Case a zero emissioni, cambiano le regole per le ristrutturazioni

La direttiva case green spacca l'Europa, fra chi vuole risultati immediati e chi prende tempo. Intanto l'Italia invoca una deroga particolare

Foto di Mauro Di Gregorio

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

La direttiva case green spacca l’Unione europea, con il Parlamento che spinge per applicare in tempi rapidi tutti gli adempimenti finalizzati a rendere gli immobili comunitari a zero emissioni e il Consiglio che frena sui tempi e sui modi invocando una posizione molto più morbida. Il trilogo, il tavolo di lavoro fra i due attori comunitari che ha visto la mediazione della Commissione europea, si è concluso con un nulla di fatto. L’appuntamento è rimandato alla prossima riunione che si terrà verosimilmente a dicembre.

Cos’è la direttiva case green

Il punto più spinoso della questione riguarda la revisione dell’Epbd (Energy performance of buildings directive), inserita nel pacchetto “Fit to 55” presentato dalla Commissione europea.

Il Parlamento europeo punta a far raggiungere a tutti gli edifici residenziali degli Stati membri la classe energetica E entro il 2030 e la classe D entro il 2033. Il Consiglio europeo, invece, punta a rendere a emissioni zero entro il 2030 unicamente gli edifici residenziali di nuova costruzione, mentre per gli edifici già esistenti propone una scadenza fissata al 2050. Ciascuno dei due schieramenti è sostenuto da una quantità di Stati europei.

Da quanto si apprende la via oltranzista, dopo l’ultima riunione, avrebbe visto ridimensionate le sue possibilità di venire applicata, ma non è ancora detta l’ultima parola. Ciò che è certo è che dal nuovo testo è scomparso l’obbligo di installare le colonnine di ricarica nei parcheggi per gli edifici residenziali esistenti.

Zero emissioni: la terza via italiana

L’Italia, però, invoca per sé una terza via: un’esenzione particolare in virtù del suo immenso patrimonio storico e culturale costituito anche da edifici residenziali che risalgono a secoli fa. I centri storici delle città e i borghi medievali di cui è costellato lo Stivale potrebbero venire sfigurati qualora venissero applicate alla lettera le direttive che puntano a rendere i palazzi a zero emissioni. L’obiettivo zero emissioni passerebbe attraverso interventi di ammodernamento come la coibentazione dei muri esterni, la sostituzione degli infissi antichi e l’applicazione dei pannelli solari sui tetti, solo per citarne alcuni.

Fra chi si oppone anche all’obiettivo zero emissioni per tutti entro il 2050 c’è anche il ministro dell’Ambiente del governo Meloni, Gilberto Pichetto Fratin: “Abbiamo un patrimonio particolare con 31 milioni di fabbricati, di cui 21 milioni oltre la classe D”, ha detto Pichetto Fratin. Quello italiano è un patrimonio immobiliare “diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come bene rifugio”. Per questo il ministro dell’Ambiente invoca una modifica al testo della direttiva: la riserva di una quota di patrimonio edilizio che rimanga fuori dall’obbligo delle ristrutturazioni.

Ma non è tutto, dal momento che la questione della tutela, sotto il profilo storico e culturale, del patrimonio immobiliare italiano va a sommarsi a un’altra questione legata a interessi estremamente concreti: per ristrutturare milioni di immobili occorrono miliardi di euro e le disponibilità delle famiglie italiane vengono oggi messe a dura prova da disoccupazione, inflazione e impennata dei costi di carburante e bollette.

In realtà però l’Europa ha già previsto una serie di deroghe, alcune delle quali riguardano proprio gli edifici storici.

Le proiezioni dei costruttori

L’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) stima che il massiccio piano di ristrutturazioni ipotizzato dalla direttiva case green porterebbe ad aprire cantieri in 180mila stabili privati ogni anno. E i costi potrebbero raggiungere i 60mila euro per le case di maggior metratura.

A inizio 2023 il governo aveva ipotizzato di stanziare fondi ad hoc per venire incontro agli italiani costretti a ristrutturare in vista dell’applicazione della direttiva case green.