Crolla la Silicon Valley Bank: cosa rischiamo noi

Il fallimento della Silicon Valley Bank, specializzata nel settore tecnologico, ha causato timori anche in Europa. Si teme una nuova "Lehman Brothers"

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

La situazione della Silicon Valley Bank era sull’orlo della disperazione già da tempo. Alla fine i vani tentativi di raccolta fondi e una fuga dei clienti più veloce delle trattative per una vendita dell’istituto hanno inferto il colpo di grazia.

Alle autorità statunitensi non è rimasta altra scelta che chiudere la società, decretandone il fallimento e assumendone di fatto il controllo. Il terremoto è stato però violento e potenzialmente vasto: il crollo è il secondo più grande della storia americana, dopo il collasso di Washington Mutual nel 2008, e rischia di estendere i suoi effetti negativi sul mercato. Anche da noi (ecco le banche più solide in Italia e in Europa: la nuova classifica BCE).

Cosa è successo alla Silicon Valley Bank

La Silicon Valley Bank è una banca specializzata nei finanziamenti di start-up tecnologiche, il primo istituto assicurato dalla Fdic a fallire. Il gruppo contava circa 209,0 miliardi di dollari in asset e 175,4 miliardi in depositi, ed era la sedicesima banca americana per dimensione patrimoniale. Il suo tramonto ha ricevuto impulso decisivo da alcune società di venture capital – inclusa Founders Fund di Peter Thiel – che hanno consigliato alle aziende in portafoglio di ritirare i fondi dall’istituto. Il suggerimento è stato però fatale, mutandosi dapprima in fuga e poi in un fallimento a stretto giro, nel giro di neanche 48 ore. L’agenzia federale ha già dato vita a una nuova banca: la National Bank of Santa Clara, per i depositi e i gli asset di SVB. La nuova realtà creditizia sarà operativa da lunedì per facilitare i prelievi dei clienti dell’istituto fallito.

Alle prime difficoltà Silicon Valley Bank ha tentato la mossa della disperazione. Nonostante tutto, “il sistema bancario resta resiliente”, ha precisato il segretario al Tesoro americano, Janet Yellen, affermando di avere “piena fiducia” nelle autorità bancarie. Per la California si tratta della seconda grande banca “persa” in pochissimo tempo, visto che anche Silvergate Capital Corp ha deciso di cessare le sue attività e procedere con la liquidazione.

Secondo molti osservatori, il caso Silicon Valley Bank mostra i nefasti effetti degli aumenti dei tassi di interesse da parte della Fed sulla liquidità (stangata sui tassi anche in Europa, la Bce ha deciso: ecco quanto aumentano ancora). L’istituto ha cominciato a registrare problemi con il boom dell’industria tecnologica, quando la società decise di parcheggiare 91 miliardi di dollari di depositi in titoli legati ai mutui e Treasury, che erano bollati come sicuri ma che ora valgono 15 miliardi di dollari in meno rispetto a quando sono stati acquistati. La causa? Proprio gli aumenti dei tassi. Con il fallimento i 175 miliardi di dollari di depositi, inclusi quelli di alcuni dei nomi maggiori del mondo tecnologico, finiscono sotto il controllo della Federal Deposit Insurance Corp.

Quali sono i rischi

Il crollo ha agitato non poco i mercati, allarmati per un possibile effetto contagio e spaventati dall’ipotesi che il fallimento possa essere una nuova “Lehman Brothers”. Gli analisti smentiscono tuttavia uno scenario di questo genere. Di fatto però il fallimento della Silicon Valley Bank ha trascinato in negativo i listini europei, con alcuni titoli bancari che hanno ceduto fino al -4,58%.

Il vero pericolo evidenziato dagli esperti riguarda l’impatto dell’aumento del costo del denaro e l’incertezza in cui si trova a operare il settore finanziario. Da qui cresce il timore di forti perdite per altri istituti bancari e una corsa agli sportelli, che potrebbe mettere ulteriormente sotto pressione l’ambiente creditizio.