Dopo due anni di paure e incertezze sembra che il Covid-19 stia dando una tregua al mondo, lasciando uno spiraglio per il ritorno alla normalità. Tutto ciò è stato ovviamente possibile grazie all’elevato numero di persone che si sono sottoposte alla somministrazione del vaccino contro il virus e, soprattutto, grazie al rispetto delle normative che hanno permesso di arginare quanto più possibile i contagi.
Nonostante siano ancora presenti tanti positivi, col numero dei nuovi casi che varia di giorno in giorno, la convivenza con il coronavirus procede più che bene (ci sono anche delle previsioni sulla fine della pandemia, ne abbiamo parlato qui). Ma a preoccupare sono le nuove scoperte sulla variante Omicron e quegli effetti collaterali che potrebbero avere un impatto importante sulla salute delle persone.
Omicron e l’effetto collaterale
Secondo un’indagine condotta su larga scala dai ricercatori della University of Leeds e pubblicata sull’European Heart Journal, tra gli effetti collaterali del virus ci sono le malattie cardiache. Nello specifico emerge che nel corso della pandemia è stato registrato un crollo delle ospedalizzazioni per cause cardiovascolari e questo si è tradotto in un peggioramento delle condizioni di salute e in un possibile incremento della mortalità da infarto nei prossimi anni.
Infatti, secondo quanto si evince dallo studio, gli ospedali avrebbero registrato un calo di ricoveri di persone colpite da infarto perché è diminuito il numero di persone che si recano in ospedale per essere curate. Il quadro preoccupa in quanto in media dall’inizio dei sintomi, i pazienti impiegano 69 minuti in più per ricevere assistenza medica e il più delle volte vengono curati con farmaci anticoagulanti.
In un’altra indagine condotta dalla Società Italiana di Cardiologia (Sic) si denuncia poi che il 68% delle strutture ha tagliato interventi e ricoveri, il 50% ha diminuito gli esami diagnostici, il 45% ha ridotto le visite ambulatoriali. Tali numeri fanno suonare il campanello d’allarme in quanto, col Covid (riconosciuto come malattia professionale) che dà maggiori probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari, la mortalità per infarto e ictus è destinata ad aumentare nei prossimi anni.
Omicron 5 preoccupa, cosa si sa
Intanto la comunità scientifica resta sugli scudi in vista di una possibile sesta ondata che potrebbe essere provocata da Omicron 5, l’ennesima mutazione della variante che ha un alto tasso di immunoevasione. Infatti la versione BA.5 ha la capacità di eludere la protezione immunitaria indotta da una precedente infezione o da un ciclo vaccinale completo. In poche parole la variante è capace di reinfettare i guariti e superare la barriera creatasi grazie al vaccino.
Tra i sintomi più frequenti, oltre la tosse e il raffreddore comuni a tutte le versioni del virus, c’è anche il mal di gola. La nuova mutazione, infatti, tende a interessare soprattutto le altissime vie respiratorie.
A rischiare il contagio, dunque, non sono solo i no vax o coloro che per un motivo o per un altro non hanno ancora avuto somministrato il farmaco anti-Covid, ma una platea molto vasta. L’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, ha lanciato l’allarme nelle scorse settimane, incrementando la sorveglianza delle sottovarianti Omicron che ben presto potrebbero far ripiombare il mondo nel terrore del Covid-19. Nello specifico Omicron 5, secondo quanto riferito dal Centro Europeo, potrebbe “presto essere dominante e potrebbero delinearsi le condizioni per una sesta ondata pandemica”.