Concordato preventivo biennale, scontro in politica e controlli a tappeto

Politica e sindacati chiedono la proroga del concordato preventivo biennale, ma il Mef respinge la proposta per vincoli legati alla Legge di Bilancio

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 25 Ottobre 2024 08:09

La richiesta di una proroga per il concordato preventivo biennale ha scatenato un confronto acceso nella sala stampa della Camera, dove sindacati e politici hanno discusso la possibilità di estendere i tempi per aderire a questo strumento fiscale. Nonostante l’accordo quasi unanime tra maggioranza e opposizione, il Ministero dell’Economia e delle Finanze si è mostrato fermo nel suo rifiuto.

Il concordato preventivo biennale è un accordo fiscale che consente a lavoratori autonomi e imprese di definire in anticipo le tasse da pagare, offrendo in cambio una riduzione dei controlli fiscali. L’adesione è riservata a chi applica gli Indicatori Sintetici di Affidabilità (Isa), mentre ne sono esclusi coloro che operano con regimi forfettari.

Si avvicina intanto il 31 ottobre, e una volta superata la deadline, partirà il piano di monitoraggio dei risultati e, secondo le previsioni, l’iniziativa dovrebbe generare un introito di 2 miliardi di euro.

Politica e sindacati: un fronte comune

A chi aderisce al concordato, l’Agenzia delle Entrate garantisce di non effettuare controlli fiscali approfonditi (come quelli basati su calcoli induttivi) su elementi come plusvalenze o perdite su crediti, a meno che non emergano violazioni rilevanti.

Se l’Amministrazione finanziaria riscontra irregolarità, come attività non dichiarate o spese non deducibili per oltre il 30% dei ricavi dichiarati, il contribuente rischia di perdere i benefici del concordato. In caso di decadenza, l’Agenzia potrà procedere con verifiche più dettagliate. È successo che le adesioni a questo tipo di accordo sono state molto basse.

Alberto Gusmeroli della Lega e Mario Turco del Movimento 5 Stelle, entrambi commercialisti, hanno messo l’accento sulla necessità di dare più tempo ai contribuenti per aderire al concordato preventivo biennale, una misura pensata per facilitare la gestione fiscale delle partite Iva. L’adesione è prevista entro il 31 ottobre, ma le sigle sindacali denunciano tempistiche troppo strette, criticità legate all’accesso ai dati e dubbi di legittimità costituzionale.

L’opposizione del Mef e i calcoli sulle entrate

Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha spiegato, in un videomessaggio inviato alla conferenza, che la proroga non è possibile per vincoli legati alla Legge di Bilancio. Secondo Leo, il concordato preventivo dovrebbe generare entrate utili per ridurre l’Irpef nella prossima manovra finanziaria, ma i sindacati si mostrano scettici, evidenziando che solo chi si aspetta un aumento dei redditi potrebbe essere interessato ad aderire.

Chi finisce sotto la lente: il monitoraggio mirato della task force

Il concordato preventivo non riguarda tutti allo stesso modo. La Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate, attraverso una task force creata sette mesi fa, stanno esaminando in dettaglio le transazioni e i ricavi di attività specifiche, sfruttando le banche dati a disposizione, per individuare eventuali anomalie e disallineamenti tra dichiarato e reale, con un focus particolare su alcune categorie professionali.

L’analisi dei dati del 2022, condotta dalla task force, evidenzia differenze non di poco conto nei ricavi medi tra diverse professioni e aree geografiche. Le pasticcerie e i bar, ad esempio, hanno registrato un fatturato medio di 12.266 euro, mentre i ristoranti hanno riportato incassi intorno ai 15.153 euro. Le discoteche hanno toccato quota 17.566 euro, mentre professionisti come dentisti e avvocati hanno segnato rispettivamente 55.000 e 46.000 euro di reddito. I commercialisti, dal canto loro, hanno raggiunto una media di 65.000 euro, con le società di noleggio auto a quota 258.000 euro.

I dati mostrano notevoli differenze tra le città italiane. A Roma, i bar hanno dichiarato ricavi di circa 9.412 euro, una cifra inferiore rispetto a Napoli, dove si attestano sui 13.742 euro, e Milano, con 20.573 euro. Discorso simile per gli stabilimenti balneari, che a Rimini registrano entrate di 29.841 euro contro i 32.769 di Tropea, ma lontani dagli 89.132 di Taormina e dai 270.302 di Lignano Sabbiadoro.

L’intenzione del Governo con il concordato preventivo è chiara: ridurre l’evasione e migliorare la compliance fiscale. Durante l’estate 2024, le verifiche della Guardia di Finanza hanno rivelato che oltre il 50% delle attività controllate non emettevano regolarmente scontrini fiscali. I contribuenti soggetti ai regimi agevolati, però, sembrano aver evitato le evasioni in almeno il 75% dei casi, grazie a una maggiore vigilanza e all’efficacia dei controlli mirati.