Si torna a parlare di mascherine anti Covid e, come già avvenuto in passato, ci si ritrova a evidenziare la distribuzione di dispositivi non conformi ai requisiti di legge. Tanto si è discusso in merito alle mascherine, a partire dai prezzi stellari nella fase iniziale della pandemia, con le limitazioni già attive e i cittadini incapaci di adeguarsi alle regole del governo Conte. Ora nel mirino ci sono due società operanti nel bresciano, accusate d’aver fornito milioni di mascherine non a norma al governo. Scattati i sequestri.
Mascherine Covid, sequestro da 35 milioni
In provincia di Brescia, Lucca e Pisa i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria, così come del Gruppo di Savona della Guardia di Finanza, hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo (35 milioni di euro).
Quest’ultimo è stato disposto dal gip di Brescia in relazione alle accuse rivolte a una società per azioni e una Srl. Avrebbero garantito alla struttura Commissariale Nazionale, nata per l’emergenza Covid, circa 165 milioni di mascherine risultanti non conformi a quelli che sono i requisiti di legge. È stato stimato un profitto di oltre 35 milioni di euro, ritenuto dunque illecito.
Per tale ragione è stato emesso dalla Procura Distrettuale anche un decreto di perquisizione, nei confronti tanto delle due società quanto dei rispettivi rappresentanti legali.
Covid, truffa a Brescia
Scendendo nel dettaglio, le due società e i rispettivi rappresentanti legali sono ritenuti, a vario titolo, responsabili di frode nelle pubbliche forniture, frode in commercio, riciclaggio, autoriciclaggio e violazioni in tema di dispositivi di protezione individuale. Si contesta alle società anche la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato.
Un’indagine sulle mascherine Covid che non è affatto nata in tempi recenti. Ha richiesto molti anni per raggiungere la fase attuale, con la concretizzazione delle accuse e del maxi sequestro. Trova spazio su tutti i giornali oggi, ovviamente, ma i primi passi sono stati compiuti quasi quattro anni fa. Occorre tornare indietro al tremendo 2020, anno dell’esplosione della pandemia.
Non si fa però riferimento ai primi mesi, quelli del primo lockdown, bensì a novembre. Tutto ha avuto inizio grazie alle Fiamme Gialle di Savona. In seguito si sono aggiunte le cruciali investigazioni di Polizia giudiziaria e valutaria. In questo caso il riferimento va al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Brescia.
Le due società non sono le uniche nel mirino. Stando infatti alle accuse rivolte, le due avrebbero trasferito alla S.r.l. controllante capogruppo, con sede a Brescia, il dividendo straordinario di 23 milioni di euro. Una porzione del valore del corrispettivo incassato per le forniture non a norma. La controllante, dal canto suo, non avrebbe tenuto fermo questo capitale. Stando alle indagini, infatti, avrebbe in seguito sfruttato lo stesso dividendo accumulato per procedere alla sottoscrizione di una polizza assicurativa in proprio favore, dal valore complessivo di 3,7 milioni di euro.