Acqua, aumentano gli investimenti ma si spreca ancora troppo: perdite idriche pari al 42%

I gestori dell’acqua investono 64 euro all’anno per abitante e dalla filiera idrica si genera valore per 367,5 miliardi di euro, pari al 19% dell’intero Pil nazionale

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

La notizia positiva riguarda l’incremento, o meglio il raddoppio, degli investimenti nel settore idrico, che sono saliti a 64 euro per abitante all’anno nel 2022, registrando un aumento del 94% rispetto al 2012, quando erano di circa 33 euro per abitante. Tuttavia, la notizia negativa riguarda le perdite e gli sprechi ancora considerevoli, che ammontano a circa il 42%. Questo quadro dipinge la situazione del sistema idrico in Italia, come evidenziato nel Blue Book 2024 promosso da Utilitalia e realizzato dalla Fondazione Utilitatis, insieme al Libro Bianco 2024 “Valore Acqua per l’Italia” di The European House – Ambrosetti.

Dalla filiera idrica 367,5 miliardi di valore

Questi dati sono stati presentati in occasione della Giornata mondiale dell’acqua. Il divario degli investimenti italiani nel settore idrico con gli altri paesi si sta gradualmente riducendo, anche se l’Italia è ancora al di sotto della media europea degli ultimi cinque anni, che si attesta a 82 euro per abitante. La filiera idrica estesa genera un valore pari a 367,5 miliardi di euro, corrispondente al 19% dell’intero Pil nazionale, con un incremento dell’8,7% rispetto al 2021. Tuttavia, le perdite rappresentano un onere significativo per questo settore, il quale – come sottolineato dagli operatori del settore – rappresenta il 20% del Pil, con un valore di 367,5 miliardi di euro, in crescita dell’8,7% rispetto all’anno precedente. Questo settore coinvolge oltre 90 mila lavoratori e ha un impatto cruciale sull’agricoltura, l’industria e l’energia.

Negli ultimi anni, le tariffe del servizio idrico hanno registrato un aumento medio annuo del circa 5%, anche se rimangono tra le più basse in Europa. Tuttavia, nonostante ciò, il valore degli investimenti sostenuti dalle tariffe è salito fino a circa 4 miliardi di euro l’anno, mentre il fabbisogno per il settore è stimato essere di almeno 6 miliardi di euro all’anno.

Nonostante il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Pnrr stia fornendo un impulso significativo, con circa un miliardo di euro in più stanziato attraverso la rimodulazione per ridurre le perdite, saranno necessarie ulteriori risorse: circa 0,9 miliardi di euro all’anno fino al 2026 e almeno 2 miliardi di euro all’anno dopo la conclusione del Piano, al fine di raggiungere una spesa di 100 euro per abitante.

La filiera estesa dell’acqua coinvolge una vasta gamma di attività economiche, che vanno dalla produzione agricola alla manifattura idrovora e al settore energetico. Complessivamente, essa coinvolge circa 1,4 milioni di imprese agricole, circa 330.000 aziende manifatturiere e 10.000 imprese energetiche. L’impatto diretto, indiretto e indotto del settore porta un valore aggiunto di 16,5 miliardi di euro, attivando oltre 150.000 posti di lavoro.

Nette differenze tra Nord e Sud

Persiste ancora un divario significativo tra Nord e Sud, con una disparità nella capacità di investimento tra le gestioni industriali e quelle comunali “in economia”, più diffuse soprattutto nel Meridione. Qui, gli investimenti medi si sono attestati a 11 euro per abitante; su 1.465 Comuni in cui almeno uno dei servizi è gestito “in economia”, l’80% si trova nel Sud, coinvolgendo una popolazione di circa 7,6 milioni di persone.

