Mercati, cinque interrogativi per il 2025

Anthony Willis, Investment Manager di Columbia Threadneedle Investments: "il consensus è che sarà un anno discreto per l'economia statunitense ma debole per l'Europa e il Regno Unito e, in assenza di stimoli significativi, un anno di delusioni anche per la Cina".

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Redazione

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Pubblicato: 29 Gennaio 2025 14:00

“Nell’ultimo periodo abbiamo iniziato ad intravedere alcuni di quelli che saranno i temi chiave del nuovo anno. Abbiamo anche assistito ad un aumento dei rendimenti obbligazionari, in quanto gli investitori cercano di capire quali siano le prospettive per l’inflazione e la crescita in un contesto caratterizzato da livelli molto elevati di debito pubblico, in cui non sarà affatto facile per i Governi trovare il giusto equilibrio tra tassazione e decisioni di spesa pubblica“.  Lo sottolinea Anthony Willis, Investment Manager di Columbia Threadneedle Investments.

Cinque interrogativi per il 2025

Il 2025 – spiega l’esperto – si presenta come un anno in cui è possibile che si verifichino diversi scenari; il consensus è che sarà un anno discreto per l’economia statunitense ma debole per l’Europa e il Regno Unito e, in assenza di stimoli significativi, un anno di delusioni anche per la Cina. Tuttavia, per il 2025 è possibile delineare altri scenari sia rialzisti che ribassisti.

Secondo lo scenario bullish, il presidente Trump ha un effetto positivo sui mercati: la minaccia di imporre dazi viene usata come uno strumento di negoziazione piuttosto che come una misura rigorosa. Dall’Europa dovrebbero arrivare notizie politiche positive, con anche qualche segnale di pragmatismo da parte della Germania sul debito pubblico, mentre in Cina gli stimoli riescono a far ripartire l’economia. Guardano ai mercati azionari, le aspettative sono di crescita, senza però raggiungere valutazioni estreme, e prosegue anche la crescita degli utili, ampliandosi. Infine, per quanto riguarda la politica monetaria, le banche centrali dovrebbero essere in grado di ridurre ulteriormente i tassi d’interesse, grazie all’attenuarsi dei timori inflazionistici.

Lo scenario bearish, invece, si aspetta che si inneschi una guerra commerciale causata dai dazi imposti da Trump. Il contesto economico sarà probabilmente stagflattivo, con l’Europa ferma in un clima di stallo politico. Verosimilmente, la Cina, invece, si troverà a dover affrontare una stagnazione. A causa di un’inflazione persistente, le banche centrali non potranno ridurre i tassi d’interesse a dando luogo ad uno scenario significativamente più complesso per i mercati finanziari.

È poco probabile che l’anno a venire ricada perfettamente in uno o nell’altro scenario, ma è più probabile che sarà un mix di diversi scenari, con anche qualche sorpresa lungo il percorso.

Gli Stati Uniti e la presidenza Trump 2.0

Sappiamo dal suo precedente mandato – spiega l’esperto –  che il presidente Trump può cambiare l’umore del mercato con un singolo post sui social, ma è anche vero che il mercato stesso è in grado di influenzare un presidente che, durante il suo primo mandato, ha misurato il suo successo con la performance di questo.
Un’altra lezione da trarre dal suo primo mandato è che a volte i mercati possono reagire in maniera eccessiva ai commenti di Trump e che ci vuole tempo per riuscire a separare la retorica dalle misure legislative concrete. La differenza rispetto al 2016 è che Trump ha ora un’esperienza come presidente alle spalle. La vittoria netta al Congresso da parte del Partito Repubblicano, sommata ad una Corte Suprema a chiaro orientamento repubblicano, consegnano di fatto al governo un ampio margine di manovra per attuare le sue politiche. L’incertezza legislativa è elevata, ma è risaputo che Trump è intenzionato a tagliare le tasse, a spendere di più e ad usare i dazi come arma politica ed economica.

L’era presidenziale di Biden si è chiusa con i consumatori statunitensi in buona salute, grazie alla solida crescita salariale ed al calo dell’inflazione, anche se il ricordo dell’inflazione degli ultimi anni è costato caro a Kamala Harris ed ai Democratici alle ultime elezioni. Le famiglie, aiutate da un mercato del lavoro solido, dai sussidi anti-Covid che hanno attutito lo shock inflazionistico, dall’impatto positivo dell’inflazione dei prezzi delle case e dall’effetto ricchezza di due rialzi consecutivi del 20% per l‘S&P 500, versano in condizioni decisamente buone.

Le prospettive per l’Europa

Nel 2024 le azioni europee hanno registrato rendimenti solidi, nonostante una crescita economica anemica, l’incognita legata ai prezzi dell’energia (causata dalla guerra in Ucraina), le crescenti preoccupazioni per i livelli di debito pubblico e la persistente debolezza del settore manifatturiero. Con il conflitto russo-ucraino che si sta potenzialmente avviando verso un punto di svolta, sembra che sia possibile delineare un quadro migliore per l’Europa, o comunque di superare aspettative basse.

