Fmi stima al rialzo la crescita del Pil in Italia nel 2025: attenzione però ai conti pubblici

Il Pil in Italia nel 2025 sarà più alto dello 0,2 per cento rispetto alle precedenti stime del Fmi, ma molti sono i rischi presenti per i mercati globali: dalle guerre commerciali ai conti pubblici

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Buone notizie per l’Italia e la sua economia, con il Fondo monetario internazionale che ha effettuato una stima al rialzo per il Pil nazionale nel 2025. La crescita prevista per il 2024 è dello 0,7 per cento, mentre l’anno successivo si aspetta un più 0,9 per cento, ovvero uno 0,2 per cento in più rispetto alle precedenti stime. A livello globale restano, tuttavia, molte incertezze, con la tenuta delle economie, specie quella americana, che potrebbe risentire non poco di eventuali guerre commerciali e conti pubblici in disordine.

La crescita del Pil in Italia nel 2025

Stando alle stime aggiornate del Fondo monetario internazionale, nel 2024 la crescita globale sarà del 3,2 per cento per poi salire, nel 2025, al 3,5 per cento. Il dato generale trova conferma anche nei numeri italiani, dove la crescita confermata del Pil dello 0,7 per cento del 2024 vede un innalzamento nel 2025 allo 0,9 per cento (+0,2 rispetto alle stime precedenti).

Diversa la situazione in altri Paesi. In Germania, ad esempio, le stime sono rimaste invariate, con il Pil nazionale che crescerà dello 0,2 per cento nel 2024 e dell’1,3 per cento nel 2025. In Francia, invece, la crescita ci sarà nel 2024, da 0,7 per cento a 0,9 per cento, subendo tuttavia una contrazione delle nuove stime nel 2025, da 1,4 a 1,3 per cento (-0,1).

I rischi dell’inflazione

Nel suo aggiornamento sulle stime di crescita globali, pur rimarcando uno scenario in livellamento, il Fondo monetario internazionale ha evidenziato anche la presenza di alcuni campanelli d’allarme che meritano particolare attenzione. Il rischio più grande, soprattutto per gli Stati Uniti d’America, è rappresentato dal fatto che la crescita potrebbe subire delle modifiche al ribasso con l’insorgenza di guerre commerciali, ad esempio con la Cina, o di conti pubblici fortemente in disordine.

Vi è inoltre da considerare l’impatto che potrebbe continuare ad avere l’inflazione. Il pericolo, soprattutto nel breve periodo, è che ci possano essere dei rialzi dovuti “alla mancanza di progressi nella disinflazione dei servizi e le pressioni sui prezzi derivanti da nuove tensioni commerciali o geopolitiche”. I due problemi fin qui evidenziati potrebbero, inoltre, essere uno lo sviluppo dell’altro visto che l’escalation di guerre commerciali “potrebbe ulteriormente aumentare i rischi a breve termine per l’inflazione, aumentando il costo dei beni importati lungo la catena di approvvigionamento”.

In ultimo, non certo per importanza, le stime fornite sulla crescita del Pil potrebbero subire delle modifiche in base ai risultati delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti così come dalla continuazione o dall’aggravamento dei conflitti bellici attualmente in corso.

Le deboli finanze pubbliche di alcuni Stati

Un impatto negativo sulle stime di crescita globali potrebbe inoltre derivare dai conti pubblici non in ordine. “Le sfide fiscali devono essere affrontate in modo più diretto – ha detto il Fondo monetario internazionale -. Il deterioramento delle finanze pubbliche ha reso molti Paesi più vulnerabili di quanto previsto prima della pandemia”.

In questo contesto i governi hanno il compito di “ricostruire gradualmente e in modo credibile i loro spazi di bilancio, pur continuando a proteggere i più vulnerabili”. Impossibile, in tal senso, non pensare all’Italia e alla prossima Manovra che è accompagnata da molte promesse elettorali della maggioranza, così come dalle aspettative dell’Unione Europea.