La Bce ha deciso di alzare i tassi d’interesse di mezzo punto percentuale, nonostante le turbolenze che stanno investendo le banche. Il tasso sui rifinanziamenti principali sale al 3,50%, quello sui depositi al 3% e quello sui prestiti marginali al 3,75%.
Una mossa – si spiega – dettata dalla considerazione che “l’inflazione dovrebbe rimanere troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato”. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea “segue con attenzione le tensioni in atto sui mercati” ed “è pronto a intervenire ove necessario per preservare la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria nell’area dell’euro”.
Tensione sui mercati
Nella dichiarazione conclusiva della riunione di marzo si legge che il Consiglio direttivo della Bce “segue con attenzione le tensioni in atto sui mercati ed è pronto a intervenire ove necessario per preservare la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria nell’area dell’euro”. Si sottolinea inoltre come “il settore bancario dell’area dell’euro è dotato di buona capacità di tenuta, con solide posizioni di capitale e liquidità”. “In ogni caso – si ricorda – la Bce dispone di tutti gli strumenti necessari per fornire liquidità a sostegno del sistema finanziario dell’area dell’euro, qualora ve ne sia l’esigenza, e per preservare l’ordinata trasmissione della politica monetaria”.
Sul fronte asset, viene confermata la riduzione del bilancio Bce con un portafoglio del programma di acquisto di attività (il cosiddetto quantitative easing) che “si sta riducendo a un ritmo misurato e prevedibile, dato che l’Eurosistema reinveste solo in parte il capitale rimborsato sui titoli in scadenza. Il ritmo di tale riduzione sarà pari in media a 15 miliardi di euro al mese sino alla fine di giugno 2023 e verrà poi determinato nel corso del tempo”.
Le nuove proiezioni macroeconomiche
Nella riunione del Consiglio direttivo sono state presentate le nuove proiezioni macroeconomiche degli esperti della Bce che per l’inflazione vedono un dato rivisto al ribasso soprattutto per effetto del minore contributo delle quotazioni energetiche: ora l’Eurotower stima un’inflazione in media al 5,3% nel 2023, al 2,9% nel 2024 e al 2,1% nel 2025. Anche se – si precisa – le pressioni di fondo sui prezzi restano intense.
Anche “le proiezioni per la crescita nel 2023 sono state corrette al rialzo nello scenario di base, collocandosi in media all’1,0% per effetto sia del calo delle quotazioni energetiche sia della maggiore tenuta dell’economia al difficile contesto internazionale. Gli esperti della Bce si attendono poi che la crescita aumenti ancora all’1,6% sia nel 2024 sia nel 2025, sostenuta dal vigore del mercato del lavoro, dal miglioramento del clima di fiducia e dalla ripresa dei redditi reali”. Si tratta per il dato 2024 e 2025 di una crescita “inferiore rispetto alle proiezioni di dicembre, di riflesso alla politica monetaria più restrittiva”.
Le proiezioni tuttavia, si spiega, sono state “ultimate agli inizi di marzo, prima delle recenti tensioni emerse nei mercati finanziari“, tensioni che “comportano pertanto ulteriore incertezza riguardo alle valutazioni dello scenario di base per l’inflazione e la crescita”.