Nuovi dazi Usa-Cina, la guerra delle tariffe azzoppa le Borse e minaccia tutti

Rischio escalation commerciale fra Usa e Cina: dietro le tariffe e i dazi, si muove una competizione strategica per il dominio logistico, tecnologico e marittimo

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 10 Ottobre 2025 18:59

Riecco la guerra dei dazi fra Usa e Cina, in modalità ancora più pugnace: dal 14 ottobre Pechino imporrà tariffe di attracco di 400 yuan per tonnellata netta alle navi Usa o riconducibili a interessi americani, replicando le misure introdotte da Washington contro i mercantili cinesi.

Trump, dal canto suo, attacca i cinesi parlando di ostilità e minaccia una recrudescenza nelle tariffe.

Trump contro la Cina

Donald Trump su Truth Social ha accusato Pechino di “atti ostili” e di voler “imporre controlli sulle esportazioni di ogni singolo elemento della produzione che abbia a che fare con le terre rare”. Il presidente americano ha già ventilato nuovi dazi: 100% sui farmaci, 50% sui mobili, 25% sui camion.

La misura cinese, apparentemente tecnica, è invece altamente politica: colpisce non solo le navi battenti bandiera statunitense, ma anche quelle di proprietà o controllo parziale di entità americane (oltre il 25%). Pechino estende così il campo d’applicazione per ampliare l’effetto simbolico e pratico delle contromisure.

La guerra commerciale Usa-Cina azzoppa la Borsa

Gli analisti stimano che l’impatto iniziale sarà modesto ma significativo: aumento dei costi per i consumatori americani, riduzione dei margini per gli spedizionieri e calo delle esportazioni verso gli Stati Uniti. La Cina, con una quota del 53% della cantieristica mondiale, ha strumenti di ritorsione molto più ampi di quelli americani, che rappresentano solo una frazione del settore. In altre parole, Pechino può colpire con forza crescente, mentre Washington ha leve industriali limitate.

La reazione di Trump è stata immediata e furiosa. “Sto valutando un massiccio aumento dei dazi sui prodotti cinesi”, ha scritto. E ha cancellato il previsto incontro con Xi Jinping in Corea del Sud, dove i due leader avrebbero dovuto cercare una tregua commerciale.

Le sue parole hanno affondato Wall Street: Dow Jones -1,07%, Nasdaq -2,35%, S&P 500 -1,61%, in un clima di crescente nervosismo. Il presidente americano ha accusato la Cina di voler “tenere il mondo in ostaggio” attraverso il controllo delle terre rare, indispensabili per tecnologie strategiche come auto elettriche, chip e missili.

Ipotesi asse Cina-Russia-India

Sul piano geopolitico, lo scontro rischia di accelerare la formazione di nuovi schieramenti economici e strategici. Mentre l’Occidente si compatta intorno a Washington, Pechino consolida la sua rete di alleanze alternative: Russia e India, già coordinate all’interno della Shanghai Cooperation Organisation (Sso) e dei Brics allargati, si stanno progressivamente allineando alla logica del “mercato multipolare”, più autonomo dal dollaro e dalle catene logistiche controllate dagli Stati Uniti.

In questo quadro, la “guerra dei porti” diventa il simbolo di una più ampia frattura del sistema commerciale globale: un mondo in cui i flussi di merci e materie prime vengono sempre più filtrati da barriere politiche e dazi incrociati.

Nel medio periodo, l’escalation dei dazi e delle restrizioni rischia di rafforzare la cooperazione economica tra Cina, Russia e India, con effetti potenzialmente dirompenti per le economie occidentali, dipendenti proprio da quelle catene di fornitura che Pechino oggi controlla.

C’è infine un elemento strategico da non sottovalutare: le tensioni commerciali si stanno intrecciando sempre più strettamente con la dimensione militare e tecnologica. E il controllo dei porti, delle rotte marittime e dei materiali strategici (terre rare, semiconduttori) è sempre più uno strumento di pressione economica e geopolitica.