, il Governo sottoscrive un accordo con un altro Paese: Israele.

Cosa prevede l’accordo sul gas con Israele

I premier italiano e israeliano, Giorgia Meloni e Benjamin Netanyahu, si sono incontrati a Palazzo Chigi per discutere di varie tematiche. Oltre all’auspicio per la ripresa del processo di pace con i palestinesi e l’impegno italiano contro l’antisemitismo, il focus ha riguardato la promessa israeliana di inviare più gas all’Italia. I dettagli e la decisione definitiva saranno delineati in un nuovo vertice intergovernativo da tenersi “tra qualche mese” in Israele (l’ultimo fu nel 2013).

La portata del progetto non si limita però ai soli confini italiani. Il nostro Paese diventerebbe un vero e proprio hub per l’export e il trasporto di gas liquefatto da Israele all’Europa. “Ora c’è la partecipazione dell’Eni nel nostro progetto, ma riteniamo di poterla portare ad un livello ancora superiore”, ha spiegato Netanyahu, ribadendo quanto annunciato in mattinata al Forum economico con il ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, e invitando Meloni a Gerusalemme “assieme a 50 o 100 aziende leader” del settore.

Il gasdotto tra Italia e Medio Oriente

Un’infrastruttura fondamentale per realizzare il progetto italo-israeliano sarà il nuovo gasdotto EastMed, lungo oltre 1.900 chilometri (di cui più di due terzi sottomarini). I tunnel collegherebbero non solo i giacimenti di gas dello Stato ebraico, ma anche quelli di Cipro direttamente con la Grecia. In rete con il tratto offshore dell’infrastruttura gemella Poseidon, il gas arriverebbe quindi in Italia, a Otranto.

L’iniziativa dovrebbe essere realizzata da IGI Poseidon S.A., una joint venture tra la società statale greca DEPA e l’italiana Edison, che in realtà appartiene a Electricité de France (Edf). Il progetto del gasdotto dovrebbe essere completato entro il 2028, con costi stimati tra i 5 e i 7 miliardi di euro.

Il gas israeliano rischia tuttavia di costare caro, perché anche lo Stato ebraico sta portando avanti un conflitto, in terra palestinese. E con la guerra i prezzi delle materie prime, l’abbiamo tristemente imparato, sono destinati a schizzare alle stelle.

Le proteste degli ambientalisti

Il progetto italo-israeliano è stato oggetto di vibranti proteste da parte dei collettivi ambientalisti, che l’hanno definito un piano “climaticida” che dirotta fondi e investimenti (soprattutto comunitari, con tanto di procedura accelerata) su combustibili fossili e non su energie rinnovabili. Secondo Greenpeace, una volta a pieno regime il gasdotto EastMed “potrebbe essere responsabile di emissioni di gas serra equivalenti a 27 milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno, tenendo conto del consumo energetico, del trasporto e delle perdite”.

Facendo due conti, l’infrastruttura arriverebbe a consumare ben l’11,5% della quota di CO2 che l’Ue ha a disposizione per il periodo 2028-2050, che deve essere “risparmiata” per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali. Per questo motivo, secondo Greenpeace, EastMed rischia di accelerare gravemente la crisi climatica.