Inquilino moroso: come tutelarsi

Come tutelarsi in caso di ritardato o mancato pagamento del canone di affitto: ecco le soluzioni

Difendersi dalla morosità di un inquilino non è semplice, e non esistono forme di autotutela (cambiare le chiavi dell’appartamento oppure sfrattarlo l’inquilino coattivamente).

Per tutelarsi dal ritardo dei pagamenti del canone di affitto, si hanno due possibilità: giocare d’anticipo oppure avviare una procedura ad inadempimento avvenuto.

La prima eventualità prevede un ampio ventaglio di opzioni: la prima è inserire nel contratto la “clausola risolutiva espressa” con cui avviene l’automatico scioglimento del contratto al verificarsi del mancato pagamento dei canoni di affitto. Il locatore non ricorre in tribunale: si limita a inviare una raccomandata al conduttore con la quale gli comunica di avvalersi della clausola risolutiva, invitandolo a sfrattare. Se quest’ultimo non ottempera, il locatore dovrà ricorrere al giudice per avviare la procedura di sfratto. Il vantaggio della clausola risolutiva, è che, dal giorno del ricevimento della raccomandata, il locatore non deve più pagare le imposte sui canoni di affitto non percepiti, essendo ormai il contratto risolto.

Una seconda soluzione è inserire nel contratto il “termine essenziale ad adempiere” con il quale, in caso di morosità, il proprietario può diffidare l’inquilino ad adempiere nel più breve tempo possibile (non meno di 15 giorni) con avvertimento che, in caso contrario, il contratto si considererà automaticamente sciolto.  Anche qui, il tribunale sarà adito solo se la procedura di sfratto necessita di essere avviata.

Il termine essenziale offre lo stesso vantaggio della clausola risolutiva espressa.

Terza opzione è la “clausola penale” con cui si stabilisce la somma che l’affittuario dovrà versare in caso di inadempimento: trattasi di una sorta di risarcimento del danno determinato in modo forfettario e anticipato. Qui sorge però un problema fiscale: la clausola penale sconta, al momento della registrazione, l’imposta in misura fissa di 200 euro e, al momento della esplicazione dei suoi effetti, l’imposta proporzionale nella misura del 3% al netto dei 200 euro già versati.

E’ prevista una solo forma di tutela, invece, a contratto già firmato:  agire in giudizio per ottenere l’adempimento coattivo oppure lo sfratto.

La procedura deve essere preceduta da una diffida con la quale si intima il versamento della somma arretrata (più gli interessi) , e che può essere concretizzata anche dopo un solo giorno di ritardo e ripeterla ad ogni mancata puntualità.

L’azione di sfratto, invece, può essere avviata solo se il ritardo si prolunga fino a 20 giorni dopo il mese successivo a quello del pagamento.

Tuttavia, anche una volta intrapresa la causa, il conduttore, in udienza,  può: pagare e sanare la morosità (a condizione però che rimborsi anche le spese legali e gli interessi), chiedere un termine di 90 giorni per purgare la mora (“termine di grazia“).

Se l’inquilino non paga nonostante l’intervento del giudice, il tribunale emette lo sfratto immediatamente esecutivo; l’inconveniente è che fino a quando non si ottiene l’ordinanza di sfratto, i canoni di locazione non percepiti vanno indicati nella dichiarazione dei redditi e su di essi si pagano le tasse, anche se solo virtuali.

a cura di Francesca Andreoli, Avvocato