Balneari, proroga al 2027: cosa prevede l’accordo Meloni-Ue

Accordo stipulato tra Roma e Unione europea: il governo Meloni apre alle gare dei balneari, ma tra 3 anni

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Pubblicato: 5 Settembre 2024 11:16

La questione balneari può infine dirsi conclusa, anche se le polemiche non termineranno di certo quest’oggi. Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto che apre le porte alle gare, che però si faranno nel 2027. Ecco cosa prevede il piano dell’esecutivo, in accordo con l’Unione europea, tra indennizzi e “volti noti” favoriti.

Concessioni balneari, gare nel 2027

Dopo anni di attesa, accesissime polemiche e proteste (legali e pacifiche) in molte spiagge italiane, il governo di Giorgia Meloni ha acconsentito a dare il via libera alle gare. Non prima però di un ulteriore rinvio. Questo risulta striminzito rispetto a quanto ipotizzato inizialmente: estate 2027.

Si continua a remare contro il volere di Bruxelles, ignorando anche le sentenze nazionali. Le concessioni sono di fatto scadute ma l’esecutivo resta immobile, almeno per altri (quasi) tre anni. Ci sarà dunque da attendere giugno 2027 ma è interessante capire quale schema sarà applicato per gli stabilimenti balneari.

Garantite ancora tre estati piene, dal momento che le gare nel 2027 non impediranno agli stabilimenti di agire come sempre e guadagnare fino a settembre di quell’anno. I nuovi concessionari potranno entrare a partire dall’autunno. A conti fatti, però, il governo ha indicato la data ultima possibile ma, in pratica, sono i Comuni a decidere. Le gare potrebbero avere inizio anche “subito”, se un’amministrazione lo volesse, senza attendere necessariamente tre anni. Di certo a Bruxelles la notizia verrebbe apprezzata.

Gare balneari, cosa prevedono

La bozza del ddl del governo era ben differente, in termini di tempistiche previste, da quanto infine sancito. In alcuni casi si prevedeva anche una proroga fino al 2030. Importante la trattativa con l’Europa sotto questo aspetto, per quanto risulti sorprendente, considerando come l’Italia sia da anni soggetta a una procedura d’infrazione.

Ecco cosa fa sapere l’esecutivo: “La collaborazione tra Roma e Bruxelles ha consentito di trovare un punto di equilibrio tra la necessità di aprire il mercato delle concessioni e l’opportunità di tutelare le legittime aspettative degli attuali concessionari”.

Si parla dunque di imprenditori e non di diritto a un mare libero, così come di concorrenza. Ma la proroga non è l’unico aspetto che merita attenzione, anzi. Occorre sottolineare infatti anche come saranno gestite le procedure per il passaggio da un concessionario all’altro:

  • Durata nuove concessioni – Chi vincerà la gara potrà sfruttare il terreno statale per un minimo di cinque e fino a un massimo di vent’anni. Ciò al fine di consentire l’ammortizzamento degli investimenti effettuati;
  • Assunzioni – Si richiederà di assumere i dipendenti delle gestioni precedenti, che avevano nell’impiego presso lo stabilimento la loro “prevalente fonte di reddito”;
  • Indennizzo – Si era già ipotizzato un indennizzo per i gestori che avrebbero perso lo stabilimento. Si paventava di un intervento economico dei Comuni ma nel testo si specifica come l’indennizzo sia a carico del nuovo titolare della concessione. Prima di poter diventare pienamente operativi, dunque, si dovrà saldare questo conto in sospeso. La quota da pagare sarà “pari al valore dei beni ammortizzabili e non ancora ammortizzati e all’equa remunerazione degli investimenti effettuati negli ultimi 5 anni”;
  • Criteri di scelta – Quando finalmente ci saranno i bandi, si terrà conto di differenti criteri, dalla convenienza economica al progetto per il territorio, fino all’impatto ambientale. A ciò si aggiunge una preferenza per chi è già stato titolare negli ultimi cinque anni di una concessione balneare, risultante propria prevalente fonte di reddito.