Private debt: arriva la frenata con aumento tassi Bce

Nella prima parte dell'anno investiti 1.238 milioni di euro, in calo del 7% rispetto ai 2022. Raccolta a 316 milioni di euro, -23%

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Investimenti in calo del 7% e raccolta che segna un -23% rispetto al 2022. La fotografia scattata dalla ricerca di AIFI (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt), in collaborazione con CDP e Deloitte, mostra un mercato italiano del private debt in sofferenza nel primo semestre 2023. Un risultato in linea con quello europeo e globale che non sorprende gli operatori. Le imprese si sono, infatti, trovate a operare in un contesto di rallentamento economico e di tassi di interesse in crescita di riflesso alla politica restrittiva della BCE, che le ha portate a usare la cassa e non andare sul mercato per nuove operazioni.

Raccolta vede settore pubblico avanti

Nel primo semestre del 2023 la raccolta totale (di mercato e captive) si è attestata a 316 milioni di euro, in calo del 23% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando era stata pari a 410 milioni. La prima fonte della raccolta di mercato sono stati il settore pubblico e i fondi di fondi istituzionali (63%), seguiti dalle banche (12%) e dai fondi pensione e casse di previdenza (10%). Guardando alla provenienza geografica, la componente domestica ha rappresentato l’82% della raccolta totale.

Investimenti

Nella prima parte dell’anno sono stati investiti 1.238 milioni di euro, in calo del 7% rispetto ai 1.433 milioni del primo semestre del 2022. Il numero di sottoscrizioni è stato pari a 68 (-50%), distribuite su 46 società (-37%). Escludendo dall’analisi le operazioni (per società oggetto di investimento) di ammontare superiore ai 100 milioni di euro, i dati relativi all’ammontare risultano pari a 524 milioni, in calo del 37% rispetto al primo semestre 2022 (836 milioni).

I soggetti domestici hanno realizzato il 72% del numero di operazioni, mentre il 78% dell’ammontare è stato investito da operatori internazionali. Il 50% delle operazioni sono stati finanziamenti, il 47% sottoscrizioni di obbligazioni e il restante 3% strumenti ibridi. Il 55% dell’ammontare investito ha riguardato operazioni per la realizzazione di buy out (705 milioni, -29% rispetto al primo semestre 2022), le operazioni con obiettivo lo sviluppo delle società hanno attratto 505 milioni (39% del mercato, con un aumento del 51%), mentre il restante 6% è stato destinato al rifinanziamento del debito.

Per quanto riguarda le caratteristiche degli strumenti, la durata media, di poco inferiore ai 6 anni, risulta in linea con i periodi precedenti, mentre si osserva una crescita media dei tassi d’interesse applicati.

A livello geografico, la prima regione resta la Lombardia, con il 26% del numero di operazioni, seguita dal Veneto con il 16%. Con riferimento alle attività delle aziende target, al primo posto con il 24% degli investimenti troviamo il settore dei beni e servizi industriali, seguito all’alimentare, con il 22%. A livello di dimensione delle aziende target, il 53% degli investimenti ha riguardato imprese con meno di 250 addetti.

Rimborsi

Nel primo semestre del 2023 le società che hanno effettuato rimborsi sono state 66 (93 nello stesso periodo dell’anno precedente, -29%), per un ammontare pari a 127 milioni di euro (+10% rispetto ai 116 della prima parte del 2022). L’81% del numero di rimborsi ha seguito il piano di ammortamento.