Allenatori esonerati in serie A, è record europeo: chi rischia ancora

Un numero incredibile di allenatori esonerati: i volti nuovi sulle panchine della serie A segnano un record in Europa

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Fare l’allenatore di calcio in Italia è di certo stressante. Non si ha certezza di poter condurre un progetto per anni, mostrando al termine di un ciclo i frutti del proprio lavoro. Ciò rappresenta la realtà tanto nei “club minori” quanto in quelli ritenuti top, ovvero che competono in ogni stagione per il titolo, una coppa o un piazzamento europeo.

La stagione 2023-24 è ancora in corso, anche se entrata ormai nella sua parte finale, e già è si può dire d’aver segnato un record sotto questo aspetto. Un totale di 14 allenatori è subentrato rispetto ai 20 iniziali. Una cifra bassa rispetto alla serie B, dove i nuovi volti sono addirittura 17. E c’è ancora chi rischia, a un passo dalla conclusione dell’annata.

Esoneri record in serie A

Le dimissioni di Maurizio Sarri sulla panchina della Lazio e l’ennesimo cambio in casa Salernitana, sempre più vicina alla retrocessione, hanno portato a quota 14 i volti nuovi in serie A. Si tratta di professionisti ben noti per il nostro calcio, certo, ma rientrano tra le novità rispetto ai nastri di partenza. Nello specifico il riferimento va a Tudor (Lazio) e Colantuono (Salernitana).

Il numero è decisamente considerevole, soprattutto se confrontato con altri campionati top europei. Superiamo Bundesliga e Premier League combinate, dal momento che in Germania sono saltate 8 panchine e in Inghilterra 5. Gli unici che tengono il nostro passo sono gli spagnoli, superati proprio nel weekend di Pasqua. La Liga è infatti a quota 13.

Quest’ultima era stata la cifra raggiunta dalla serie A lo scorso anno, il che evidenzia una generale facilità nel cambiare in corso d’opera. Una strategia per molte società, che non sempre individuano nell’allenatore il vero responsabile. Si tratta però di un capro espiatorio comodo da additare, al fine di garantire una spinta emotiva alla squadra. In altri casi, invece, risulta errata la scelta tecnica a monte. Lo sa bene il Napoli, che ha perduto il proprio gioco con Garcia e la propria identità con Mazzarri, per poi ritrovare briciole di entrambi con Calzona.

È facile pensare che 14 sarà il numero finale ma, con nove giornate alla conclusione e sette squadre pienamente coinvolte nella lotta per non retrocedere in serie B, tutto può ancora succedere.

Chi rischia

I tempi cambiano e gli allenatori, da professionisti dello sport quali sono, hanno sempre più voglia di mettersi alla prova in condizioni differenti, spesso al di fuori dell’Italia, avendone la chance. È il caso di De Zerbi, che ha colto al balzo l’opportunità di approdare in Premier, sentendosi più libero di proporre il suo gioco offensivo.

Non mancano però delle mosche bianche, come Gasperini, che festeggerà i suoi 8 anni all’Atalanta. Un lungo ciclo che ha di fatto segnato la storia del club, dando una chiara impronta di gioco. La società ha in questo caso fatto una scelta, privilegiando la guida tecnica sempre, preferendo fare a meno di alcuni calciatori e non dell’allenatore.

Tra mille polemiche, Pioli è al suo quinto anno di Milan. I tifosi hanno perduto l’affetto iniziale nei suoi confronti ma il club lo ha reputato all’altezza della situazione per un quinquennio che, di fatto, non è più la normalità dei rapporti lavorativi calcistici. Allegri, Inzaghi, Italiano e Juric sono invece al loro terzo anno e tutti, di fatto, potrebbero guardare altrove. Da una parte la voglia di fare un salto di qualità, se possibile, dall’altra il sentore della fine di un ciclo.

Chi vorrebbe di certo trattenere il più a lungo possibile il proprio coach è il Bologna, che guarda alla Champions come un reale obiettivo. Qualcosa di storico, che è frutto innegabile del lavoro coraggioso di Thiago Motta. Le allettanti sirene però non mancano per lui, e così nel gioco delle parti potrebbe essere proprio l’ex centrocampista a dare il passo d’addio.

Porte girevoli in serie A e, come detto, c’è ancora chi rischia. Un nome su tutti è quello di Di Francesco. Il suo Frosinone è in piena lotta per non retrocedere ma necessita di una spinta ulteriore. Se dovesse riuscire a convincere la società a dargli fiducia fino al termine dell’annata, questa potrebbe comunque essere la sua ultima.

Nulla è scritto e i presidenti, si sa, sono disposti a tutto pur di tutelare i propri investimenti. Spesso si sbaglia, come la famiglia De Laurentiis tra Napoli e Bari. C’è poi chi corre un rischio, di questi tempi, e sceglie di resistere alla tentazione. È il caso di Baroni all’Hellas Verona e Ranieri al Cagliari. Sono gli unici allenatori delle ultime 8 squadre in classifica ad aver resistito. Il premio è però ancora tutto da guadagnare.