Piena soddisfazione dalla maggioranza di governo (“Un accordo migliorativo per l’Italia” – ha detto Giorgia Meloni), critiche feroci dall’opposizione (“Si direbbe un Pacco di Stabilità” – dice Giuseppe Conte). E’ il gioco delle parti fra chi vede l’Italia uscire a testa alta dall’accordo sul nuovo Patto di Stabilità europeo e chi la vede una volta di più accodata a Germania e Francia, vere artefici dell’accordo, nonostante il tanto sbandierato ritorno al centro dell’attenzione del nostro paese. Un accordo che molti punti va nella direzione auspicata dalla Germania e dagli altri Paesi del Nord, i cosiddetti ‘frugali’, ma che segna altresì un cambio di paradigma rispetto al quadro normativo attuale, come da richiesta francese. Ma c’è una coda: poche ore dopo l’accordo, l’Italia ha bocciato in Parlamento l’attesa ratifica del Mes, il meccanismo salva stati, e ora è di nuovo burrasca con Bruxelles.
Patto di Stabilità: cosa cambia per l’Italia
L’Italia, in buona sostanza, è stata utile alla Francia nell’ultima fase delle trattative coi tedeschi. L’Italia si è vista poco al tavolo, anche perché le novità della proposta più recente avrebbero bastonato soprattutto la Francia, quindi la trattativa si è tradotta anzitutto in un braccio di ferro tra Bruno Le Maire e Christian Lindner, ricorda una fonte tedesca a La Repubblica. Per aumentare la pressione sulla Germania e i ‘frugali’, la Francia ha tirato dentro l’Italia. “A quel punto per il ministro italiano porre il veto ieri sarebbe stato un enorme azzardo. Si sarebbe tornati automaticamente al vecchio Patto” ricordano da Berlino. “E per una nuova sospensione, l’Italia avrebbe dovuto convincere tutti ad approvarla”.
Per l’Italia si passa da un obiettivo di medio termine di un avanzo strutturale di 0,25% a un deficit strutturale dell’1,5%. Altri motivi di soddisfazione sono lo scorporo degli interessi sul debito e l’estensione da 4 a 7 anni dei piani di aggiustamento del debito, tenendo conto di investimenti e riforme del Pnrr. Punti che, secondo Parigi, rappresentano anche una “vittoria per l’Italia”. Di certo c’è la conferma del doppio standard meloniano, che punta su toni antieuropeisti e orgoglio nazionale nel Belpaese ma poi inevitabilmente tratta sui tavoli in cui l’Italia è in realtà debole.
Quanto ci costa? Cuneo fiscale a rischio
La correzione del deficit strutturale è già prevista dalla Nadef, dunque il governo non dovrà fare la tanto temuta manovra correttiva prima delle europee. Il problema è però solo rinviato alla legge di Bilancio del 2025, perché l’Italia andrà sotto procedura di infrazione avendo un indebitamento oltre il 3%. È la fine delle manovre in deficit, ci vorranno coperture concrete: tagli alla spesa o nuove tasse. Il rischio è non riuscire a rinnovare lo sgravio sul cuneo fiscale che vale circa 15 miliardi.
Mes bocciato in Parlamento, tensione con l’Europa
A meno di 24 ore dall’accordo di Bruxelles è arrivato il voto del Parlamento italiano sul trattato di ratifica del Mes, che è stato bocciato. I voti a favore sono stati 72, i contrari 184, gli astenuti 44, bocciando il primo articolo del testo. Nell’Aula della Camera a favore della ratifica del Mes hanno votato i deputati del Pd, Iv e Azione. Contro hanno votato Fdi, Lega e M5S. Ad astenersi sono stati i deputati di FI, Avs e Noi Moderati.
Maggioranza divisa in commissione Bilancio. Lega e FdI hanno detto sì al parere contrario alla ratifica del Mes, votando quindi contro il meccanismo di stabilità, FI si e’ astenuta. Il parere era stato riformulato in parte rispetto a quello inizialmente presentato dalla relatrice di FdI ma è rimasto contrario. Assenti in commissione gli esponenti del M5s.
Secondo il sito Dagospia, qualcuno a palazzo Chigi avrebbe suggerito a Giorgia Meloni – imbufalita per aver dovuto ingoiare il rospo dell’accordo sul Patto di Stabilità – di bocciare la ratifica del Mes come una sorta di atto d’orgoglio. Atto che avrà certamente fatto rumore a Bruxelles, ma che non toglie le castagne dal fuoco al governo: a gennaio andrà presa una decisione definitiva, e lì sarà più difficile scegliere di rompere con l’Ue col rischio di finire isolati. Del resto – fa notare più di un osservatore – il fatto stesso che dal governo abbiano mostrato soddisfazione per il Patto di Stabilità e per il nuovo Pnrr, che hanno vincoli anche più severi rispetto a quelli del Mes, conferma la pretestuosità del voto di stamattina. O quanto meno che si tratta più di una questione politico-ideologica che non pratica.
A chi serve il Mes?
Il nostro potere di negoziazione, va detto, non è granché. l’Italia è già di fatto all’interno del Mes, peraltro con un capitale versato di 14 miliardi, il terzo contributo più alto tra i paesi aderenti. Inoltre, minaccia di non approvare un meccanismo di cui sarebbe probabilmente una delle prime beneficiarie nel caso in cui scoppiasse una nuova crisi dei debiti sovrani, considerato che oggi ha un debito anche più alto rispetto al 2011. Più difficile che possa servire alla Germania, che ha un rapporto debito/Pil sotto controllo e fa da riferimento per i titoli meno rischiosi.
Perché entri in vigore, però, serve il via libera di tutti e 20 gli stati dell’Unione, l’Italia è l’unica a non averlo dato. Creando di fatto un problema a tutti gli altri, come aveva chiarito già a giugno il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe. “Rispetto assolutamente e posso capire il punto di vista del governo italiano se dice che non vuole accedere”, aveva detto a giugno. “Ma la ratifica consentirà che il maggior potere del Mes sia messo a disposizione di altri Paesi, che potrebbero invece decidere di volersene avvalere nel futuro. Mi auguro che questo potrà essere considerato all’interno del dibattito in corso in Italia”.