In Francia, il nuovo governo appare più stabile rispetto a quello del breve mandato di Michel Barnier, mentre la Germania si avvia verso le elezioni del mese prossimo, che vedranno probabilmente tutti i principali partiti fronteggiarsi sul tema del debito pubblico. Maggiore stabilità politica in Francia e Germania sarebbe auspicabile in un momento in cui l’Europa si troverà ad affrontare le sfide poste dagli Stati Uniti sotto la guida di Trump, anche se il passato ci insegna che l’Europa riesce ad essere pragmatica e decisa quando si tratta di formulare politiche in risposta a questo tipo di ostacoli.
L’Europa potrebbe anche beneficiare degli effetti positivi sulla domanda derivanti dagli stimoli varati in Cina. Vala la pena sottolineare che molti dei paesi europei che hanno sofferto di più dal punto di vista economico e politico durante la crisi del debito sovrano di un decennio fa, come Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda, stanno ora registrando una crescita robusta e versano in condizioni fiscali decisamente migliori rispetto ad altri paesi dell’area.

Le sfide della Cina

Quanto alla Cina si trova ancora a dover affrontare molteplici problemi, la cui fonte sembra essere il mercato immobiliare, dove rimangono 79 milioni di proprietà sfitte o invendute. La fiducia dei consumatori è molto bassa ed il tasso di risparmio è estremamente elevato e ben al di sopra dei livelli pre-pandemici. Anche la Cina è alle prese con ostacoli di lungo termine, quali il calo demografico e la diminuzione della popolazione in età lavorativa. Il presidente Xi ha ripetutamente accennato al fatto che il governo intende potenziare gli stimoli economici, dichiarazioni che a settembre hanno fatto salire le azioni cinesi di oltre il 30% in soli sette giorni.
Anche in questo caso, il ruolo del presidente Trump sarà decisivo, perchè l’imposizione di dazi elevati sulla Cina potrebbe di fatto aumentare la probabilità che quest’ultima introduca stimoli ben più imponenti per scongiurare il rischio di essere percepita come la “perdente” della guerra commerciale.

Regno Unito alle prese con un’inflazione appiccicosa

Nel Regno Unito l’atmosfera è cambiata negli ultimi mesi, con il Primo Ministro Keir Starmer che ha avuto un primo semestre impegnativo. Il nuovo governo laburista ha preso atto delle sfide fiscali che lo attendevano, ma si è posto l’obiettivo di registrare una crescita economica del 2,5% annuo, trainata dall’aumento della spesa pubblica e dalle riforme sul lato dell’offerta, in particolare nel settore della pianificazione urbana. Tuttavia, la crescita economica è in stallo, la fiducia delle imprese è debole e quella dei consumatori, che si stanno riprendendo da un periodo in cui l’inflazione ha toccato i massimi trentennali, rimane fragile. L’eredità fiscale del precedente governo ha limitato la capacità dell’attuale governo di cambiare velocemente la narrativa economica, ma la presentazione del budget ad ottobre, che ha introdotto un aumento della tassazione sulle imprese, ha inciso negativamente sia sugli investimenti che sui piani di assunzione. Inoltre, il bilancio non è stato sufficiente a convincere l’Office for Budget Responsibility a modificare le aspettative sulla crescita, e dunque il Cancelliere Reeves dispone ora di un margine di manovra ridotto per allentare la politica fiscale.

Sebbene il governo abbia promesso di non aumentare ulteriormente le tasse, è probabile che l’inflazione rimanga appiccicosa, in quanto le imprese scaricano sui consumatori le conseguenze degli aumenti dei contributi previdenziali e del salario minimo che, a sua volta, limita il potenziale impatto positivo derivante dai tagli dei tassi d’interesse, poiché la Bank of England potrebbe ritrovarsi con un margine d’azione ristretto nel caso in cui l’inflazione rimanesse al di sopra del target.

Le prossime mosse delle banche centrali

Lo shock inflazionistico del 2021-2023 si è ormai esaurito, come dimostra l’inflazione in calo e vicina al 2% negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nell’Eurozona. Tuttavia, di recente il dato è tornato a crescere, poiché gli effetti derivanti dal calo dei prezzi dell’energia sono venuti meno e la crescita persistente dei salari e dell’inflazione dei servizi mantiene l’inflazione al di sopra del target delle banche centrali.

Ci aspettiamo ulteriori tagli dei tassi nel corso del 2025, ma siamo però convinti che non ci vorrà molto prima che le banche centrali adottino un atteggiamento più attendista. Attualmente si prevede che la Federal Reserve taglierà due volte i tassi nel corso dell’anno, ma questa previsione potrebbe cambiare. Nel Regno Unito, l’inflazione appiccicosa potrebbe limitare la Bank of England, ma i 50 punti base di riduzione previsti entro la fine del 2025 sembrano ragionevoli. Date le minori pressioni inflazionistiche ed il contesto economico più debole, è più probabile che l’Eurozona registri un numero di tagli dei tassi maggiore nel corso dell’anno.

Conclusioni

In sintesi, “il contesto per il 2025 si prospetta incerto, ma lascia spazio per un ulteriore rialzo dei mercati, grazie a tassi d’interesse ancora in calo, alla discreta forma delle società, ed a valutazioni che, eccetto alcuni titoli, non appaiono estreme. Le incognite maggiori riguardano la politica.
Al momento, continuiamo a sovrappesare le azioni ed a sottopesare la liquidità. Siamo invece neutrali sulle obbligazioni, con una preferenza per le obbligazioni ad alto rendimento, seguite da quelle investment grade. A livello geografico non abbiamo preferenze significative, se non un sovrappeso sull’azionario statunitense che, per ora, riteniamo meno esposto ad avversità rispetto ad altre regioni”.