Italia in ritardo, addio PNRR: “Rinunciamo ai soldi”. È scontro nel governo

La Lega, visto il ritardo incolmabile, vorrebbe rinunciare volontariamente a parte dei soldi, la Meloni è contraria ma il tempo stringe. Il ruolo del Quirinale.

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Redazione

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Il rischio di perdere almeno metà dei soldi del PNRR – un centinaio di miliardi sui 209 previsti – a causa di ritardi e burocrazia, continua a tenere banco negli ambienti di governo. Dove la tensione sale giorno dopo giorno e le posizioni iniziano a distinguersi. L’attenzione del Quirinale sul tema è massima, Mario Draghi ha fatto chiaramente capire che non è dando la colpa al suo governo (o a quello di Conte) che l’esecutivo Meloni scanserà le responsabilità sul tema, e intanto le scadenze si avvicinano senza scampo.

La tranche da 19 miliardi

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza intanto è finito ai tempi supplementari: ci sarà un mese in più per ottenere la terza tranche da 19 miliardi, per dare la possibilità all’Italia di apportare modifiche e ultimare i ‘compiti a casa’.

La Lega: “A questo punto rinunciamo”

Il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, assicura che i soldi arriveranno, ma bisogna “riflettere ed evitare sprechi facendosi prendere dalla fretta”. Perché “spenderli per spenderli senza identificare i progetti realmente necessari non ha senso – il ragionamento -. Per questo si potrebbe arrivare a valutare di rinunciare a una parte dei fondi a debito, che sono sempre soldi che vanno a pesare sulle finanze degli italiani”.

Parole che non passano inosservate. La segretaria dem, Elly Schlein, alza il tiro, e dopo aver chiesto che fosse il ministro ‘responsabile’ del Pnrr per il governo, Raffaele Fitto, a venire in Aula a riferire, chiede che sia la stessa Meloni a chiarire la vicenda in Parlamento. Sulla stessa linea il M5S, che con Giuseppe Conte non manca di rimarcare “le spaccature nel governo”, ma porge il ramoscello di ulivo tornando a chiedere che tutti, nessuno escluso, si siedano attorno a un tavolo per uscire dalla palude in cui l’Italia rischia di finire.

Governo smentisce: “Piano sarà solo rimodulato”

L’ipotesi di rinunciare a parte dei fondi a debito del Pnrr, nel caso in cui non fosse possibile modificarne la destinazione, “non è sul tavolo – assicurano autorevoli fonti di governo all’Adnkronos -: le risorse verranno solo rimodulate, ma al momento non c’è alcuna intenzione di rinunciare a parte dei fondi” messi a disposizione dell’Italia dall’Europa con il Next Generation Eu. “Al momento – chiariscono fonti dell’esecutivo in prima linea nella gestione del dossier – quello che si sta facendo è rimodulare i fondi di spesa. Tutti fanno finta di non sapere, ma in realtà tutti sono ben consapevoli che ci sono progetti non realizzabili al 2026”, deadline fissata per il Pnrr.

Quei progetti che rischierebbero dunque di trasformarsi in un boomerang, e per i quali l’Italia si è vista costretta a chiedere a Bruxelles un mese in più, “verranno messi a terra con il RepoweEu, così da dilatare i tempi di qualche anno, oppure dirottati sul Fondo di sviluppo e coesione, che non ha scadenza”. Le risorse così ‘liberate’, ovvero de-finanziate dal pacchetto Pnrr, “verranno riprogrammate su progetti fattibili”, oggetto della interlocuzione in corso con l’Europa. Ma, ad oggi, “la volontà è di utilizzare tutto lo spazio di spesa” a disposizione, ovvero tutti i 209 miliardi destinati all’Italia, fino all’ultimo centesimo.

Cosa rischiamo

L’Italia è il Paese europeo che ha diritto ai maggiori fondi, 191,5 mld, e rinunciare a una parte delle risorse avrebbe ripercussioni consistenti. Sia, ovviamente, perché ci sarebbero meno soldi da impiegare per modernizzare il Paese e fare le riforme strutturali che servono sia perché sarebbe una scelta che peserebbe non poco sui rapporti con l’Europa e su qualsiasi altra futura interlocuzione che riguardi la possibilità di condividere il debito tra gli Stati membri. Il Recovery fund, nato per fronteggiare le conseguenze della pandemia Covid, è infatti uno sforzo senza precedenti, che per la prima volta ha costruito una risposta collettiva che aiuta in maniera proporzionale rispetto alle esigenze.

La flessibilità che chiede Meloni rispetto agli obiettivi del Pnrr è già prevista dalla Commissione Ue. Si tratta, semplicemente, di negoziarla garantendo le riforme, la correttezza dei progetti e delle procedure per attuarli. “Su alcune cose bisogna verificare la fattibilità, però è oggetto di un’interlocuzione con la Commissione sulla base di quello che noi riteniamo sia necessario per spendere queste risorse al meglio”, ha spiegato la presidente. Lo spazio c’è, purché si rimanga nello spirito del Recovery Fund, ovvero: risorse, tante, in cambio di serietà.