Addio al carbone: l’Europa punta su energia solare e fonti rinnovabili

L’energia solare ha superato il carbone nell’Ue nel 2022, segnando una svolta strutturale e spingendo la de-carbonizzazione dell’industria

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 20 Agosto 2024 20:19

L’Unione Europea ha intrapreso un cambio di passo senza precedenti, riscrivendo il proprio approccio all’energia con l’obiettivo di ridisegnare il suo futuro energetico. Nel 2022, l’energia solare ha ufficialmente superato la produzione di carbone, un risultato storico che non rappresenta semplicemente una vittoria tecnica, ma una trasformazione strutturale. Questo sorpasso segna l’inizio di un profondo cambiamento, che non riguarda solo la tecnologia, ma tocca direttamente l’industria, l’economia e la geopolitica dell’intero continente.

Questa transizione non si limita a ridurre le emissioni di CO2, ma sta spingendo l’intero sistema industriale a reinventarsi, accelerando la de-carbonizzazione del settore energetico.

Un sorpasso attivo già dal 2022

I numeri sono inequivocabili: la produzione di energia solare ha toccato i 210.249 GWh, mentre quella da carbone si è fermata a 205.693 GWh. Questo non è solo un dato statistico, ma un segnale forte su dove sta andando l’Europa: via dalla dipendenza dal carbone, e verso un futuro costruito sull’energia pulita. Mentre la Polonia e la Repubblica Ceca restano ancorate al carbone, il resto del continente sembra aver voltato pagina, puntando tutto su una transizione che, ormai, è diventata irreversibile.

Un boom per le rinnovabili

Nel 2022, le fonti rinnovabili hanno costituito oltre il 41% del consumo lordo di elettricità nell’Ue, un aumento rispetto al 37,8% del 2021. L’energia solare, in particolare, è cresciuta vertiginosamente, passando dall’1% della produzione elettrica europea nel 2008 a ben il 18% nel 2022. Il cambiamento non riguarda solo la riduzione delle emissioni, ma anche un ridisegno profondo del mercato energetico, con una crescente indipendenza dai combustibili fossili.

Il ribaltone certificato da Eurostat

A mettere il timbro su questa rivoluzione è l’Eurostat. L’ufficio statistico europeo ha confermato che, nonostante un temporaneo aumento delle importazioni di carbone fossile nel 2022 per accumulare scorte, le forniture dalla Russia sono crollate del 45% dopo l’agosto dello stesso anno, quando l’Unione ha imposto il divieto d’importazione in risposta alla guerra in Ucraina. Fino a quel momento, la Russia deteneva il 24% delle esportazioni di carbone verso l’UE, seguita da Stati Uniti (18%) e Australia (17%). Ma il quadro sta cambiando: il vecchio continente sta ridisegnando i suoi equilibri energetici, con una chiara dismissione del carbone fossile.

I numeri del declino del carbone

Nel 2023, i dati preliminari indicano che produzione e consumo di carbone in Europa (non in Asia) stanno sprofondando verso livelli storicamente bassi. La produzione è scesa del 22%, fermandosi a 274 milioni di tonnellate, mentre il consumo ha registrato una contrazione del 23%, toccando quota 351 milioni di tonnellate. Germania e Polonia continuano a essere i maggiori consumatori di carbone nell’Unione, concentrando su di sé quasi due terzi del consumo totale.

La diversificazione delle fonti energetiche

Nonostante il trionfo dell’energia solare, altre fonti rinnovabili continuano a giocare un ruolo chiave nel sistema energetico europeo. L’eolico, con una quota del 37% della produzione di energia rinnovabile, rappresenta una componente fondamentale grazie alla crescita delle installazioni, soprattutto nelle regioni costiere e nell’offshore. Questo sviluppo è reso possibile dall’efficienza sempre maggiore delle turbine e dalla capacità di sfruttare ampie aree per la produzione di energia.

L’idroelettrico, che fornisce il 30% dell’energia rinnovabile nell’Unione, contribuisce con la sua stabilità e capacità di garantire continuità nella fornitura elettrica, soprattutto nei Paesi montani come Austria e Svezia, dove gli impianti sfruttano le risorse idriche locali. Questa diversificazione del mix energetico non solo permette di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, ma rafforza la resilienza del sistema, garantendo una produzione energetica continua e distribuita su diverse tecnologie e risorse naturali.