Sono sette le persone arrestate e finite in custodia cautelare nell’ambito dell’indagine per il rapimento del tecno-guru specialista in criptovalute David Balland, milionario e co-fondatore di Ledger, realtà attiva nel settore blockchain.
Tutto ha avuto luogo nelle prime ore di martedì 21 gennaio: il 36enne Balland e la sua compagna sono stati rapiti dalla loro casa a Vierzon, nel dipartimento del Cher, e sono stati immediatamente separati e portati in luoghi diversi.
Il rapimento di David Balland in Francia
In meno di 72 ore lui e la donna sono stati rapiti, sequestrati e poi liberati dalle autorità. Balland ha però subito la mutilazione di parte di un dito, che durante il sequestro è stato spedito alla gendarmeria. Subito dopo il rapimento, la banda ha contattato l’altro co-fondatore di Ledger per chiedere un riscatto in Bitcoin. Ed è a questo punto che la gendarmeria è stata informata.
“Nell’ambito della trattativa è stata pagata una parte del riscatto, ma quasi tutte le criptovalute sono state tracciate, congelate e sequestrate“, ha affermato il procuratore incaricato di seguire il caso.
Contro la banda, composta da persone dai 20 ai 40 anni, sono state formulate a vario titolo le accuse di associazione a delinquere finalizzata al sequestro di persona, tortura ed estorsione armata. I criminali rischiano l’ergastolo.
Perché non bisogna pagare in Bitcoin
I tempi cambiano, e i rapitori si adeguano: se un tempo si chiedevano riscatti in contanti, specialmente in banconote di piccolo e medio taglio non tracciate, oggi c’è chi si orienta sulle criptovalute. Il Bitcoin, in particolare, ha superato quota 100.000 dollari.
I rapitori di David Balland e della sua compagna hanno puntato tutto sulla capacità del collega della loro vittima, esperto in sicurezza informatica e transazioni digitali. Speravano di far leva sull’urgenza e la paura per ricevere un trasferimento di Bitcoin sicuro e non tracciabile.
Oltre a ciò, hanno puntato sui Bitcoin perché un trasferimento digitale avviene a una velocità immensamente superiore rispetto alla richiesta del classico denaro contante, che deve essere preventivamente prenotato in banca e che oltre una certa soglia può far scattare i controlli del caso. Un pagamento in Bitcoin riduce il rischio di essere intercettati durante il trasferimento.
I Bitcoin, inoltre, garantiscono una sorta di “pseudonimato“: sebbene tutte le transazioni Bitcoin siano registrate pubblicamente sulla blockchain, gli indirizzi dei portafogli non sono direttamente collegati all’identità delle persone. Le transazioni, inoltre, sono tracciabili ma identificare e collegare un indirizzo Bitcoin specifico a una persona reale richiede tempo e risorse investigative, offrendo ai rapitori un vantaggio temporale per occultare i fondi.
C’è poi il vantaggio legato all’andamento del Bitcoin: un riscatto in denaro segue l’andamento della svalutazione, il cui valore ideale è fissato dagli economisti nel 2% annuo. Il valore dei Bitcoin, invece, può aumentare rapidamente, come avvenuto in particolare negli ultimi mesi.
E non è tutto: i Bitcoin possono essere accessibili e utilizzati ovunque nel mondo, permettendo ai rapitori di spostare e utilizzare i fondi senza le restrizioni imposte dalle valute tradizionali e dai sistemi bancari.
Lo stesso discorso fatto per i rapimenti vale anche in caso di truffa: per le vittime, rientrare in possesso di eventuali riscatti pagati in Bitcoin è estremamente più complicato.