Il fermo pesca applicato dal 19 agosto fino al 24 settembre costringe i pescatori a restare in porto e i consumatori a trovare alternative. Lo stop alle attività di pesca è stato stabilito tra il sud delle Marche, l’Abruzzo e il Molise. Già interrotta la pesca nei tratti da Trieste ad Ancona e da Manfredonia a Bari.
Fermo pesca 2023
E non è tutto: in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di fermo a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata, come puntualizza Coldiretti Impresapesca.
Fermo pesca: a cosa serve
Il fermo pesca è un provvedimento che viene messo in atto ogni anno al fine di tutelare le specie marine più diffuse favorendone la riproduzione. La misura viene messa in atto a scaglioni nelle diverse aree e riguarda in particolare modo il mar Adriatico. Il fermo pesca è stato introdotto poco meno di quarant’anni fa. Lo stop può durare per un periodo massimo di 43 giorni. Non sempre però il fermo pesca biologico coincide con il periodo riproduttivo delle specie marine e questo ha più volte suscitato le proteste di pescatori e associazioni.
I pescatori costretti a terra dal fermo pesca hanno diritto, dietro presentazione di domanda, a ottenere un’indennità. L’indennità viene però stanziata nell’anno successivo rispetto al periodo di fermo. A marzo 2023, ad esempio, sono stati stabiliti 30 euro di indennità giornaliera per i pescatori costretti al riposo forzato nel 2022.
Più difficile trovare pesce fresco
Trovare diverse tipologie di pesce fresco sarà dunque più difficile, anche se non impossibile: alici, sarde, pesce spada, spigole, orate, sogliole, cannocchie, vongole e cozze saranno sul mercato, anche se talvolta in misura minore in determinate zone del Paese. Il pescato proverrà dalle barche della piccola pesca, dalle draghe e dall’acquacoltura.
Le critiche di Coldiretti
I pescatori sono già sul piede di guerra per il caro-gasolio che assottiglia i loro ricavi.
Coldiretti Impresapesca lamenta che “l’assetto del fermo pesca 2023 non in tutti gli areali risponde ancora alle esigenze delle aziende né a quelle di sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato di alcune risorse che il fermo vorrebbe tutelare, in una delicata fase di vita, nei 38 anni di fermo pesca non è gran che migliorato nonostante gli sforzi e le restrizioni messe in atto dalla flotta nazionale che ha visto una contrazione perdendo circa il 33% delle unità da pesca e 18.000 posti di lavoro“.
Coldiretti Impresapesca chiede dunque che il fermo pesca non sia “una mera restrizione dei tempi di pesca, misure già abusate dai regolamenti comunitari, ma deve avere come obiettivo quello di tutelare le risorse target nelle fasi biologiche più importanti quali la nascita e l’accrescimento dei giovanili, una fase di tutela che non può essere disgiunta dalla attenzione alla sostenibilità economica delle imprese di pesca coinvolte alla misura di fermo e dalla sostenibilità sociale per la tenuta dei territori costieri e delle tante economie collegate alla produzione ittica quali il commercio, la ristorazione, il turismo e la cantieristica”.
Intanto a complicare la vita ai pescatori ci si mette anche il granchio blu, vero killer dei mari, che ha flagellato intere aree di pesca causando danni a pescatori e allevatori. Contro il temibile crostaceo è sceso in campo il ministero dell’Agricoltura stanziando 2,9 milioni di euro.