Tagli alle Università statali, Meloni cancella 518 milioni: più colpiti gli atenei al Sud

Sempre meno fondi alle università mettono a rischio soprattutto gli Atenei del Sud. In Sicilia mancano soldi per offerta formativa e ricerca

Foto di Giorgia Bonamoneta

Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

Pubblicato:

Il governo Meloni taglia i fondi per le università. Con l’anno accademico in corso, molte università stanno già vivendo un grosso deficit di investimento a causa dei tagli al Ffo, principale fonte di finanziamento delle università statali. In particolare, per la Sicilia, quelle di Catania, Messina e Palermo si tratta di un taglio di circa 35 milioni di euro, che si sommano ai tagli precedenti e aggravano le condizioni strutturali degli atenei siciliani.

In totale, negli anni del governo Meloni, si sono sommati tagli e mancata assegnazione di nuovi fondi per un totale di 518 milioni di euro. L’effetto è stato, fin da subito, molto impattante su ricerca, assunzione e riduzione dell’offerta formativa.

Il sottofinanziamento cronico delle università italiane

Ancora tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario (Ffo) per le università statali. Nel 2024 c’è stato un taglio di 178 milioni di euro, a cui si è aggiunta la mancata assegnazione di altri 340 milioni del Piano straordinario “Messa”. Complessivamente alle università statali a oggi mancano 518 milioni di euro, con tutte le conseguenze del caso.

Tra queste il congelamento delle prese di servizio per tutto il 2025, la sospensione delle procedure di reclutamento, la revisione della programmazione triennale, il taglio dei fondi di ricerca, la riduzione dell’offerta formativa e la moltiplicazione di docenze gratuite.

Il 2025 è, invece, all’insegna di un aumento del +3,73% rispetto al 2024 e questo dato viene riportato con orgoglio dalla ministra Bernini. Il problema è che questo aumento copre a malapena la spesa prevista per il Piano straordinario, ma non compensa il taglio di 178 milioni di euro in meno.

Come riporta la Flc Cgil di Napoli, le università statali nel biennio hanno dovuto tagliare le spese di oltre 1 miliardo di euro (il 6% delle loro entrate), al netto dell’inflazione.

Tagli più alti al Sud: la crisi degli Atenei

Delle condizioni delle università siciliane ne apprendiamo, nello specifico, grazie all’approfondimento di Miriam Sommarino per Generazione Sicilia. Secondo Sommarino, il taglio va inquadrato in un contesto generale di svantaggio e sottosviluppo meridionale. Condizioni che, senza un adeguato investimento, spingono i giovani a un processo di migrazione forzata.

I tagli al Ffo hanno effetti negativi su tanti aspetti, in particolare:

  • sulla qualità della didattica e dell’offerta formativa;
  • sull’aggiornamento e il reclutamento dei docenti;
  • sul finanziamento della ricerca;
  • sull’assunzione di personale.

“A lungo termine – scrive ancora Sommarino – si mette a rischio l’esistenza stessa degli Atenei siciliani”.

Le conseguenze del Piano strategico nazionale per le aree interne

Sono tutti aspetti che, a oggi, si sommano al Piano strategico nazionale delle aree interne. Si tratta di un documento che alcuni definiscono “distopico”, perché racconta esplicitamente la volontà di accompagnare le aree rurali, montane e i piccoli comuni in un “percorso di cronicizzato declino e invecchiamento”.

Il taglio alle università colpisce in particolar modo il Sud e i giovani costretti a migrare per studiare contribuiranno ancora di più allo spopolamento, accelerando un fenomeno già visto come irreversibile. Un fenomeno che, come si legge nel Piano, il governo vuole “accompagnare”:

Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse. Hanno bisogno di un piano mirato che le possa assistere in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita.

La crisi è servita? Secondo diversi commentatori, si tratta di una “guerra tra poveri per accaparrarsi le poche risorse”, giustificando così l’abbandono e il conseguente declino delle aree interne del Mezzogiorno. Tutto questo avviene, si sottolinea, in barba all’articolo 3 della Costituzione, che garantisce pari dignità sociali senza distinzioni territoriali.