Decreto crescita limitato per la Serie A, i club cercano alternative per tenere i big

Addio ai benefici fiscali per i big, i club di A devono correre ai ripari senza Decreto Crescita, ma intanto si tutelano con clausole ad hoc nei nuovi contratti

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

Pubblicato: 13 Aprile 2024 16:00

I club di Serie A stanno cercando di trovare un modo per poter interpretare in maniera vantaggiosa la riforma del Decreto Crescita che, fino a qualche mese fa, aveva dato un assist importante per il rilancio del calcio nostrano. Il governo Meloni, però, ha deciso di “voltare le spalle” al mondo del pallone, con le società del massimo campionato che ora si trovano in difficoltà e ben presto, se non si correrà ai ripari, potrebbero essere costrette a salutare i propri big.

Alla base del possibile addio dei grandi talenti, da Theo Hernandez a Leao, passando per Lukaku, Thuram, Kvaratskhelia o Osimhen, infatti, ci sarebbe il mancato rinnovo di alcuni benefici fiscali che avevano portato al loro arrivo in Italia. Infatti, con la riforma, il decreto è stato limitato e i club di A sono messi con le spalle al muro.

Come cambia il Decreto Crescita

Il tanto amato Decreto Crescita esiste dal 2019, anno in cui il governo Conte I si adoperò per cercare di rendere più appetibile l’Italia per gli “impatriati”, ovvero coloro che trasferiscono la propria residenza fiscale nel Bel Paese. Una mossa che metteva in campo una serie di benefici fiscali per incentivare il ritorno dei talenti italiani che poi, in poco tempo, è stato trasferito anche a tutti quelli esteri che decidevano di arrivare in Italia.

Per il calcio, quindi, è stato facile sfruttare la misura che ha esteso vantaggi fiscali non da poco, come l’esenzione del 50% dell’Irpef, ai nuovi tesserati. E così dal 2019 in poi c’è stata la stagione dei grandi arrivi nel Bel Paese e in Serie A, con i giocatori attratti sia dal calcio nostrano sia dai vantaggi fiscali.

Ma ora le carte in tavola cambiano, perché il decreto è stato recentemente limitato dal governo Meloni ai soli talenti in senso stretto, ovvero quelli con “requisiti di elevata qualificazione o specializzazione”. Che significa? Significa che per essere definito tale, un talento deve avere dalla sua dei requisiti anche culturali, come una laurea triennale. E per il calcio, in questo senso, è davvero complicato vedere un giocatore con una pergamena in mano. Anche se di casi di giocatori laureati ce ne sono parecchi.

Una nuova interpretazione del Decreto Crescita?

È quello che stanno cercando i club di Serie A, soprattutto le grandi che hanno sfruttato a pieno il “vecchio” decreto portando in Italia big dagli stipendi sempre più ingenti. Considerando che la normativa si applica a coloro che hanno trascorso gli ultimi tre anni all’estero, le società sono di certo meno allarmate perché ogni giocatore arrivato in Italia prima del 31 dicembre 2023 manterrebbe i vantaggi fiscali accumulati per i cinque anni successivi, e per altri tre anni in caso di permanenza aggiuntiva in Italia, riducendo così l’impatto fiscale del rinnovo contrattuale.

Situazioni come quelle di Leao, Kvara, Osimhen o Maignan, con i contratti che dovranno essere rinnovati per scongiurare possibili addii a cifre svantaggiose, potrebbero quindi essere salve. Ma le società fremono nel trovare una soluzione, perché così com’è il Decreto Crescita è uno sgambetto alle ambizioni.

La nuova stretta, infatti, taglia fuori il calcio con i suoi paletti per il mercato futuro. Due, infatti, i nodi da risolvere: il limite di reddito di 600.000 euro, aggirabile con lo sconto fiscale se il lavoratore, o giocatore nella fattispecie, si trasferisce in Italia con prole al seguito o se fa nascere un figlio nel Bel Paese permettendo potenzialmente di superare il limite reddituale; il nodo immobiliare, con agevolazioni “per ulteriori 3 periodi d’imposta” a chi abbia acquistato “un immobile in Italia, adibito ad abitazione principale, entro il 31 dicembre 2023 e comunque nei 12 mesi precedenti il trasferimento nel 2024 anche della residenza anagrafica”.

Insomma, una situazione al momento complicata per i club che vogliono acquistare nel 2024 mantenendo i vantaggi del passato. Se è vero che la nuova versione del decreto è oggetto di incontri e verifiche interpretative tra i fiscalisti dei club e i consulenti della stessa Lega di Serie A, le società corrono già ai ripari. Come? Nei nuovi contratti fatti firmare ai giocatori sono previste delle clausole ad hoc, simil paracadute finanziario, da far scattare a reciproca tutela se l’interpretazione del legislatore sui confini del Decreto Crescita dovesse essere sfavorevole.