Anche nel settore dei servizi idrici, il Paese mostra una divisione netta: mentre il 74% dei lavoratori del ciclo idrico esteso e il 60% delle 3.500 imprese totali del settore sono concentrati nel Nord, al Centro e al Sud restano rispettivamente il 12,6% e il 12,8% degli occupati e il 15,8% e il 26,2% delle imprese. La gestione pubblica dell’acqua, affidata ai singoli enti territoriali (gestione in economia), è una prerogativa del Sud Italia e delle Isole, generando un valore complessivo di soli 491 milioni di euro.

L’impatto sull’economia italiana

Secondo gli ultimi dati del Libro Bianco 2024, l’acqua ha un impatto diretto su oltre 341 miliardi di euro (+9,1% rispetto al 2021) nei settori agricolo, industriale ed energetico. Valerio De Molli, managing partner e CEO di The European House – Ambrosetti, ha spiegato che il ciclo idrico esteso, che comprende le sette fasi del ciclo idrico integrato, la fornitura di software, tecnologia e le filiere di fornitura, ha generato nel 2022 un valore aggiunto di 9,3 miliardi di euro. Questo valore ha registrato una crescita media annua del 3,8% nel periodo 2010-2022, superiore sia alla media del settore manifatturiero che a quella dell’intero Pil italiano.

Durante l’evento di presentazione dei due studi, è emerso un confronto tra i vari attori del settore. Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A, ha dichiarato: “Servono circa 48 miliardi di investimenti nei prossimi 10 anni, di cui 32 sul ciclo idrico e 15 sull’idroelettrico”, sottolineando l’importanza di un intervento sulla parte legislativa, che attualmente appare ancora estremamente demagogica e non adeguata ai tempi.

Per Ispra continua a calare la disponibilità di acqua in Italia

Nel 2023, la disponibilità di acqua in Italia ha confermato il trend negativo osservato negli ultimi anni, anche se si è registrata una lieve ripresa rispetto al 2022, come riportato dall’Ispra. La disponibilità di risorse idriche nel nostro Paese è stata stimata in 112,4 miliardi di metri cubi, in confronto a un totale di precipitazioni di 279,1 miliardi di metri cubi. Durante l’anno, si è osservata una certa ripresa rispetto al 2022, quando la disponibilità di risorse idriche ha toccato il minimo storico dal 1951, con 67 miliardi di metri cubi, equivalente a circa il 50% della disponibilità annua media di 137,8 miliardi di metri cubi, calcolata nel periodo 1951-2023.

Nel 2023, si è verificata una riduzione della disponibilità a livello nazionale di circa il 18% rispetto alla media annua nel lungo periodo 1951-2023, a causa di un deficit di precipitazioni, soprattutto nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre, e di un aumento del volume di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno.

Tuttavia, nel 2023, l’effetto della diminuzione della disponibilità di risorse idriche è stato mitigato dall’alto volume di precipitazioni registrato nel mese di maggio, stimato intorno a 49 miliardi di metri cubi, più del doppio della media storica di circa 23 miliardi di metri cubi per lo stesso mese nel periodo 1951-2023. In particolare, in Emilia-Romagna, in Sicilia e in misura minore in Calabria, si sono verificati valori di pioggia localmente superiori di oltre 6 volte rispetto alla media del periodo. Queste intense piogge, concentrate nella prima metà del mese, sono state la causa dei tragici eventi alluvionali verificatisi in Emilia-Romagna.

Il Wwf lancia l’allarme

L’Europa (e l’Italia) non sono preparate al rischio climatico e l’acqua è tra i principali protagonisti (in negativo) di questo rischio.  Lo afferma in una nota il Wwf : “La riduzione degli sprechi – conclude la ong – deve avvenire attraverso la diffusione dei metodi più efficienti di irrigazione in agricoltura, l’ammodernamento della rete di distribuzione idrica per usi civili che ad oggi registra perdite fin oltre il 50% (una perdita “fisiologica” non dovrebbe superare il 12/15%). Inoltre, prima di pensare a realizzare nuovi invasi, è indispensabile recuperare la capacità di quelli esistenti, che è gigantesca (oltre 8 miliardi di metri cubi), garantendone, innanzitutto, la corretta manutenzione fino ad ora mancata”.